Decarbonizzazione e crisi del gas spingono Varsavia verso il nucleare: dopo l’abbandono del progetto nel 1990 potrebbe essere la volta buona
Nel 1990, a otto anni dall’inizio della costruzione di quella che doveva essere la prima centrale nucleare della Polonia, il progetto della centrale nucleare di Żarnowiec – a pochi kilometri dalla costa baltica – dopo anni di proteste venne abbandonato definitivamente, reputato un investimento non necessario per il fabbisogno energetico del paese. L’allora ministro dell’industria nel primo governo post-comunista polacco aveva argomentato: “Dopotutto, non è affatto certo che ci sarà bisogno del nucleare”.
Questa frase oggi farebbe alzare più di qualche sopracciglio, ma dall’inizio del progetto nel frattempo c’era stata Chernobyl e la Polonia aveva preferito, come molti altri in Europa, puntare su altre fonte energetiche. Nel caso specifico il carbone, che continua a essere tra le fonti principali di Varsavia, – che già, sentendosi minacciata dai piani comunitari di transizione ecologica, ha spinto per puntare sul gas come fonte di passaggio – a che oggi è chiaro non essere una soluzione perseguibile sul piano ambientale. Nonostante la crescita delle energie rinnovabili negli ultimi dieci anni, comunque, la Polonia resta il paese europeo più dipendente dal carbone, che fornisce il 71% dell’elettricità.
Le perplessità
Il governo oggi torna però a fare piani a lungo termine per costruire delle centrali nucleari, che sarebbero quindi le prime a entrare in funzione nel Paese, ma trova ancora una volta una certa resistenza. La sola parola “nucleare” oggi evoca scenari catastrofici come nei momenti più bui della Guerra Fredda, ma è pur vero che l’urgenza della decarbonizzazione da un lato e dall’altro i timori di un inverno al freddo senza il gas russo che pervadono l’Europa rendono il clima molto diverso da quello dei primi anni Novanta.
I primi tre reattori – che secondo i piani del governo forniranno circa il 12% del fabbisogno energetico polacco – dovrebbero vedere la luce a Choczewo, a un’ottantina di kilometri da Danzica, in un’area rurale adagiata sulle sponde del Baltico, in un panorama quasi bucolico punteggiato da orti e scelto dai turisti slow che qui trovano natura e silenzio. Proprio la scelta della sede è motivo di proteste, tanto più che non sono ancora approvati i piano di rimborso per chi nella zona ha delle attività che saranno danneggiate dal nuovo progetto.
I critici sostengono che bisognerebbe spingere ancora di più sulle rinnovabili, piuttosto, le cui infrastrutture sono di più rapida concretizzazione, oltre a poter essere realizzati internamente per intero, contrariamente alla centrale nucleare, per costruire e avviare la quale la Polonia ha bisogno di tecnologie che non possiede. Come riporta Notes from Poland, infatti, il mese di ottobre sarà un mese chiave per individuare il partner internazionale migliore per garantirsi supporto tecnologico e i fondi: i candidati oggi sono Stati Uniti, Francia e Corea del Sud. Se un accordo se dovesse andare in porto, la prima centrale nucleare polacca sarà avviata nel 2033, comunque troppo tardi per gli obiettivi climatici.
Mentre la Francia plaude i propositi di Varsavia, dichiarandosi a piena disposizione per aiutarla, la strada per l’affermazione dell’energia nucleare in Polonia non sembra ancora spianata.