Domenica 2 ottobre, più di 3,3 milioni di cittadini bosniaci sono stati chiamati alle urne per esprimere il proprio voto nelle elezioni generali. Dalla amministrazione cantonale alla formazione della presidenza tripartita, i bosniaci si sono espressi portando sotto i riflettori nuovi e vecchi risultati. Nonostante il rinnovato successo dei partiti di matrice etnica, emergono però nuovi spunti di riflessione.
I dati
Nonostante forti risonanze con i risultati del passato, i più grandi cambiamenti si sono registrati a livello di presidenza. Per il seggio bosgnacco, l’incarico passa da Šefik Džaferović (SDA) a Denis Bećirović, candidato dei socialdemocratici (SDP), che batte con il 57% il leader SDA Bakir Izetbegović. La parte serba invece ha promosso il braccio destro di Milorad Dodik, Željka Cvijanović (SNSD) con il 52%. Per il seggio croato, infine, il candidato civico Željko Komšić (DF) batte Borjana Krišto, braccio destro del leader HDZ Dragan Covic, con il 54%% dei voti.
Secondo i dati ufficiali della Commissione Elettorale Centrale giunti alla validazione finale del 93%, i partiti più votati sono il Partito di Azione Democratica (SDA) nella Federazione con il 25% – partito bosgnacco del “padre della patria” Alija Izetbegović, oggi guidato dal figlio Bakir – e l’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD) del leader serbo-bosniaco Milorad Dodik in Republika Srpska con il 48%. Il secondo posto se la aggiudica la coalizione dell’Unione Democratica Croata (HDZ BiH) che con il suo 15% rafforza la sua posizione politica nella Federazione.
Analizzando i risultati a livello di entità, si registrano tuttavia interessanti cambiamenti. In Republika Srpska, Milorad Dodik e Željka Cvijanović invertono i ruoli diventando rispettivamente presidente dell’entità a maggioranza serba e prima donna nella presidenza statale. Il Partito del Progresso Democratico (PDP) con Jelena Trivić (partito conservatore serbo-bosniaco, più europeista e meno nazionalista) ha comunque raggiunto ottimi risultati facendo inizialmente pensare ad una vittoria sul SNSD. Nonostante la sconfitta, è da evidenziare la maggioranza dei voti ottenuti sia a Doboj che a Bijeljina, mentre il capoluogo di Banja Luka rimane per il momento legato al partito di Dodik. Il partito di Trivić, assieme ai leader di PDP e SDS, hanno ugualmente annunciato una richiesta di riconteggio e annullamento dell’elezione a livello di presidenza della RS accusando la presenza di frodi elettorali a favore del partito di Dodik.
A livello di Federazione di Bosnia e Herzegovina (FBiH), si è decisamente distinto l’SDA (24%) assieme alla coalizione guidata dall’HDZ BiH (14%). A seguire il Partito socialdemocratico (SDP) che ha ottenuto il 13% e il Fronte democratico (DF) il 10%. Un po’ di strada è stata fatta anche dal partito Popolo e Giustizia (NP) raggiungendo il 6%. Infine, Naša stranka e la coalizione Unione popolare europea-Per le nuove generazioni (NES-Za nove generacije) hanno entrambe raggiunto la soglia di sbarramento ed hanno raggiunto il 4%.
Le prospettive
Le elezioni non si sono svolte però senza sorprese. Nonostante le preoccupazioni, a parte qualche rallentamento nell’apertura dei seggi e i classici casi di irregolarità, non ci sono stati incidenti rilevanti presso i seggi.
Nelle prossime settimane si procederà con la nuova formazione degli organismi istituzionali eletti a suffragio diretto. La velocità di tale processo dovrà fare i conti con eventuali irregolarità emerse nella gestione delle schede elettorali ai seggi, in particolare in RS, o azioni di ostruzionismo a livello politico. Una volta conclusosi tutto il processo, si passerà agli organismi a suffragio indiretto: la Camera dei Popoli (BiH), Camera dei Popoli (FBiH), la nomina del presidente e dei due vicepresidenti della FBiH. Tra le priorità del nuovo governo ci saranno i prezzi dell’energia, l’inflazione sui beni primari e la disoccupazione.
Da lungo tempo la preoccupazione dei cittadini e della comunità internazionale si stava focalizzando su due aspetti in particolare: le dialettiche secessioniste serbe e gli accesi dibattiti sulle recenti mosse dell’Alto Rappresentante internazionale Christian Schmidt. Infatti, non più tardi di inizio luglio, Schmidt aveva annunciato una serie di emendamenti alla legge elettorale proprio in vista delle elezioni. L’iniziativa non era stata ben accolta né dai rappresentanti politici né dai cittadini, che sono scesi in piazza a Sarajevo contro modifiche considerate troppo sbilanciate in favore del partito croato HDZ BiH.
Tuttavia, a sorpresa, il giorno delle elezioni l’Alto Rappresentante ha adottato un nuovo pacchetto di emendamenti alla legge elettorale e alla costituzione della Federazione. Con l’intenzione di migliorare la “funzionalità” delle istituzioni dell’entità a maggioranza croata e bosgnacca, Schmidt ha per decreto aumentato il numero dei delegati alla Camera dei Popoli (da 58 a 80, con 23 per ognuno dei tre popoli costitutivi), limitato lo scopo dei veti etnici nella stessa camera, e razionalizzato procedure e calendari per l’elezione di presidenza e giudici costituzionali. Un intervento che ha trovato il sostegno immediato di Stati Uniti e Gran Bretagna, mentre la Delegazione UE a Sarajevo se ne è distanziata, rimarcando che “i poteri di Bonn dovrebbero essere utilizzati solamente come ultima risorsa contro irreparabili atti illegali”.
Per quanto le dinamiche della politica interna bosniaca siano tutt’altro che stabili, pochi analisti avrebbero previsto la nascita di una divergenza così spessa in seno della comunità internazionale proprio in occasione delle elezioni. Ciò fa emergere la presenza di agende entrano in contrasto tra di loro e si mantengono ancora molto lontane dal diretto interesse dei privati cittadini.
Fonte: Nacional/Facebook