gülşen pop star

TURCHIA: Il caso Gülşen e la libertà d’espressione

 

di Camilla Giussani

 

In Turchia le violazioni alla libertà di espressione si moltiplicano. L’ultimo caso riguarda la pop star Gülşen, incarcerata, poi liberata ma ancora tenuta sotto controllo a causa di alcune dichiarazioni diventate virali.

Com’è successo? E che cosa ci racconta della Turchia del presidente Recep Tayyip Erdoğan oggi?

I fatti

Il 25 agosto scorso, su canali d’informazione e profili social vicini al governo di Erdoğan, diventa virale un video che ritrae la famosa pop star turca Gülşen ad un concerto del 30 aprile. La quarantaseienne viene ripresa mentre si rivolge ad un membro della sua band e scherzosamente afferma che la sua “perversione” è il risultato dell’educazione ricevuta in una Imam Hatip, una scuola religiosa. Questo tipo di scuole non solo sono ancora molto diffuse in Turchia, ma i maggiori esponenti dell’attuale governo, incluso lo stesso presidente Erdoğan, ne hanno frequentata una. È dunque facile immaginare che la circolazione di questo commento abbia scatenato una reazione indignata da parte dell’ala conservatrice del Paese. Ad arrivare inaspettato è stato, però, l’arresto della cantante, avvenuto il giorno stesso sotto mandato del pubblico ministero di Istanbul con l’accusa di “incitamento all’odio all’ostilità”.

Subito dopo la diffusione del video, la pop star ha condiviso un messaggio di scuse sui social media. Nonostante ciò, la cantante è stata trattenuta agli arresti domiciliari fino al 12 settembre ed è ora tornata in libertà, a condizione di non effettuare spostamenti internazionali e con l’obbligo di check-in settimanali in una stazione di polizia. Le accuse a lei rivolte non sono tuttavia ancora cadute, e Gülşen rischia di scontare fino a tre anni in carcere.

Motivazioni e reazioni

Quel che Erdoğan sembra cercare di ottenere con questa mossa è il consenso da parte dei suoi elettori più conservatori e religiosi. La Turchia, infatti, si sta preparando ad affrontare le prossime elezioni, pianificate per giugno del prossimo anno, e il partito dell’AKP, secondo gli ultimi sondaggi condotti dall’agenzia turca KONDA e riportati da Bianet, si trova in posizione di grande vulnerabilità.

Le reazioni all’arresto della pop star sono state forti e diametralmente opposte. Gülşen è particolarmente nota per il suo supporto alla comunità lgbt+ ed era pertanto già entrata nel mirino dei conservatori. I sostenitori di Erdoğan hanno quindi accolto con entusiasmo il suo arresto, considerandolo un modo per “dare il buon esempio” e mettendo in evidenza l’insolenza della cantante. A supportare la cantante invece ci sono, in prima linea, l’industria musicale e la fascia più giovane della popolazione, per cui è un simbolo ed un esempio. Anche esponenti dell’opposizione hanno espresso indignazione per l’arresto e definito la manovra del pubblico ministero sproporzionata e reazionaria, in un tentativo di guadagnare così il supporto della gioventù turca.

La censura nel mondo dello spettacolo

Il caso Gülşen ha avuto una grande copertura mediatica a causa della popolarità della cantante, ma il suo non è l’unico arresto avvenuto nell’ultimo periodo a causa di dichiarazioni ritenute inaccettabili dal regime dell’AKP. Al contrario, si inscrive in una costellazione di condanne ed opere di censura da parte degli organi di governo. Basti pensare, nello stesso ambito musicale, al rapper turco Ufuk Yıkılmaz, in arte Şehinşah, arrestato a Giugno 2021 con l’accusa di “insulti al presidente”, o a Ezhel, emigrato in Germania per uscire dal mirino di Erdoğan.

La libertà di espressione che non esiste più

Oltre a numerosi esponenti dell’industria culturale e dell’intrattenimento, cittadini comuni e militanti politici, le carceri turche hanno ospitato centinaia di giornalisti. La Turchia si trova infatti al 149esimo posto del World Press Freedom Index, la classifica sulla libertà di stampa rilasciata annualmente dall’associazione Reporters Without Borders. Attualmente sono nove i giornalisti che si trovano dietro le sbarre, ma negli ultimi sei anni sono più di 2000 i lavoratori del settore dell’informazione che sono stati imprigionati e 160 i canali di informazione costretti a chiudere dalle autorità. Tra i tanti casi, nell’aprile 2021, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ha stabilito la violazione del diritto di espressione e alla libertà nei confronti del giornalista e scrittore Ahmet Altan, il quale è stato rilasciato dopo quattro anni scontati in carcere per aver scritto articoli di critica al presidente Erdoğan.

L’articolo 299 del codice penale turco – che permette l’incarcerazione per lesa maestà – è stato definito incompatibile con il diritto alla libertà di espressione dallo stesso CEDU e la Turchia è stata invitata urgentemente ad allinearsi con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Nonostante la pressione internazionale, la Turchia di Erdoğan non sembra intenzionata a cambiare le proprie dinamiche interne, strumentali alle autorità per mantenere il monopolio dell’informazione e, di conseguenza, il controllo sul Paese.

foto: olay.com.tr

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