Autore: Roberto Sassi
Titolo: I pomeriggi della domenica. Vite vagabonde di Emil Szittya e Lajos Kassák
Illustrato da: Francesca Dimanuele
Postfazione: Gian Piero Piretto
Editore: Raum Italic, Berlino 2022
Pagine 94, euro 11.00
Possono le esistenze di due artisti ungheresi pressoché sconosciuti in Italia, nella prima metà del secolo scorso in perenne vagabondaggio tra le principali città europee, ispirare vivo interesse e un pizzico di simpatia? La risposta è sicuramente positiva e non solo per la penna lieve di Roberto Sassi che abbraccia le speranze e le disillusioni di Emil Szittya e Lajos Kassák, “pittori testardi”, sempre in bilico tra successo, frequentazioni illustri, mobilità materiale e sociale e cadute brusche, fame, quella vera, abitazioni precarie e isolamento. Ma lo è anche per l’affresco minuziosamente documentato dei primi anni di quel XX secolo ricco di promesse di cambiamento che potrà convincere persino il lettore più ostinato.
Nonostante i legacci di un’epoca ancorata a vecchie consuetudini sociali, a vincoli territoriali e familiari, i due giovani ungheresi ci piacciono perché prendono lo zaino in spalla e girano con entusiasmo il cuore dell’Europa: Parigi, Berlino, Zurigo, Bruxelles. A differenza di due ipotetici omologhi contemporanei non concludono però il viaggio, come da copione, alla fine dell’estate, ma lo trasformano in ragione di vita, ricerca non tanto di un successo materiale, che li sfiorerà soltanto, ma piuttosto di una collocazione nel brillante mondo degli intellettuali, artisti, attori, che popolano i caffè di mezza Europa.
Emil Szittya e Lajos Kassák si incontrano per caso in un ostello di Stoccarda nel 1909 e subito si riconoscono come viandanti animati dal medesimo fuoco fatto di desiderio di movimento, conoscenza, incontri. Szittya, sedicente membro di una famiglia di ebrei tedeschi (ma quasi sicuramente lo è davvero), sa come muoversi tra le associazioni di mutuo soccorso ebraiche che costellano la geografia europea, ma non trascura le organizzazioni socialiste, spacciandosi di volta in volta per un ebreo orientale scampato a un pogrom o un fervente militante di sinistra. Kassák, nato in una cittadina tra Bratislava e Budapest oggi slovacca, è più riservato ed elegante, ma ugualmente squattrinato. La coppia non può che essere vincente, insieme partono a piedi, prima verso Francoforte sul Meno, poi molto più lontano, sfuggendo alle maglie della polizia – il vagabondaggio è reato nella Germania guglielmina, tutti i paesi reprimono i movimenti politici clandestini –, tirando a campare, ma anche incontrando mondi incantati e promettenti. Parigi è la meta ambita e raggiunta, ma che segnerà anche la fine della loro amicizia. Kassák torna in Ungheria dove inizia un’intensa attività giornalistica e letteraria e dove, dopo infinite traversie, sarà riconosciuto come uno tra i più importanti intellettuali del suo tempo, Szittya rimane tra Francia e Germania, dove scrive, dipinge, frequenta i caffè, fugge nella Francia del Sud dopo l’invasione nazista, per tornare finalmente nella sua amata Parigi.
Non si incroceranno più, travolti dai marosi della prima parte del XX secolo, anche se, forse, la mostra del 1961 dei dipinti di Kassák nella capitale francese poté essere l’occasione di un ultimo incontro. Comunque sia, qualcosa rimase sempre vivo tra di loro. Come ricorda Gian Piero Piretto nella sua brillante postfazione, Szittya pronunciò una volta una frase malinconica quanto profondamente struggente: «Chi ha trascorso con me i pomeriggi della domenica?». Quei momenti di noia e irritazione, irrorati di un vago sentore di morte, che solo i veri amici sono in grado di dissipare.
E Kassák fu sicuramente uno di loro.