Olenivka

UCRAINA: La strage di Olenivka e il quotidiano orrore dell’occupazione russa

Forse, i difensori dell’Azovstal avrebbero preferito morire nell’assedio, piuttosto che essere esposti inermi alle sevizie degli occupanti. L’esplosione avvenuta nel carcere-lager di Olenivka, che ha causato ufficialmente la morte di 53 prigionieri ucraini, è forse solo la punta di un iceberg di orrori, torture, e violazioni dei più elementari diritti dei prigionieri di guerra. Gli occupanti sulle prime hanno tentato di imputare la distruzione del capannone, dove solo due giorni prima erano stati spostati i prigionieri, ad un missile lanciato dagli ucraini, ma le evidenze fisiche del sito hanno subito fatto intendere che si sia trattato di un’esplosione interna. Il capannone sarebbe stato fatto saltare da parte dei carcerieri per cancellare le tracce di torture inenarrabili subite dai prigionieri.
Nonostante le garanzie fornite al momento della resa nella fabbrica circondata, l’odio profondo degli occupanti per i difensori dell’Azovstal si è immediatamente scatenato una volta al riparo da occhi indiscreti. Numerosi prigionieri sarebbero stati evirati, ai tiratori scelti sarebbero state amputate ad una ad una tutte le falangi delle mani, molti sarebbero stati sospesi per ore nudi sopra tappeti di cocci di bottiglia sino a farli cadere causando gravi ferite. L’orrore assoluto, già perpetrato per anni dai russi in Cecenia, Abkhazia, Siria, si è esercitato e si sta esercitando su prigionieri inermi.
Lo stesso governo ucraino, che aveva deciso di ordinare la resa ai soldati per evitare un inutile sacrificio, non è propenso a divulgare tali orrori, a cui non può porre rimedio. La strage di Olenivka, dove pure il tormento dei prigionieri continua, è solo la punta dell’iceberg dell’infamia: non si hanno notizie certe della quasi totalità dei prigionieri, e mancano notizie anche delle prigioniere di sesso femminile, sul cui destino non osiamo formulare ipotesi. I servizi ucraini hanno intercettato una telefonata tra gli occupanti in cui si rivela che l’esplosione è stata interna e premeditata, e avrebbe portato in realtà alla morte di 190-200 prigionieri e il ferimento di altri 300.
La determinazione inumana degli occupanti sta portando all’organizzazione di un processo farsa a Mariupol’, dove si sono costruite gabbie di ferro in cui rinchiudere i prigionieri all’udienza, in un tribunale speciale di sinistra risonanza, che dovrebbe impartire condanne a morte già decise. Ci si augura che i ripetuti rovesci militari degli occupanti possano evitare questa funebre farsa, che rivelerebbe ancora di più al mondo l’ignominia degli aggressori. Non è però escluso che l’odio e la feroce volontà di vendetta possano convincere i russi a mostrare al mondo per l’ennesima volta il loro vero volto.
Testimoni che hanno lavorato nella colonia penale di Olenivka, che si trova a breve distanza da Donetsk, nel territorio occupato dai russi, hanno raccontato di condizioni igieniche spaventose, celle che contenevano cinquanta uomini avendo capacità per dieci, rari permessi di utilizzare i bagni, e soprattutto di torture continue, giorno e notte, in cui i lamenti dei torturati impedivano il sonno a chi era costretto a sentirli. Gli uomini venivano picchiati selvaggiamente, sottoposti a scariche elettriche, e gli stessi testimoni spesso non osano raccontare ciò che hanno visto.
L’esplosione incriminata, seguita da un violento incendio, è avvenuta nella notte tra il 28  e il 29 luglio, e tutt’ora non si ha la possibilità di fare chiarezza sulla sorte dei sopravvissuti. Le immagini mostrano il tetto del capannone quasi intatto, e una indagine della CNN mostra che non può essersi trattato di un missile.
La Croce Rossa e l’Onu, che hanno trattato insieme ai governi la consegna dei difensori dell’Azovstal, hanno il dovere di chiedere ai carcerieri notizie precise sulla sorte dei prigionieri. Forse si potrà ottenere un barlume di verità o giustizia solo quando l’esercito ucraino riuscirà a liberare il territorio occupato, che ospita il sinistro carcere-lager. Nei giorni scorsi, la liberazione completa dell’oblast di Kharkiv da parte degli ucraini ha permesso di ricevere una prima impressione sul comportamento tenuto dagli occupanti: sono già state scoperte sale di tortura, e sono stati rinvenuti numerosi cadaveri di soldati ucraini senza testa e senza scarpe: a distanza di tempo da Bucha, i metodi selvaggi e criminali degli occupanti non sono cambiati e ci si attende di scoprire numerosi e ulteriori crimini di guerra. Della strage di Olenivka resta indelebile la foto di un prigioniero carbonizzato, in posizione seduta, il cui teschio sbiancato dalle fiamme sembra offrire agli assassini il ghigno dell’irrisione e del disprezzo.

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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