Presentato nella sezione Orizzonti “To the North”, il film del rumeno Mihai Mincan riesce ad innovare con potenza un tema molto presente nel cinema, quello della migrazione e del confronto con l’altro.
“altro” e migrazione
Spesso il cinema contemporaneo ha voluto mettere in scena la difficile situazione sociale legata alle migrazioni ed alle traversate clandestine. Si pensi, sempre in ambito balcanico, a Strahinja Banovic di Stefan Arsenijevic, che reimmaginava il poema epico serbo nel contesto della rotta balcanica, con un migrante ghanese come protagonista. Si tratta di un esempio molto comune nel cinema europeo odierno, in cui si sceglie di superare l’opposizione, purtroppo intrinseca nel tema, tra europei e non europei, “altri”, ponendo in primo piano la figura del migrante. In altri casi, come il Bulgaro Fear di Ivaylo Hristov, si pone un personaggio europeo come alleato dello “straniero”, che si oppone al razzismo intrinseco nella società. Ciò che rende unico il primo lungometraggio di finzione di Mihai Mincan è il rovesciamento che compie di questi ruoli: il migrante è un europeo, Dumitru, un giovanissimo ragazzo rumeno, clandestino su una nave cargo taiwanese diretta verso l’America, quasi una modernizzazione delle migrazioni dei primi anni del Novecento. Se pare essere lui all’inizio il personaggio principale, Mincan prosegue nella sua illusione cinematografica, e ben presto rivela il vero protagonista: un marinaio filippino, Joel Bosun. Ancora più incredibile è l’ispirazione del film, drammatizzazione di un vero evento avvenuto nel 1996.
Carità e preservazione
Ad essere centrale per la pellicola non è tanto l’opposizione tematica del diverso quanto la contrapposizione etica e morale che si crea tra Bosun, un fervente religioso, ed il capitano, taiwanese, che pone al primo posto il benessere proprio (ed, a suo dire, dell’equipaggio), a discapito di qualsiasi clandestino. In lui si ritrovano le giustificazioni spesso fornite per la mancanza di un atto caritatevole. In Bosun invece si incarna la figura del Buon Samaritano o quasi di un missionario (un rovesciamento anche questo, dei canoni coloniali dell’occidentale che educa l’extraeuropeo), che ai suoi atti caritatevoli verso Dimitru accosta dei veri e propri sermoni. Attraverso primissimi piani intensi ed un’atmosfera sonora potente, i monologhi di Bosun permettono al suo interprete, Soliman Cruz (noto per il suo ruolo di Wakwak in Norte – The End of History di Lav Diaz), di esprimere tutto il proprio potenziale attoriale in una performance in cui il suo timbro profondo aumenta l’intensità di ogni sguardo e scambio di dialogo. Il film sospende interamente il giudizio, ma dimostra le cause che rendono impossibile la conciliazione del personale con l’estraneo attraverso una trama che impercettibilmente prende una direzione completamente inattesa.
To the North è uno dei film dell’est presentato a Venezia più complesso, ma al contempo anche uno dei più godibili e spettacolari. Mincan non esita ad usare piani sequenza d’azione, a sviluppare una tensione continua di fondo, a collocare la cinepresa in posizioni non convenzionali, ma al contempo sviluppa un reparto tematico molto dettagliato attraverso dialoghi pronunciati in un inglese semplice, parlato come lingua franca, ma che riesce comunque a farsi portavoce di idee e di messaggi notevoli.
L’anteprima di To the North è avvenuta il 5 Settembre.