Le autorità della capitale lettone Riga hanno abbattuto, giovedì 26 agosto, l’obelisco del monumento della vittoria – ufficialmente “monumento ai liberatori della Lettonia sovietica e di Riga dagli invasori fascisti tedeschi”. La colonna di cemento, alta 80 metri, era stata eretta solo nel 1985, negli ultimi anni di dominio sovietico. La struttura, con cinque guglie con tre stelle sovietiche in cima, era attorniata da due gruppi di statue, già rimosse nei giorni scorsi: tre soldati dell’Armata Rossa da una parte, e una donna che rappresentava la “Patria” con le braccia in aria.
Come scriveva Paolo Pantaleo, “Uzvaras parks all’inizio del ’900 si chiamava Pētera parks in onore dello Zar Pietro. Poi passò di mano ai lettoni, ai tempi della prima indipendenza, che lo rinominarono Uzvaras laukums (Piazza della vittoria). Fu scelto questo grande e vasto prato, in Pārdaugava, per celebrare la vittoria del 1919 dei difensori di Riga contro l’esercito di Bermont (guarda caso un russo, anche se “bianco” e alleato coi tedeschi), ed i primi progetti di costruzione del parco risalgono al periodo autoritario di Kārlis Ulmanis negli anni ’30. Dopo la vittoria sovietica sul nazismo il parco ospitò il grande monumento di celebrazione dell’Armata rossa.”
L’invasione russa dell’Ucraina a febbraio ha portato le autorità di diversi paesi dell’Europa orientale ad accelerare la rimozione dei simboli del periodo sovietico. Il comune di Riga ha approvato la demolizione dell’obelisco a maggio, dopo che il parlamento lettone ha votato per rimuoverlo. Secondo un decreto, tutti gli elementi che glorificano i regimi totalitari saranno distrutti entro il 15 novembre.
Mercoledì, il consiglio comunale di Riga ha osservato che il monumento era diventato “un simbolo ideologico del regime totalitario dell’Unione Sovietica e dell’esercito sovietico”. “In un momento in cui la Russia, erede dell’Unione Sovietica, sta commettendo crimini contro l’umanità in Ucraina, tale monumento rischia di polarizzare la società”.
Assieme alle vicine Estonia e Lituania, la Lettonia fu occupata dall’Unione Sovietica a seguito del patto Molotov-Ribbetrop nel 1940, quindi dalla Germania nazista nel 1941, divenendo teatro dell’olocausto. L’Armata Rossa cacciò i nazisti nel 1944 e la Lettonia rimase sotto il dominio sovietico fino alla dissoluzione dell’URSS nel 1991, quando riconquistò la propria indipendenza, divenendo poi membro della NATO nel 1999 e dell’UE nel 2004.
Giovedì, le immagini del crollo dell’obelisco sono state condivise dai media locali e applaudite dai funzionari lettoni. “Questo monumento è stato un costante promemoria dell’occupazione e del destino di molte persone: deportazione, repressione e così via. Non ne abbiamo bisogno”, ha detto il presidente lettone Egils Levits durante la demolizione.
“Si chiude un’altra pagina dolorosa della storia”, ha affermato Edgars Rinkevics, ministro degli esteri lettone. “È giunto il momento di completare la decomunizzazione in tutta Europa e finalmente liberarci dal passato totalitario sovietico”, ha scritto su Telegram Olena Kondratiuk, vicepresidente del parlamento ucraino.
Il Cremlino ha accusato i paesi europei di riscrivere la storia e di ignorare il ruolo della Russia sovietica durante la seconda guerra mondiale; un funzionario russo ha definito la demolizione del monumento come un affronto ai soldati sovietici.
L’obelisco era anche un monumento importante per la comunità russofona in Lettonia, in gran parte persone giunte nel paese durante il cinquantennio sovietico e loro discendenti, e che oggi forma tra un quarto e un terzo della popolazione residente, concentrati a Riga e nelle province orientali del paese baltico. Ogni 9 maggio i russofoni tenevano una cerimonia presso l’obelisco per commemorare la cacciata sovietica del dominio nazista, che non mancava di creare regolari controversie; talvolta, come nel 2014, la marcia era stata vietata.
La Lettonia è tra i più forti sostenitori in Europa di sanzioni più severe contro la Russia, e ha smesso di concedere visti turistici ai cittadini russi e ha approvato leggi per rimuovere i monumenti sovietici da quando Mosca ha lanciato la sua invasione dell’Ucraina. Altre nazioni d’Europa centrale e orientale hanno ripreso a rimuovere i monumenti d’epoca sovietica come reazione all’invasione russa dell’Ucraina.
Solo una settimana fa, l’Estonia ha rimosso un carro armato sovietico da un memoriale a Narva, città di frontiera a forte presenza russofona. Tallinn aveva accusato la Russia di utilizzare tali monumenti per suscitare tensioni. In tutta risposta, il gruppo hacker russo Killnet ha lanciato un attacco informatico contro l’Estonia, che tuttavia secondo le autorità del paese baltico non ha avuto conseguenze. Si tratta dell’attacco informatico più esteso dal 2007, quando la capitale estone vivette giorni di tumulti a seguito del trasferimento di un monumento ai soldati dell’Armata Rossa.
La Polonia, intanto, ha denunciato che la Bielorussia ha raso al suolo un memoriale con le tombe dei soldati polacchi morti durante la seconda guerra mondiale nel villaggio di Surkonty, dove la resistenza polacca ha combattuto le forze sovietiche. La denuncia arriva il giorno dopo la demolizione di un monumento ai soldati dell’Armata Rossa sovietica in Polonia.
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