In concorso al Festival del cinema di Locarno, Sermon to the Fish di Hilal Baydarov, regista azero discepolo di Béla Tarr, è un'aggiunta alla sua sorprendente carriera filmica.

CINEMA: Locarno – Sermon to the fish ed il cinema di Hilal Baydarov

In concorso al Festival del cinema di Locarno, Sermon to the Fish di Hilal Baydarov, regista azero discepolo di Béla Tarr, è un’aggiunta alla sua sorprendente carriera filmica.

Il cinema di Hilal Baydarov

Forse il più noto cineasta dell’Azerbaigian, Hilal Baydarov fa parte del ristretto gruppo di registi che ha avuto l’onore di studiare con Béla Tarr presso la Scuola di Cinema di Sarajevo (tra loro, un altro nome noto è quello dell’islandese Vladimar Johannson, il regista di Lamb). Sin dagli inizi, nel 2018,  è stato un regista prolifico e consistente, riuscendo a completare anche due film all’anno, ed in Italia si è presto fatto notare in eventi come il Trieste Film Festival. Ha raggiunto la notorietà internazionale grazie ad In Between Dying, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2020.

Inquadrare la filmografia di Baydarov comporta alcune difficoltà per lo stile anti-narrativo del suo cinema: per esempio, Nails in my Brain viene inserito nel genere documentaristico, ma pone sullo schermo un personale flusso di coscienza del regista, nel quale difficilmente si possono distinguere fatti o una volontà di documentare e di esporre, quanto più una condivisione poetica. Al contempo, le pellicole di finzione,  soprattutto i recenti Crane Lantern e Sermon to the fish non comprendono una vera e propria trama, quanto più una serie di sequenze oniriche e una spiccata anti-narrazione molto statica. In Between Dying è il lungometraggio di Baydarov maggiormente narrativo, in quanto segue una struttura ad episodi, ed è quindi forse anche il suo film meno caratteristico. Tra l’altro, è l’unico in cui Baydarov non si è occupato personalmente della fotografia. Pur essendo stato allievo di Tarr, Baydarov si distingue molto, sia per l’uso diverso dell’inquadratura, meno movimentata e più legata al campo lungo, distante dai personaggi (spesso con scenari ed inquadrature che ricordano in parte l’iraniano Abbas Kiarostami), che per i ritmi e soprattutto le atmosfere. Se le sinossi dei film di Baydarov suggeriscono storie di crimine e violenza, si respira in realtà un clima sospeso nel tempo, quasi mistico e sereno, seppur melanconico, simile ad un sogno per certi versi ed affine al realismo magico.

Sermon to the fish

Presentato a concorso a Locarno, Sermon to the fish riprende l’estetica di Crane Lantern, gli ambienti desolati costellati da pozzi petroliferi – un riferimento ai luoghi d’infanzia, introdotto con Crane Lantern nel vocabolario visivo del regista azero – alternati alla desolazione di una terra brulla desertica. Il soggetto è il percorso spirituale di una ragazza, l’ultima di un villaggio ormai interamente disabitato, affetta da una misteriosa malattia che la sta decomponendo, ed ritorno del fratello, un veterano di guerra, al villaggio delle origini, affetto da sindrome da shock post-traumatico. Un dittico che esprime i due mondi interiori attraverso gli ambienti – il post-industriale, inquinato, legato all’uomo, e la natura desolata, segnata dal tempo, legata alla donna – e che rivolge la filmografia di Baydarov per la prima volta, in modo interamente velato, in direzione di temi di attualità, ma con una persistente attenzione all’introspezione ed al metafisico più che al reale. La condanna alla guerra ed ai suoi effetti si accompagna ad una profonda meditazione sull’inquinamento, sulla contrapposizione tra uomo e natura e sulla decomposizione, che diventa una forma di metamorfosi. Rispetto a Crane Lantern, riguardo al quale Baydarov stesso ha affermato di avere avuto un momento di difficoltà creativa, Sermon to the Fish registra una maggiore linearità e narrativa, una rinnovata linfa cinematografica. Baydarov ha affermato che l’ispirazione gli è nata quando si è «disteso sotto una quercia e [ha] sognato e sognato, ed [ha] poi deciso di fare un film simile ad un sogno e di iniziare la trilogia della guerra», suggerendo appunto che Sermon to the fish dia inizio ad una programmazione artistica più vasta incentrata sugli effetti generati dai conflitti militari.

Interessante parallelo può essere compiuto tra Sermon to the Fish e The Wasteland di Ahmad Bahrani, che nello stesso anno in cui Baydarov ha debuttato a Venezia è stato presentato nella sezione Orizzonti della Mostra, nel quale ha ottenuto il premio per il miglior film ed il premio della critica FIPRESCI. La curiosità consiste nel fatto che Bahrani si è ispirato al cinema di Tarr, compiendo allusioni evidenti sia nella trama che nella fotografia a vari suoi film, tra cui Sátántangó, Il Cavallo di Torino e L’Uomo di Londra. A sua volta in Sermon to the fish sembrano esserci paralleli o allusioni ad alcune scene del film di Bahrani, anche se molto meno marcate. Non ci sono conferme ufficiali, ma si tratta di un curioso parallelo, quasi un cerchio che si chiude attorno a due cineasti talentuosi che sono legati alla stessa figura del cinema est europeo e che in qualche modo riescono ad ispirarsi vicendevolmente, pur mantenendo un’autorialità distinta.

Sermon to the fish ha ottenuto una menzione speciale a Locarno. Ancora non ci sono notizie sulla distribuzione italiana.

Chi è Viktor Toth

Cinefilo focalizzato in particolare sul cinema dell'est, di cui scrive per East Journal, prima testata a cui collabora, aspirante regista. Recentemente laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Trieste, ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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