Il ministro degli esteri della Grecia, Nikos Dendias, ha recentemente svolto un tour diplomatico nei Balcani Occidentali durante il quale ha fatto tappa anche a Pristina. Nella sua visita alla capitale kosovara ha incontrato varie figure politiche di spicco, tra cui la presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, il primo ministro, Albin Kurti, e il capo negoziatore per il dialogo per la normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia, Besnik Bislimi.
Una serie di incontri di alto livello che aiutano a mantenere stabili i rapporti tra i due paesi, segnati tuttavia dal fatto che la Grecia rimane uno dei 5 paesi membri dell’Unione Europea (insieme a Cipro, Romania, Slovacchia e Spagna) a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Un legame complesso quello tra Atene e Pristina, il cui sviluppo merita di essere tenuto d’occhio.
Grecia e Balcani Occidentali: il mantra della stabilità
I rapporti tra Grecia e Kosovo possono essere compresi meglio contestualizzandoli all’interno del ruolo che Atene svolge nei Balcani Occidentali. Il paese ellenico si pone infatti da anni come forte sostenitore dell’integrazione europea di tutti i paesi della regione, incluso il Kosovo. Lo dimostra il fatto che 19 anni fa, durante la presidenza greca del Consiglio dell’Unione Europea, fu a Salonicco che si tenne il primo storico vertice tra UE e Balcani Occidentali, durante il quale venne fatta la promessa di futura adesione all’UE ai paesi della regione.
Recentemente, la questione dell’allargamento sembra essere diventata una priorità assoluta del governo greco. In un suo scritto pubblicato da Politico, il primo ministro della Grecia, Kyriakos Mitsotakis, ha definito l’integrazione europea dei Balcani Occidentali di “importanza esistenziale” e ha proposto il 2033 come anno limite entro il quale finalizzare l’adesione all’UE dell’intera regione. Il rischio nel posporre ulteriormente la risoluzione di tale questione è, secondo Mitsotakis, quello di consegnare l’area alla mercé di potenze straniere i cui interessi sono contrari a quelli dell’UE e che porterebbero instabilità nella regione. Il riferimento è alla Russia, con cui i rapporti si sono incrinati a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, e alla Turchia, paese con il quale le tensioni sono tornate ad essere alte. Ciò che emerge da queste parole è che la Grecia vede nel mantenimento della stabilità della regione uno dei fattori chiave per proteggere sé stessa da forze esterne ritenute ostili: storicamente la Turchia, oggi anche la Russia. In una conferenza stampa ai margini di un incontro col ministro degi esteri montenegrino, Ranko Krivokapić, Dendias ha affermato che la Grecia si pone nei confronti dell’area come una forza “stabilizzatrice e non-revisionista”, differenziandosi dunque dai paesi sopra menzionati.
Tuttavia, la Grecia si è rivelata anch’essa nel corso degli anni fonte di instabilità e di incertezza per i Balcani Occidentali, causando pure frizioni con i suoi alleati occidentali. Lo è stata per la Macedonia del Nord, la cui questione del nome si è risolta solamente nel 2018 con gli Accordi di Prespa. Lo è stata per l’Albania, con cui molte questioni bilaterali rimangono tutt’oggi ancora da risolvere. Lo è stata, infine, per il Kosovo, paese di cui non riconosce l’indipendenza.
Grecia e Kosovo: tutto tranne il riconoscimento
Nonostante il mancato riconoscimento, la Grecia si è mantenuta, nel corso degli anni, diplomaticamente attiva in Kosovo ed è a detta di molti il paese che ha mostrato l’attitudine più costruttiva tra i 5 Stati non-riconoscitori membri dell’UE. Sin dalla fine della guerra in Kosovo, la Grecia ha una presenza diplomatica nel paese, la quale pur non essendo ufficialmente un’ambasciata è guidata da un ambasciatore e mantiene rapporti costanti coi politici e le istituzioni kosovare. I documenti dei cittadini del Kosovo vengono riconosciuti dalle autorità greche, così come le targhe delle loro macchine.
Il viaggio di Dendias a Pristina dello scorso giugno, il terzo da quando ha assunto il ruolo di ministro degli esteri greco, è stato solo l’ultimo in una lunga serie di visite reciproche inaugurate nel 2003 da uno dei suoi predecessori, George Papandreou. Un anno fa fu Albin Kurti a volare ad Atene per incontrare la sua controparte greca Mitsotakis. Durante questa visita, il primo ministro kosovaro chiese esplicitamente il riconoscimento da parte della Grecia dell’indipendenza del Kosovo. Tuttavia, Mitsotakis non si smosse da quella che è tutt’ora la posizione greca sulla questione: il riconoscimento verrà discusso solamente a seguito di un accordo finale tra Kosovo e Serbia, da trovare all’interno del dialogo facilitato dall’UE per la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi e senza pressioni esterne. Ciò non ha comunque impedito alla Grecia di ergersi a sostenitore della prospettiva europea del Kosovo e delle questioni ad essa legate, tra cui anche la liberalizzazione dei visti.
L’ambiguità di questa posizione va compresa all’interno dalla posizione tenuta dalla Grecia nei confronti Balcani Occidentali: stabilità prima di tutto, integrazione europea come fonte di stabilità e deterrenza nei confronti di influenze esterne. Nella visione greca, mantenere buoni rapporti diplomatici con il Kosovo permette il perseguimento di tale obiettivo di stabilizzazione; il non riconoscimento, invece, serve a mantenere vivo il “rapporto speciale” con la Serbia. Per motivi storici e culturali, tra cui la comune fede ortodossa, un’aura di sacralità pervade i rapporti tra Atene e Belgrado. Tuttavia, ulteriori avvicinamenti diplomatici tra Grecia e Kosovo potrebbero mettere in discussione tale amicizia. Questo è già successo, per esempio, un anno fa, quando la Grecia decise di cambiare il nome dell’Ufficio per il commercio e gli affari economici del Kosovo ad Atene in Ufficio per gli interessi del Kosovo, pur senza riconoscerne lo status diplomatico. Questo fatto fece storcere parecchio il naso al presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, nonostante le rassicurazioni ricevute da parte greca. L’altro fattore che pone un freno al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo è quello cipriota. Il timore della Grecia è che una decisione di questo tipo possa essere usata dalla Turchia per giustificare il perseguimento delle sue politiche nella Repubblica turca di Cipro del Nord, di cui è l’unico paese riconoscitore.
Ad oggi, è difficile immaginarsi un riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte della Grecia nel breve termine. Tale politica è infatti parte di una più ampia strategia greca volta a perseguire i propri interessi di mantenimento della stabilità nei Balcani Occidentali. Tuttavia, sviluppi significativi nell’invasione russa dell’Ucraina e nei rapporti tra Grecia e Turchia potrebbero cambiare le carte in tavola, facendo vacillare gli equilibri su cui si regge la politica estera greca nella regione.
Foto: EurActiv