I viali di Mariupol sono pieni di croci. Resti e corpi vengono sepolti nei prati da vicini e volontari, anche grazie a un gruppo Telegram che mette in contatto coloro che hanno perso qualcuno di caro in città
Mariupol è senza dubbio tra le città che più hanno sofferto la follia di Putin in Ucraina. Oggi sotto il controllo russo, a seguito della resa dei soldati all’acciaieria di Azovstal, della città rimane molto poco. Tanti cittadini sono scappati verso zone più “tranquille”, per quanto possibile, nell’ovest dell’Ucraina, qualcuno ha passato il confine con l’Europa e altri sono stati reinsediati in Russia a fronte di molte promesse, ad oggi, ancora non mantenute.
Poi c’è chi è rimasto e che, con l’ausilio di Telegram, tenta di garantire una degna sepoltura ai tanti civili che non ce l’hanno fatta. In un gruppo dedicato sull’app di messaggistica, che conta circa 26mila utenti, si ritrovano le tante, troppe, persone che hanno perso i loro cari in città. Qui si raccolgono le testimonianze e i volontari si danno da fare per ritrovare corpi e resti tra le macerie, affinché i parenti delle vittime abbiano una tomba sulla quale poter piangere.
Le stime dei morti a Mariupol
Petro Andrjuščenko, consigliere del sindaco in esilio, stima che siano circa 22.000 i morti in due mesi di combattimenti. Numero che, secondo una delle tante persone che stanno coordinando le sepolture in città, è estremamente sottostimato. Dai tanti messaggi raccolti pare che il numero dei decessi sia più vicino ai 50.000, ma è ancora troppo presto per avere dei numeri reali. Bisognerà aspettare la fine di tutto per sapere quanto è costata questa follia in termini di vite umane.
I viali delle croci dedicati alle vittime di guerra
L’invasione russa ha trasformato Mariupol in un cimitero a cielo aperto tra le rovine. Sui viali, o almeno quel che ne è rimasto, si susseguono croci e tombe improvvisate. Qualcuna ha un nome, altre no. È difficile riconoscere le vittime sfigurate, a meno che non abbiano addosso i documenti. I prati che costeggiano i grandi viali costruiti in epoca sovietica si sono trasformati in giganteschi luoghi di sepoltura, dove anche chi ha assistito con i propri occhi alla morte delle persone amate tenta di dare loro una dignità, per quanto possibile. Qui si susseguono storie dolorose, tra cui quella di Leonid Soshenko: solo un nome, tra migliaia, raccontata originariamente su Meduza.io.
Budivel’nykiv Avenue
“C’erano i combattimenti per strada, un carro armato russo era di stanza all’incrocio fuori dal supermercato ATB. Potrebbero averli colpiti con i mortai, ma non so chi sia stato perché sia l’Ucraina che la Russia stavano sparando. L’auto stava uscendo e, dopo aver rallentato vicino a una buca, è esplosa proprio lì”. Questo uno dei messaggi della chat di gruppo Telegram utilizzata dai cittadini di Mariupol per condividere informazioni sulle vittime. Questa la storia di come è morto Leonid Soshenko, 73 anni.
Leonid era ipoudente. Era uscito con la sua Priora per andare a prendere delle borracce d’acqua per la sua famiglia e i suoi vicini di casa. Non ha sentito il rombo del fuoco incrociato sopra la sua testa mentre stava tornando a casa ed è rimasto gravemente ferito. Non appena i bombardamenti sono cessati per qualche minuto, i residenti di Budivel’nykiv Avenue 160 sono usciti e hanno trascinato il corpo nell’edificio. Leonid era ferito alla coscia e allo stomaco, con anche un polmone perforato. Stava perdendo molto sangue e un operatore sanitario che abitava nell’edificio ha accettato di accompagnare l’uomo in ospedale, con l’aiuto di un altro ragazzo sconosciuto.
Sacrificare la propria vita per aiutare gli altri
Leonid Soshenko, che in quel momento stava combattendo contro la morte, è stato posizionato sul sedile posteriore della sua Priora. L’auto è partita e i tre hanno percorso 300 metri prima che un proiettile colpisse l’auto. Tutti e tre sono morti sul colpo.
Dopo l’esplosione, i corpi sono rimasti in auto per circa una settimana. La compagna di Leonid e la figlia Svetlana hanno seppellito le tre vittime al primo disgelo del terreno. Quest’ultima ha affermato di non conoscere nemmeno il nome di questo ragazzo che ha voluto aiutare suo papà sacrificando la sua stessa vita. Tutto ciò che ricorda è che lo sconosciuto aveva un figlio di dodici anni.
Foto di copertina: manhhai – Flickr