Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha dovuto rinunciare alla visita a Belgrado prevista per martedì 7 giugno, dopo che Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro hanno chiuso lo spazio aereo al suo velivolo. I tre paesi NATO, che a differenza della Serbia sostengono le sanzioni UE alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, non hanno concesso il permesso di sorvolo all’aereo del ministro russo.
Per il Cremlino la decisione rappresenta “un’azione ostile” verso la Russia, mentre lo stesso Lavrov ha parlato di situazione “senza precedenti”. “Non abbiamo il teletrasporto“, hanno commentato dal ministero all’agenzia russa Interfax.
Oltre all’incontro col presidente serbo Aleksandar Vučić, Lavrov aveva in programma colloqui col ministro degli esteri Nikola Selakovic e con il patriarca serbo ortodosso Porfirije. Tra gli argomenti, anche l’accordo sulle forniture di gas dalla Russia alla Serbia, rinnovato solo settimana scorsa. Ma la visita aveva soprattutto il valore simbolico di mostrare che la Russia non è isolata in Europa.
Il ministro degli esteri Lavrov è incluso sin dal 25 febbraio nella lista delle sanzioni UE, assieme al presidente russo Putin, per il loro ruolo diretto nell’aggressione armata all’Ucraina. Lavrov è sotto sanzioni anche da parte di USA, Regno Unito e Canada.
Il ministro dell’interno serbo Aleksandar Vulin – noto per le sue posizioni filorusse – si è detto “profondamente dispiaciuto” di un gesto di coloro che “non vogliono la pace”, aggiungendo che la Serbia è orgogliosa di non far parte dell’isteria antirussa.
E proprio mentre Vučić incontrava l’ambasciatore russo Aleksandr Botsan-Kharcenko, nella giornata di lunedì l’associazione “Russi, ucraini, bielorussi e serbi insieme contro la guerra” ha tenuto una manifestazione di protesta contro la visita di Lavrov e di condanna dell’invasione dell’Ucraina davanti alla sede della presidenza serba a Belgrado. I dimostranti sventolavano bandiere serbe e ucraine, e cartello con slogan quali “All’Aja, non a Belgrado“, “Grazie cari vicini, avete salvato la Serbia dalla vergogna”. A poca distanza, un piccolo gruppo sbandierava invece il vessillo di Mosca.
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