Con l’armistizio con l’Austria-Ungheria, e in accordo con gli alleati, ai primi di novembre del 1918 le truppe italiane occuparono le aree della Dalmazia assegnate all’Italia dal trattato di Londra del 1915. Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani.
A seguito del ritiro dell’esercito austriaco, il Consiglio Nazionale Jugoslavo, formatosi a Zagabria in attesa dell’unione con la Serbia, creò un governo regionale provvisorio per la Dalmazia che prese il controllo di Spalato, Sebenico e Zara. Solo a Zara l’ex sindaco autonomista Ziliotto organizzò un contropotere, proclamando l’autorità del Fascio Nazionale Italiano come successore del Consiglio comunale zaratino disciolto nel 1916.
Il 31 ottobre l’Italia ottenne il consenso degli Alleati all’occupazione dei territori contemplati dal patto di Londra, pur senza il riconoscimento di un diritto di annessione. Navi da guerra della Regia Marina si presentarono nelle isole e nei porti dalmati, dove presero contatto con le sedi dei Fasci Nazionali, le associazioni locali degli italiani. Il 4 novembre la Marina prese possesso delle isole di Lissa/Vis, Lagosta/Lastovo, Melada/Molat, e Curzola, dove i comitati nazionali jugoslavi non opposero resistenza armata. Lo stesso giorno il capitano di corvetta De Boccard fu accolto sulla banchina di Zara da Luigi Ziliotto, tra l’esultanza degli zaratini italiani, nonostante le proteste diplomatiche dei rappresentanti jugoslavi. La situazione in città restò tesa per alcuni giorni, fino all’arrivo del cacciatorpediniere Audace e di nuove truppe, mentre gli jugoslavi si riorganizzavano nella campagna zaratina.
L’occupazione di Sebenico prese un paio di giorni in più, a causa dell’ostilità della popolazione croata; solo il 9 novembre il contrammiraglio Leopoldo Notarbartolo proclamò l’occupazione della Dalmazia fino a Capo Planka da parte dell’Italia a nome delle potenze dell’Intesa e degli Stati Uniti.
Altre isole dalmate vennero occupate nel corso di novembre: Lesina il 13 novembre, Pago/Pag il 21, nonostante l’ostruzionismo dei notabili e del clero. Migliore accoglienza ci fu a Cherso e Lussino, dove metà della popolazione era italiana. La Regia Marina si spinse ad occupare anche Veglia e Arbe (il 26), isole non incluse nel patto di Londra, anche per via degli appelli dei notabili italiani locali. Anche qui il clero cattolico fu tra i principali elementi di agitazione filo-jugoslava, tanto che le autorità italiane decisero di espellere il vescovo di Veglia, monsignor Mahnic.
A governatore della Dalmazia il governo italiano nominò il vice ammiraglio Enrico Millo, già ministro della Marina e sostenitore dell’annessione, che stabilì comando a Sebenico – misura che indicava l’intenzione di conservare il controllo dell’intera Dalmazia – fino alla primavera del 1919, quando si trasferì a Zara. Millo esautorò i comitati nazionali jugoslavi, benché i notabili filo-jugoslavi restarono rappresentati istituzionalmente nella Dieta provinciale dalmata e nella Corte d’appello. I vecchi membri del partito autonomo-italiano, risorto nei Fasci Nazionali Italiani, vennero nominati commissari civili o assunti alle dipendenze delle istituzioni pubbliche. Gli ex funzionari asburgici, benché corteggiati dalla nuova amministrazione, spesso non vollero prendervi parte per timori di rappresaglia in caso di ritorno al potere degli jugoslavi.
L’entroterra dalmata rimase terra di nessuno per tutto il mese di novembre, di fatto amministrata dai comitati nazionali jugoslavi dipendenti da Zagabria, mentre gli italiani consolidavano il proprio controllo sui porti e sulle isole. Solo con l’arrivo dei rinforzi da oltre Adriatico, l’esercito italiano prese il controllo Vodizze/Vodice (il 3 dicembre), e Scardona/Skradin (il 5). L’occupazione di Tenin/Knin era politicamente e militarmente delicata, poiché solo pochi italiani vi vivevano, mentre era forte l’elemento serbo. Millo dovette intimare all’esercito serbo di ritirarsi dai territori riservati dall’armistizio al controllo italiano, e l’avanzata dovette frontegiare la resistenza armata di regolari e milizie serbe, fino ad arrivare a occupare Knin il 1° gennaio 1919. L’obiettivo di Millo era di estendere l’occupazione fino alle foci del Cettina, se non a quelle della Narenta.
Millo cercò di conquistare il consenso dei dalmati slavi attraverso il miglioramento delle condizioni di vita: servizi sanitari, distribuzioni di viveri, e stimolo all’economia agricola tramite il divieto di importazione di olio e vino dalla penisola, oltre che con un cambio di favore tra corona austriaca e lira italiana. Le autorità italiane lasciarono una certa libertà associativa, consentendo l’esistenza d’istituzioni politiche e culturali e di una stampa jugoslava, con giornali come il Narodni List di Zara, nonostante la frequente censura. A Zara, Sebenico, Lesina e Veglia si contarono numerose dimostrazioni contro l’occupazione e per l’unione alla Jugoslavia, organizzate dal clero cattolico e ortodosso, mentre i Fasci Nazionali Italiani organizzavano manifestazioni di segno opposto. Per stroncare le contestazioni, Millo comminò espulsioni e internamenti di civili senza processo, attirandosi critiche dagli americani, mentre gli jugoslavi vi vedevano la dimostrazione del carattere dispotico dell’occupazione italiana.
L’opposizione all’amministrazione italiana andò comunque scemando, anche per via del’evoluzione interna del regno jugoslavo, in cui appariva sempre più evidente lo strapotere serbo, con la repressione contro il movimento contadino croato dei fratelli Radic e il partito socialista a inizio 1919. In tale contesto, i cattolici croati delle campagne si adattarono passivamente all’occupazione italiana. Millo presentò il suo governo come garante dell’ordine sociale e difensore dei cattolici dalmati rispetto allo stato serbo, considerato ortodosso e arretrato. Restava il movimento filo-jugoslavo a Zara, Sebenico e Knin, oltre che a Veglia e Lesina.
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Foto: Sebenico a fine ‘800
- Per approfondire: Luciano Monzali, Italiani di Dalmazia 1914-1924, ed. Le Lettere 2007