di Paolo Garatti
I Balcani occidentali stanno subendo un’ondata di allarme-bomba che nelle ultime settimane hanno generato preoccupazione tra i cittadini. Poco chiara, fino ad ora, la matrice.
Da diverse settimane alcuni stati dei Balcani occidentali stanno subendo una serie di allerte-bomba che minano la già fragile stabilità di questi paesi.
Paura in Serbia
Sono quasi 200 le scuole di Belgrado che, nella sola giornata di lunedì 16 maggio, sono state interessate da questi allarmi. E le scuole non erano gli unici obiettivi: nel mirino anche la stazione ferroviaria, il grattacielo “Beogradjanka” e lo zoo della capitale, mentre a Niš, in Serbia meridionale, un allarme anonimo ha paralizzato le normali operazioni dell’aeroporto locale. Secondo la polizia serba sono 19 gli indirizzi e-mail identificati da cui sarebbero giunti i messaggi terroristici che informavano di bombe piazzate in località sparse sul territorio; di questi, sempre secondo la polizia, otto proverrebbero dalla Polonia, quattro dal Gambia, due da Iran e Nigeria e una rispettivamente da Ucraina, Slovenia e Russia.
Per la Serbia, questa escalation di tensione sarebbe da ricondurre, secondo il governo, al rifiuto da parte del presidente Aleksandar Vučić di sottoscrivere le sanzioni contro la Russia. Lo scorso aprile lo stesso Vučić, inoltre, aveva accusato i servizi segreti ucraini e quelli di un mai menzionato altro stato UE per i (falsi) allarme-bomba ai danni di alcuni aerei della compagnia di bandiera Air Serbia, i soli in Europa che avevano mantenuto attive le rotte verso la Russia.
Scuole chiuse in Montenegro
Anche in Montenegro la situazione resta tesa dalla fine di marzo, con numerosi allarme-bomba che si susseguono nelle scuole, e la conseguente decisione di sospendere le lezioni per agevolare i controlli del caso e mettere in sicurezza gli studenti. Il portavoce del ministero dell’Istruzione ha dichiarato che “le lezioni sono state sospese in 41 scuole di tutto il paese”. Oltre alla capitale Podgorica, l’ordinanza interessa anche altre città tra cui Bar, Kotor, Herceg Novi, Niksic e molte altre.
Il presidente del Montenegro Milo Đukanović ha esortato le autorità a indagare con urgenza per trovare autori e organizzatori delle minacce, ribadendo al contempo l’assoluta priorità della sicurezza dei cittadini. Secondo Adis Balota, professore della Facoltà di Scienze informatiche dell’Università di Podgorica, tali minacce sarebbero coordinate da un centro nevralgico il quale avrebbe come scopo la paralisi delle istituzioni e, ovviamente, la diffusione del panico tra la popolazione.
Preoccupazione anche a Pristina
La situazione è preoccupante anche in Kosovo: un allarme, il settimo nel paese dal dicembre 2021 – poi rivelatosi falso – è stato lanciato nella scuola “Xhevdet Doda” di Pristina lo scorso aprile. Il portavoce della polizia Agron Borovci ha confermato che tutte le informazioni sugli ordigni nelle mani della polizia si sono poi rivelate fasulle e che – anche in Kosovo – le minacce arriverebbero da alcuni account di posta elettronica. Il primo falso allarme-bomba è stato segnalato nel dicembre 2021 presso la stazione degli autobus di Pristina, a cui ne sono seguiti altri tre rispettivamente il 5 gennaio, il 15 gennaio e il 15 febbraio 2022. Anche il rettorato dell’Università di Pristina ha ricevuto una e-mail con lo stesso contenuto, rivelatosi poi infondato.
Il resto della regione
Nelle ultime settimane, allarmi dello stesso genere sono stati registrati anche in Bosnia Erzegovina e Croazia: al momento, però, non è ancora chiaro se questi episodi siano tra loro collegati o meno. Per quanto riguarda la Bosnia, nei giorni scorsi una serie di minacce terroristiche, anche qui giunte via e-mail, sono state segnalate in alcune scuole e istituzioni governative del cantone di Sarajevo, costringendo studenti e dipendenti ad evacuare gli edifici. La polizia ha preso le misure necessarie e della questione è stata informata anche la procura cantonale. Sui social alcuni utenti hanno condiviso il presunto contenuto dell’e-mail incriminata: “C’è una bomba nella scuola, sento delle voci nella mia testa, sono pazzo, sono un mostro, ucciderò i bambini, perdonatemi”.
Chi sono i responsabili?
Se il caso della Serbia sembra paventare – senza alcuna prova da parte del governo serbo – presunti risvolti politici che legano questi allarmi alla modalità con cui il paese gestisce le relazioni con Russia e Ucraina, la situazione degli altri stati presi in esame appare più controversa. È arduo stabilire le cause di un fenomeno così complesso e al contempo così preoccupante: vera e propria strategia della tensione con fini politici? Iniziativa di singoli e/o piccoli gruppi della criminalità organizzata? Sete di protagonismo da parte di qualcheduno, magari giovanissimo, che ignora il peso delle proprie azioni?
L’unica cosa certa per il momento è che questi allarmi si sono fortunatamente rivelati un bluff. Tuttavia, i gracili rapporti tra le repubbliche dei Balcani occidentali e i venti di guerra che soffiano dall’Ucraina lasciano presagire per questi paesi – e non solo – un futuro sempre più incerto.
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