La settimana appena trascorsa è stata molto difficile per l’Ucraina, sia sul piano militare, sia sul piano dell’appoggio internazionale. L’offensiva russa nella zona di Severodonetsk e Lyman ha portato l’aggressore a conquiste territoriali e ha segnato gravi distruzioni nei centri abitati. I combattimenti sono feroci e la concentrazione delle truppe occupanti pone i difensori ucraini in grave difficoltà.
Non si tratta certo di un’avanzata proporzionale ai desiderata dell’aggressore, ma ogni centimetro di terra è sacro per gli ucraini, visto il comportamento disumano tenuto dai russi nelle aree occupate. Sembra che si stiano ripetendo nel silenzio gli orrori di Bucha, con gli abitanti negli scantinati alla mercé degli invasori, con gli amministratori pubblici sequestrati e torturati, quando non uccisi pubblicamente, come sembra essere accaduto a Kreminna e Scastja, secondo la testimonianza dell’ex sindaco Alexander Dunets.
L’odio e il disprezzo manifestati dall’aggressore sembrerebbero quasi rivolti a un popolo inferiore, come erano ritenuti ceceni e siriani, e non a un popolo fratello. La Storia giudicherà anche questo, tra le colpe di chi ha deciso e attuato questa criminale invasione. Ciò che preoccupa maggiormente è l’atteggiamento opportunista di parte dell’Unione Europea, che ha faticosamente trovato un accordo sull’embargo al petrolio russo, malgrado l’opposizione palese dell’Ungheria e la subdola dissuasione di Olanda e Germania. Le vecchie lobbies legate alla Russia stanno in questi paesi manovrando per conservare il proprio rapporto preferenziale con l’aggressore.
Anche la telefonata di Macron e Scholz al capo del Cremlino ha lasciato perplessi e ha suscitato l’ironia e la riprovazione dei paesi baltici, che ben conoscono i metodi e le intenzioni dell’ingombrante vicino. Questi comportamenti mostrano tuttora l’assoluta incomprensione, o l’interessata incomprensione europea, degli obiettivi perseguiti dall’aggressore, ovviamente con ogni mezzo, primo fra tutti l’inganno. Ha molto preoccupato, recentemente, anche l’atteggiamento indeciso degli Stati Uniti, al cui interno sembrano affrontarsi due correnti di pensiero strategiche: una che vorrebbe consentire all’aggressore di conseguire parziali successi territoriali, così da consentirgli di “non perdere la faccia” e accontentarsi delle conquiste, l’altra che vorrebbe invece fornire agli ucraini i mezzi sufficienti a vincere la guerra. Ciò mostra un’incomprensione di fondo molto grave: essendo obiettivo dell’invasore la conquista dell’intera Ucraina, qualunque concessione è un errore sostanziale, paragonabile alla concessione dei Sudeti a Hitler nel ’38.
In questo dibattito interno si corre il fortissimo rischio di fornire in ritardo agli aggrediti le armi indispensabili per difendersi efficacemente: sono indispensabili cannoni a lunga gittata e una richiesta esplicita degli americani sembra sia stata quella di non utilizzarli contro il territorio russo, per evitare ulteriori escalation. Anche gli obici forniti finora sembravano, dalle immagini, privi dell’apparecchiatura GPS elettronica per una maggiore precisione di tiro, segno quasi di un sostegno dimezzato.
Ora si attende la consegna dei lanciarazzi Mlrs e Himars, che rappresenterebbero un sostanziale incremento delle potenzialità ucraine, con una gittata sino a 300 chilometri. La precisione nel tiro è assolutamente fondamentale, soprattutto in caso di inferiorità numerica, con le forze ucraine sottoposte da giorni a un continuo martellamento di artiglieria. Ogni giorno di ritardo nelle consegne, e nell’addestramento, significa morte e distruzione per l’Ucraina, e un vantaggio gratuitamente concesso all’aggressore. Sarà di fondamentale importanza il contrattacco ucraino verso Kherson, città chiave per il sud, la difesa di Odessa e l’accesso alla Crimea: al di là del Donbass, che già in buona parte era stato occupato nel 2014, è il sud l’area fondamentale dove si gioca il futuro dell’Ucraina, il suo accesso al mare e il suo controllo delle risorse idriche e idroelettriche.
—
immagine su licenza Wikimedia Commons