Nagorno-Karabakh

ARMENIA: Il governo vuole svendere il Nagorno-Karabakh?

L’opposizione accusa il governo di svendere il Nagorno-Karabakh e occupa le strade di Yerevan come nel 2018. Ma non sembra impensierire il premier Pashinyan, che a Bruxelles continua gli incontri trilaterali col presidente azero Aliyev.

Sono passati quasi due anni dalla fine del secondo conflitto in Nagorno-Karabakh, anche se in realtà gli scontri al confine non sono mai terminati e, in qualsiasi momento, la situazione potrebbe peggiorare. L’ultimo scontro in ordine cronologico è avvenuto a fine marzo, quando diversi soldati armeni sono stati uccisi e alcune truppe azere sono entrate in diversi villaggi dell’Artsakh, intimando agli abitanti di lasciare le casa. Una mossa che, secondo alcuni, si è giovata dell’invasione russa in Ucraina e dello sguardo della comunità internazionale rivolto altrove.

Nonostante ciò, sono state proprio le forze russe, un contingente di 1.960 soldati, a ristabilire la situazione, facendo indietreggiare le milizie azere. Tutto ciò si traduce in una continua instabilità a livello politico, della quale il primo ministro armeno Nikol Pashinyan è ben consapevole: sa che, per lo sviluppo socioeconomico dell’Armenia, la questione del Nagorno-Karabakh deve essere risolta il prima possibile.

L’opposizione: Pashinyan ‘svende’ il Nagorno-Karabakh

Il 13 aprile scorso lo stesso Pashinyan in parlamento ha dichiarato che la comunità internazionale si aspetta che l’Armenia ridimensioni le richieste sullo status della Repubblica dell’Artsakh, quasi invitando il proprio governo a concentrare gli sforzi sui diritti degli armeni che risiedono in quel territorio. Queste parole lasciano intendere una possibile volontà nell’accettare la sovranità territoriale dell’Azerbaigian. O almeno questo è stato il messaggio recepito dall’opposizione, che ha accusato il premier di voler ‘svendere’ quel territorio e ha preteso le sue dimissioni.

La protesta in piazza

Da quel giorno, l’opposizione ha iniziato una protesta a tempo indeterminato, costringendo le autorità a chiudere un’intera piazza, piazza Francia, snodo essenziale nel centro di Yerevan, causando disagi e continue deviazioni al traffico. Il gruppo di dissidenti, accampati nella piazza con tende e sacchi a pelo, vede come protagonisti diverse figure ben note della politica locale, la maggior delle quali faceva parte della legislatura conclusa nel 2018 in seguito alla cosiddetta ‘rivoluzione di velluto’, il cui leader fu proprio Pashinyan.

Tra questi ci sono l’ex presidente della Repubblica Serz Sargsyan, dimessosi il 23 aprile del 2018, dopo uno scontro verbale poco felice con l’attuale primo ministro. Accanto a lui i leader dell’attuale minoranza parlamentare: Rober Kocharyan e Artur Vanetsyan. Il primo coordina l’alleanza politica nata nel maggio dello scorso anno, composta da Armenia risorta e Dashnak, che occupa attualmente 29 seggi nell’assemblea nazionale.

Manifestazioni sulla falsa riga di quelle del 2018

Insomma, nessuna grossa novità nell’aria. Ed è forse questo il motivo degli scarsi risultati ottenuti dopo quasi due mesi abbondanti dall’inizio delle manifestazioni. Le modalità di queste ultime, tra l’altro, ricordano molto quelle usate dallo stesso Pashinyan nel 2018: blocco delle strade, irruzione negli edifici universitari, marce nelle zone principali della città e uso dei social media.

Con l’unica grande differenza che l’attuale premier in un paio di settimane aveva gremito piazza della Repubblica, la più grande nella capitale, che ora invece sembra esser diventata il quartiere generale della polizia. La risposta del governo non si è fatta attendere e, nonostante non ci siano stati scontri violentissimi, i fermi non sono mancanti, raggiungendo in alcune giornate anche numeri elevati, considerando pure altre realtà urbane al di fuori di Yerevan.

Pashinyan va avanti e continua i colloqui a Bruxelles

Il mandato di Pashinyan, nonostante le continue proteste e un consenso in calo anche tra le fila di chi lo ha sostenuto, non sembra essere in pericolo. Il premier può perciò concentrarsi, tra le altre cose, sugli incontri trilaterali sul Nagorno-Karabakh, che stanno andando avanti a Bruxelles con il presidente dell’Azerbaigjan Ilham Aliyev e l’Unione europea. La terza riunione tra le parti coinvolte si è svolta il 23 maggio.

Il presidente belga del Consiglio europeo, Charles Michel, in una nota stampa ha elencato i punti discussi: demarcazione dei confini, ripresa delle comunicazioni, un accordo di pace che sia duraturo e, infine, lo sviluppo dei due paesi in ambito economico e sociale. Non si è perso troppo tempo da quell’incontro, e già il giorno successivo i rispettivi viceministri si sono incontrati al confine, creando una commissione congiunta per discutere sulle migliori possibilità per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh.

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Immagine: Un incontro a Bruxelles tra Pashinyan, Michel e Aliyev (foto dal sito ufficiale del primo ministro armeno)

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