A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, la Federazione ha assistito a un brusco crollo delle importazioni di merce straniera, sia nel settore high-tech sia in quello di beni di prima necessità, come i farmaci. Tale carenza ha costretto il Cremlino a ricercare soluzioni alternative palliative per rispondere alla domanda interna. Tra queste, un ruolo centrale è svolto dalla legalizzazione delle “importazioni parallele”. Altresì noto come “contrabbando”, si tratta dell’import di merci originali di fabbricazione estera senza ottenere il consenso del titolare del copyright.
Tali espedienti potrebbero, almeno nella fase iniziale, permettere alla Federazione di far fronte alla domanda interna e di guadagnare tempo per ricostruire le catene di approvvigionamento nazionali. Nonostante ciò, sarà più complesso fornire all’industria russa le attrezzature, le componenti, i materiali, nonché i pezzi di ricambio necessari per un’uscita dalla crisi.
Quanto dipende la Russia dall’import?
Nell’intraprendere la guerra “all’Occidente collettivo”, secondo l’etichetta utilizzata dalla propaganda russa, Mosca non ha considerato la sua incapacità di fornire ai cittadini non solo smartphone o ricambi per auto, ma anche vestiti, scarpe, utensili da cucina e, addirittura, giocattoli. Già prima dell’inizio della guerra, il primo febbraio, la testata economica russa Vedomosti aveva evidenziato una significativa dipendenza dalle importazioni di prodotti non alimentari, quindi i suddetti beni di consumo. Citando i dati del servizio statistico federale russo Rosstat, riferiti ai primi nove mesi del 2021, la quota dell’import ha superato il 53%, raggiungendo il picco registrato nel 2014. Quanto ai beni di consumo, il valore dei prodotti esteri occupa una percentuale ancora più elevata: 77-78%. Pertanto, tali dati hanno messo in luce quanto siano vitali per Mosca le importazioni dai cosiddetti “Paesi ostili” occidentali. Ad essere particolarmente dipendenti sono il settore automobilistico, utensile, farmaceutico, metallurgico e petrolifero. In tal contesto, è importante citare un report analitico pubblicato, il primo aprile 2021, dalla Banca Centrale della Federazione Russa. L’indagine aveva rivelato che il 70% dei dirigenti delle imprese più avanzate e orientate all’export non poteva fare a meno della tecnologia straniera; Il 65% dipendeva da materie prime, materiali e componenti importati.
Il ritorno del “defizit”?
Durante l’era sovietica, il termine “defizit” veniva utilizzato per indicare le merci richieste ma impossibili da reperire. A seguito delle sanzioni occidentali senza precedenti, da sommare all’esodo di migliaia di imprese straniere dalla Federazione, è stato registrato un brusco crollo delle importazioni russe. La portata del danno registrato, causato anche dal divieto di fornitura di molte categorie di prodotti, avrebbe anche spinto la Dogana russa a rendere “classificati” i dati sull’import e sull’export. La mossa sarebbe stata adottata al fine di evitare “stime e speculazioni fallaci”, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa filogovernativa RBK.
Tuttavia, alcune fonti hanno reso noto che, nel mese di aprile, sarebbe stato registrato un crollo delle importazioni del 70-80%. Il settore che ne ha risentito particolarmente è stato quello high-tech. E non è un caso. Infatti, il fine è proprio quello di impedire alla Federazione di entrare in possesso di alcuni prodotti del settore elettronico e delle telecomunicazioni che potrebbero contribuire a migliorare le capacità militari russe. A confermarlo sono gli stessi dati riguardanti tali settori. Nel mese di marzo, l’import dagli Stati Uniti verso la Russia ha registrato un calo dell’80%, quello dell’Unione Europea (UE) è diminuito del 55%, dal Giappone del 32%. Il maggiore produttore di microchip – Taiwan – ha ridotto del 67% le importazioni verso la Russia. Tuttavia, il calo delle consegne dalla Cina, sul cui aiuto Mosca riponeva – e ripone – molte speranze, è particolarmente sensibile: da 8 miliardi di dollari prebellici si è passati, nel mese di marzo e aprile, a 3,8 miliardi di dollari.
Le lunghe file in Russia nei primi giorni di guerra si sarebbero, momentaneamente, placate. Tuttavia, secondo un sondaggio condotto a metà maggio dalla testata indipendente The Moscow Times, il numero dei russi che ha notato segni di una carenza di generi alimentari è del 58%.
Cosa dicono i dati
Nel periodo marzo-aprile, l’industria russa, secondo i dati ufficiali , ha continuato a crescere fino ai livelli dello scorso anno. Tuttavia, il tasso di crescita è in rapido calo e i segnali di declino stanno diventando via via più evidenti. Nel mese di gennaio, l’Indice della Produzione Industriale (IPI) era superiore del 9% rispetto al valore registrato nello stesso periodo, nel 2021. A febbraio l’aumento è stato del 6%, mentre a marzo solo del 3%. Particolarmente preoccupanti sono i dati produttivi dell’industria automobilistica russa, la quale ha registrato un calo del 45,5% nel mese di marzo. Nonostante le autorità russe continuino a reiterare che la Federazione non ha subito alcun danno dalle sanzioni, tali dati, in realtà, rivelerebbero tutt’altro. Un campanello d’allarme è stato lo stop della produzione di automobili russe nel mese di maggio. Per salvare l’industria automobilistica, il governo sta abbandonando gli standard moderni: ora è possibile produrre auto senza airbag, senza sistemi ABS e non curanti dei limiti riguardo alle emissione dei gas di scarico. Secondo le previsioni del Ministero dell’Industria e del Commercio del Paese, nel 2022 la produzione industriale diminuirà del 7-9%. In tal caso, l’industria russa affronterà uno shock da due a tre volte superiore rispetto a quello innescato dal coronavirus, nel 2020. Al contempo, la Banca Centrale prevede un aumento dei prezzi pari o superiore al 20% .
La legalizzazione del “contrabbando”
Al fine di rispondere alla domanda interna, la Federazione Russa sta tentando di salvare la situazione attraverso la legalizzazione delle cosiddette “importazioni parallele”, formula adottata dalle autorità per far riferimento al noto contrabbando. Si tratta, pertanto, della fornitura di beni di produzione estera tramite canali non ufficiali, senza ottenere il previo consenso del titolare del copyright. Tale pratica si colloca all’interno di un’area grigia dell’illegalità. La prima volta che l’esecutivo russo si era trovato a discutere della possibilità di legalizzare le importazioni parallele risale al 2010, quando Mosca aveva affrontato le prime ondate di sanzioni. All’epoca, però, i deputati non procedettero con l’approvazione della norma, nel timore di creare malcontento tra gli investitori stranieri. La discussione è stata nuovamente posta sul tavolo nella primavera del 2022.
A seguito dell’approvazione del meccanismo che ha legalizzato l’import parallelo, avvenuta il 16 marzo, il governo russo ha autorizzato il “contrabbando” di una serie di prodotti esteri, importati anche senza il consenso dei titolari del marchio o di altri diritti di proprietà intellettuale. “L’approccio garantirà la fornitura di beni alla Russia, nonostante le azioni ostili dei politici stranieri”, ha affermato il premier russo, Mikhail Mishustin, dopo aver annunciato le nuove misure.
Nell’elenco delle merci soggette a importazioni parallele, approvato dal Ministero dell’Industria e del Commercio, figurano 96 categorie di prodotti, ovvero tutte le voci facenti parte della nomenclatura delle merci dell’attività economica estera (TN VED). Quest’ultima rappresenta un sistema di classificazione dei prodotti per facilitarne l’identificazione durante le procedure doganali. Nella suddetta lista sono altresì inclusi 289 tipi di merci e centinaia di brand legati ai “Paesi ostili” attualmente non presenti nel mercato russo. In tal contesto, è importante notare come l‘ampiezza dell’elenco evidenzi l’alto grado di dipendenza dell’economia russa dalle forniture estere.
Un altro incentivo per le importazioni parallele è giunto a seguito della decisione della Commissione Economica Eurasiatica. Quest’ultima ha incrementato a 1.000 euro la soglia di esenzione doganale per le importazioni di beni per uso personale. Prima della normativa, il valore era di 500 euro. Anche la grammatura dei prodotti è stata aumentata, passando da 25 chili a 31 chili.
È ancora presto per stabilire se i mercati aiuteranno la Russia a bypassare le restrizioni. Da un lato, i negozi online nazionali, quali OZON, Wildberries, Yandex Market, hanno dato il via libera alla vendita online di merci presenti nell’elenco di import parallelo. Dall’altro, la più grande rete cinese, AliExpress, non ha ancora rivelato le sue intenzioni. Al contrario, ha annunciato un taglio del 40% del proprio personale in Russia, secondo quanto rivelato da fonti citate da Vedomosti.