Rimodernare, operare un remake di un classico del cinema come Au Hasard Balthazar di Robert Bresson è quasi sempre sinonimo di eresia o di sacrilegio. L’eccezione potrebbe essere quando è Jerzy Skolimowski a farlo, e nel mentre riesce a sfornare quello che potrebbe essere il film più avant-garde della sua carriera, anche se difficilmente lo si può definire un capolavoro perfetto.
La co-sceneggiatrice di EO, Ewa Piaswkowska, ha descritto il film più come un omaggio che un rifacimento della pellicola di Bresson, un’opera che ha avuto una sua genesi indipendente (pur essendo Skolimowski un grande amatore di Bresson) e che indubbiamente ha un’energia molto diversa. Certamente, tra Au Hasard Balthazar ed EO, forse l’unico elemento comune è il protagonismo in entrambe di un asino. Se in Bresson le sofferenze dell’asino sono una proiezione del male nel mondo, e il muso della creatura non è che una maschera impenetrabile, in Skolimowski è l’introspezione dell’asino ad essere centrale. Sul ragliare degli asini ha affermato: «Questo suono è come un “guardatemi, sono un essere vivente come voi! Anch’io ho desideri, ho bisogno d’amore, di affetto, di sogni, di sicurezza”».
L’ispirazione di EO è chiaramente di stampo animalista, come suggerisce anche l’epigrafe del film, che condanna aspramente sia lo sfruttamento di animali da parte delle industrie, ridotti allo status di strumenti di lavoro, che l’uccisione degli stessi per il consumo della carne.
Narrare la storia di un animale spesso comporta il rischio di cadere nella banalità, o di valorizzare troppo le vicende della controparte umana, più che dell’essere che dovrebbe essere protagonista. Così in EO, quasi ogni volta che la cinepresa si stacca dall’omonimo asino, e segue delle vicende umane, rischia irrimediabilmente di trascinare giù con sé tutte le eccellenze che si possono riscontrare nel film. Situazioni relativamente banali e superflue, che spezzano il ritmo del racconto e che sembrano non avere alcun nesso con la storia.
Peggio ancora, i personaggi non hanno alcuna relazione di alcun genere con il protagonista, come per esempio nel caso di Isabelle Huppert, la cui breve scena con Lorenzo Zurzolo spalanca le porte verso una trama completamente sciolta dall’intreccio principale. Eccezione di questo problema sono le scene in cui le vicende vengono osservate da Eo con sguardo critico, creando così un effetto comico-satirico. Il fulcro resta per la maggior parte del film il punto di vista di Eo, ma se si fosse concesso ancora maggiore spazio all’introspezione nel protagonista, anziché in continue digressioni, ciò non avrebbe che giovato al risultato finale.
Jerzy Skolimowski è principalmente noto per film che si accostano al thriller per genere, ma con EO ha optato per uno sperimentalismo continuo. Nel rappresentare il mondo interiore del quadrupede, opera una commistione stilistica notevole. Certe scene possono essere affiancate alle sequenze lirico-poetiche riscontrabili nei film di Terrence Malick o Chloe Zhao, in cui Eo si trova in armonia con il mondo attorno a lui, altre sembrano spuntare dalle più radicali opere di cinema sperimentale contemporaneo, con drastici movimenti di macchina e un sonoro disorientante, come per esempio una scena, pigmentata con un rosso vivace, in cui Eo vede una pala eolica, e la cinepresa inizia a ruotare seguendo esattamente la direzione della pala. L’alternanza di stili profondamente diversi permette a Skolimowski maggiore raggio espressivo, ma rende EO incoerente e troppo eterogeneo.
Con EO, Skolimowski firma un film che può essere descritto unicamente come il suo più particolare, in qualsiasi senso del termine. Ciò di cui si può essere certi è che è un film che ha una propria anima distinta ed indipendente, e questo da solo rende EO degno di nota ed uno dei film di Cannes 2022 che finora ha destato maggiore curiosità.
EO è stato presentato in concorso al 75° Festival di Cannes il 19 Maggio 2022, ed è una co-produzione polacca-italiana, co-finanziata dalla Regione Lazio. Attualmente non è stata confermata alcuna data d’uscita italiana.