In Bulgaria il governo è sempre più diviso. Tra i dossier più caldi i rapporti con la Russia, le armi da inviare a Kiev e la Macedonia del Nord.
A Sofia le prese di posizione sulla Russia sembrano essere sempre più polarizzate. All’indomani dell’invasione dell’Ucraina, in Bulgaria erano già emersi alcuni contrasti tra una larga parte di partiti che aveva condannato l’operazione militare lanciata da Vladimir Putin e due partiti da sempre filorussi e schierati su posizioni molto più caute, l’estrema destra di Rinascita ed il Partito Socialista Bulgaro (BSP). Due mesi dopo, la questione rischia di provocare una crisi di governo, dal momento che i socialisti fanno parte della maggioranza assieme ai partiti Continuiamo il cambiamento (centro), Bulgaria Democratica (centro-destra ambientalista) e C’è un popolo così (partito pigliatutto, europeista), fermi nella condanna dell’invasione. Divisioni sono poi emerse anche sul tema del sostegno a Kiev, con i leader di C’è un popolo così che hanno mostrato riserve per quanto riguarda l’invio d’armi e hanno fortemente criticato la decisione del primo ministro Kiril Petkov (appartenente al movimento Continuiamo il cambiamento) di avviare una campagna pubblica di raccolta fondi per il governo ucraino.
Armi all’Ucraina e gas russo
A seguito dell’incontro del premier bulgaro Petkov e con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev lo scorso 28 aprile, la leader dei socialisti (nonché Ministro dell’economia) Kornelia Ninova ha dichiarato che il BSP è pronto ad uscire dalla coalizione di governo qualora la Bulgaria dovesse optare per l’invio di armi pesanti all’Ucraina, una posizione condivisa dal presidente della Repubblica Rumen Radev. Non è chiaro se la posizione di Ninova sia semplicemente di facciata, visto che alcuni report documentano che, sotto il suo benestare, la Bulgaria venda armi all’Ucraina tramite paesi terzi (come Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) da inizio guerra.
I socialisti si dicono contrari anche alla rottura dei contratti con il colosso russo Gazprom, che il 27 aprile ha deciso di interrompere le forniture di gas a Polonia e Bulgaria dopo il rifiuto di queste ad effettuare i pagamenti in rubli. Il vicepremier e Ministro delle finanze Assen Vassilev, al contrario, sostiene che nonostante la Bulgaria sia dipendente al 90% dalle importazioni di gas russo, il paese sarà in grado di attutire il colpo senza grossi problemi. Per quanto riguardo il petrolio, invece, la Bulgaria chiederà un’esenzione dalla decisione della Commissione Europea di interrompere gradualmente l’import dalla Russia, esattamente come Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca.
I rapporti con Skopje
La guerra non è l’unico dossier spinoso nelle mani del governo di Petkov. Continuiamo il cambiamento e Bulgaria Democratica, sempre più compatti, si sono espressi a favore dell’adesione della Macedonia del Nord all’Unione Europea, provocando la reazione piccata di C’è un popolo così. I rappresentati di quest’ultimo, Slavi Trifonov e Toshko Yordanov, hanno infatti criticato il premier Petkov, il quale, secondo le accuse, non coordinerebbe le sue decisioni con l’intera coalizione, stringerebbe accordi nascosti con rappresentanti UE e tradirebbe gli interessi della Bulgaria.
Petkov, dopo un anno di stallo dovuto alla crisi politica bulgara, si era recato a gennaio in Macedonia del Nord dove ha incontrato Dimitar Kovacevski, nuovo premier socialdemocratico, dando il via ad una nuova fase del dialogo, più distensiva. Il governo bulgaro, dopo aver bloccato il processo d’adesione per due anni, ha accettato che il paese possa essere designato come “Nord Macedonia” nei contesti istituzionali. Saranno inoltre organizzati cinque tavoli tecnici congiunti allo scopo di rafforzare la cooperazione e negoziare soluzioni per le questioni ancora in bilico. Aperture, dunque, che non sono piaciute ad alcuni partner della coalizione di governo.
Un 2022 incerto
L’equilibrio del governo sembra dunque reggersi sull’andamento della guerra in Ucraina e sul dialogo con Skopje. Qualche giorno dopo l’incontro tra Petkov e Zelensky, il parlamento bulgaro ha votato una misura che permetterà alle fabbriche bulgare di riparare gli armamenti ucraini e a Kiev di utilizzare il porto di Varna per l’export di grano, così come chiesto dal presidente ucraino.
La decisione esclude dunque, almeno per il momento, l’invio di aiuti militari all’Ucraina da parte della Bulgaria, una mossa del premier volta proprio ad arginare i dissidi nella coalizione e a rinviare, per ora, la crisi di governo.
Foto: Todor Bozhinov, Wikimedia Commons