Visual literacy è la capacità di interpretare e dare significato alle immagini cui – sempre più – veniamo sottoposti, oltre che di crearne a nostra volta. Un eccellente Istituto di ricerche visuali ucraino, il Visual Culture Research Center/Kyiv Biennial, è stato operativo fino allo scoppio delle ostilità a febbraio: ci auguriamo possa riprendere al più presto la propria attività. La guerra ci ha fatto comprendere una volta di più quanto sia importante il ruolo delle immagini che osserviamo, a partire dal riconoscimento di un fake fino ad un’appropriata lettura del messaggio in esse contenuto.
Il Cristo di Leopoli
Le agenzie battono la notizia il 6 marzo: “La statua del Cristo nella Cattedrale armena di Leopoli verrà spostata in un bunker”; il testo è accompagnato da alcune foto in cui cinque uomini stanno sollevando il Cristo ligneo per portarlo fuori dalla sua sede originaria. La Cattedrale, dedicata all’Assunzione di Maria, risale al 1363, si trova nel centro di Leopoli e fino al 1945 venne utilizzata come diocesi (eparchia) della Chiesa armeno-cattolica. Nel 1945 le autorità sovietiche soppressero la diocesi e la Cattedrale fu utilizzata soltanto come magazzino di opere d’arte; dal 2003, però, è tornata ad ospitare l’arcidiocesi (arcieparchia) della Chiesa apostolica armena.
La Cattedrale, di per sé, come risulta evidente, rappresenta un simbolo di unione tra fedeli di rito diverso; a propria volta, l’Altare ligneo del Golgota, al centro del quale stava il Cristo messo in salvo dagli operai, è simbolo di unione tra armeni, polacchi e ucraini. L’Altare, assemblato intorno alla metà del XVIII secolo, è una scultura in legno policromo abbellito di vetro colorato; mentre la figura di Gesù, risalente al XV secolo, è stata aggiunta all’Altare solo al momento della creazione di quest’ultimo, insieme ad altre opere precedenti. Il corpo di Cristo è restituito secondo tradizione, nudo e coperto solo da un panno leggero ai fianchi, magro al punto che le ossa della cassa toracica segnano con precisione la superficie del busto. Gli occhi sono chiusi e la bocca appena aperta, con la mandibola abbassata; i capelli e la barba sono molto folti. La statua di Cristo era già stata spostata dalla Cattedrale durante la Seconda guerra mondiale.
I media italiani si sono concentrati per la maggior parte sulla storia e sui particolari del Cristo ligneo, senza addentrarsi sulla ragione per cui l’immagine della sua estrazione (ma forse sarebbe meglio dire: deposizione) dalla croce della Cattedrale abbia coinvolto un così grande numero di persone. Ci sono almeno due motivi alla base dello shock provocato, uno che ha a che fare con gli elementi religiosi e spirituali della nostra educazione, l’altro con quelli visuali.
In attesa di una resurrezione
La scena degli uomini che sorreggono la statua di Cristo e la fanno scivolare dall’alto verso il basso di un container di lamiera è la rappresentazione della tredicesima stazione della via crucis riattualizzata: Gesù deposto dalla croce. Sappiamo bene il destino che attende il figlio di Dio, ovvero, subito dopo il perdono per chi lo ha crocifisso, la sepoltura e la resurrezione. La tragedia, in questo confronto, nasce dal fatto che Gesù viene allontanato dalla croce, ma nessuno sa quando (e se) potrà avvenire la sua resurrezione perché il perdono non è più quello di Dio verso gli uomini, ma degli uomini verso altri uomini. La deposizione del Cristo della Cattedrale armena di Leopoli dà il senso di un vuoto che potrebbe non essere colmato mai più, in quanto determinato dalla predisposizione umana a perdonare il prossimo. Sarà il ritorno della figura di Gesù sulla croce dell’Altare ligneo della Cattedrale, paradossalmente, a indicare che l’uomo si è risolto ad un’azione divina come il perdono.
Somiglianze pittoriche
L’elemento visuale, in molti casi inconsapevole, ha influito ulteriormente sulla diffusione di questa immagine. Se si guarda attentamente alla scena, infatti, si notano immediate somiglianze con opere pittoriche cui il nostro sguardo è abituato fin da bambini.
Nella Deposizione del Caravaggio, dipinta tra 1602-1604, attualmente nella Pinacoteca dei Musei vaticani, per quanto la ricostruzione della scena sia leggermente diversa, i soggetti che stanno intorno al corpo di Gesù appena prelevato dalla croce sono cinque come gli operai impegnati col Cristo della Cattedrale di Leopoli.
Nella Deposizione di Cristo di Tiziano, datata al 1520 e attualmente al Louvre, le figure che circondano Gesù sono sempre cinque. La disposizione dell’opera di Tiziano è orizzontale, laddove quella di Caravaggio si allunga verso l’alto per le braccia sollevate di Maria di Cleofa, ma entrambe richiamano da vicino le foto scattate a marzo a Leopoli.
La cosiddetta Deposizione Borghese di Raffaello (1507, Galleria Borghese), infine, conferma una volta di più lo schema compositivo descritto sopra: intorno a Gesù ci sono cinque persone; un po’ più lontano staziona un gruppo di quattro donne, tra cui Maria.
Un’immagine che abbiamo dentro
La riproposizione di un medesimo schema formale attraverso i secoli e i pittori è ciò che Aby Warburg, all’inizio del Novecento, avrebbe definito pathosformeln, dei veri e propri fermo-immagine in cui la creazione originaria viene modulata attraverso la ripetitività del canone cui fanno (involontariamente) riferimento. L’esperienza che molti di noi hanno provato al cospetto del Cristo ligneo traslato dalla cattedrale di Leopoli, dunque, ha a che fare con l’emersione di uno schema già interiorizzato precedentemente. Un’immagine che abbiamo dentro.