Dopo molti anni di silenzioso controllo, presidiato dalle truppe residue della 14ma armata russa, e di altrettanto silenziosi traffici di ogni tipo, la Transnistria, o meglio Pridnistrovie, dovrà forse pagare alla Russia il pegno della propria esistenza. Pur non riconosciuta da nessuno stato, con una moneta che un metro fuori dal confine vale come i soldi del Monopoli, priva di rappresentanze diplomatiche, è nata nel 1992 da una guerra condotta contro la Moldavia, al cui territorio ufficialmente appartiene, dalla 14ma armata russa, che ha creato un’exclave di ruskoiazichnie buona per future destabilizzazioni, e ottima per traffici lucrosi.
Hanno stupito le dichiarazioni dell’ignoto generale Rustam Minnikaev, che ha parlato espressamente del vecchio disegno russo di conquistare Odessa e tutta la costa del Mar Nero, fino alla Transnistria: certo, in un momento in cui la carenza di truppe per progetti tanto arditi, e dopo la perdita dell’incrociatore Moskva, i 1500 soldati russi placidamente a guardia dell’enclave potrebbero risultare molto utili, per aprire un nuovo fronte alle spalle dei difensori di Odessa, o anche solo per distrarre truppe ucraine in quella direzione. Minnikaev ha, se possibile, varcato ulteriormente i limiti del ridicolo, che da due mesi avvolge le affermazioni russe, dichiarando che in Transnistria “ci sono prove che la popolazione di lingua russa è oppressa”. Ma come, se tutta la popolazione è di lingua russa e ci sono soldati russi a difenderla? Forse il compunto e confuso generale si riferiva alla Moldova, che ha subito a suo tempo l’amputazione dei propri territori ad opera dei suoi colleghi.
Subito dopo queste dichiarazioni sono avvenuti strani eventi in Transnistria, come spari misteriosi contro un ministero, e un’esplosione che ha fatto cadere una torre di trasmissione della radio russa. Ciò è stato sufficiente perché le truppe presenti sul territorio fossero poste in stato di allerta, pronte al combattimento. Difese in cemento armato sono state poste sulle strade agli ingressi della capitale Tiraspol. A Kolbasna è notoriamente presente un enorme deposito di munizioni.
La presidente della Moldavia, la democratica Maia Sandu, ha chiesto calma dichiarando che nella regione ci sono tensioni volte a destabilizzare la situazione, e che aumenterà i pattugliamenti lungo il confine. In realtà i militari russi saranno probabilmente più utili per un attacco all’Ucraina, o anche solo per una minaccia: il problema della Russia è la scarsità di uomini in proporzione alle pretese di conquista territoriale. Il Presidente bielorusso Lukashenko, più volte invitato dalla Russia ad entrare in guerra, se ne è ben guardato, e anche la Transnistria, qualora compiesse l’azzardo di attaccare l’Ucraina, porrebbe in seria questione la propria stessa (redditizia) esistenza. Ma è possibile che quelle truppe non abbiano scelta di fronte agli ordini di Mosca.
I paesi occidentali continuano a dichiarare astutamente ad alta voce che invieranno nuovi armamenti all’Ucraina, così da causare immediati bombardamenti russi di stazioni e linee ferroviarie, per impedirne il trasporto. Ieri cinque stazioni sono state colpite, oltre a un ponte vicino a Odessa, sulla linea verso la Romania, oggetto oggi di un nuovo attacco missilistico. La Russia continua imperterrita a colpire con missili le infrastrutture ucraine: si calcola che già 1300 missili siano stati utilizzati.
Nelle riunioni della dirigenza russa si usa ripetere con ilarità che quanto viene distrutto verrà ricostruito a spese dell’Europa. Di fronte alla possibile cifra di cinquantamila morti russi in totale nella campagna ucraina, ipotizzata all’inizio del conflitto dal generale Gerasimov, il presidente russo ha dato un’alzata di spalle, rispondendo che di fronte all’importanza dell’impresa la cifra non gli sembrava eccessiva.
I rilevamenti satellitari mostrano tre grandi siti di fosse comuni intorno a Mariupol, capaci di ospitare migliaia e migliaia di corpi: chissà se siano solo gli sventurati civili ucraini o anche militari russi che non si è riusciti a incinerare o occultare altrimenti. E’ probabile che molte madri russe non riceveranno neppure un corpo su cui piangere. Una famiglia fuggita a piedi da Mariupol ha testimoniato al New York Times che i viali della città erano disseminati da un numero incredibile di cadaveri civili. Gli enormi palazzoni bruciati della città martire, ormai spettrale, la rendono in tutto simile alla Grozny delle guerre cecene o alla Stalingrado contesa dai nazisti. La Federazione Russa può vantare dunque di offrire alla Storia un nuovo capitolo di orrore.
—
Immagine da Flikr