battaglia Donbass

La battaglia del Donbass è cominciata. La situazione sul campo

Dopo settimane di attesa, è cominciata la battaglia del Donbass, forse la più importante – se non decisiva – per le sorti del conflitto. Si tratta di una mossa annunciata. A partire dallo scorso 28 marzo, l’esercito russo ha infatti ritirato le proprie truppe da Kiev. I sobborghi della capitale, insieme a Chernihiv e Cernobyl’, sono tornati sotto il controllo ucraino. Una mossa che dimostra come la resistenza ucraina abbia spinto il Cremlino a rivedere i propri piani. Non una ritirata, tuttavia, ma una riorganizzazione. Truppe fresche e nuovi mezzi sono così confluiti verso il Donbass, mentre in patria è stata ordinata la mobilitazione dei riservisti e una coscrizione obbligatoria. La Russia si prepara a un conflitto prolungato.

La battaglia potrebbe essere molti diversa da quelle che abbiamo visto fin qui, con il coinvolgimento della fanteria meccanizzata su un ampio fronte. Una battaglia “campale”, come quelle avvenute durante la Seconda guerra mondiale, e per la quale le truppe ucraine di stanza nella regione non sono addestrate, istruite piuttosto alla controguerriglia.

La situazione sul campo

I russi avrebbero già preso Kremnina, cittadina a circa trenta chilometri da Kramatorsk, colpita nei giorni scorsi con missili che sono caduti sulla stazione, mietendo vittime tra i civili che si apprestavano a lasciare la città.

Oleksandr Stupun, portavoce dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, ha indicato movimenti da due direttrici: da nord, i russi stanno muovendo da Izyum verso Slovian’sk e Barvinkove, mentre combattimenti si sono registrati a Oleksandrivka; mentre da est si segnalano azioni offensive in direzione di Severodonetsk e Popasna, dove si continuano a concentrare unità di carri armati e artiglieria. Lo scopo sembra essere quello di chiudere in una sacca l’esercito ucraino e costringerlo alla resa, oppure annientarlo.

I russi attendono ancora rinforzi. Al momento avanzano con circa 50mila uomini, insufficienti per vincere la difesa ucraina, trincerata, con artiglieria interrata e bunker antiaerei costruiti su una linea lunga centinaia di chilometri, tra Kreminna, Severodonetsk, Artemis, Horlivka, Avdivka, Volnovakha. Contestualmente, da sud si muovono truppe da Melitopol verso Zaporizhzhia, mentre a Mariupol continua l’assedio della città.

Come sta la resistenza ucraina?

L’esercito ucraino ha fin qui dato prova di una capacità organizzativa e una tenacia che forse nemmeno Mosca si aspettava. L’impressione generale è che il morale sia alto, e che molti cittadini comuni siano disposti a essere mobilitati.

Lo scorso marzo Zelens’kij ha firmato un decreto per la mobilitazione della popolazione civile che si articola in quattro fasi e che impedisce agli uomini tra 18 e 60 di lasciare il paese. Le prime due fasi riguardano sostanzialmente chi ha già esperienza militare e ha partecipato a scontri armati dal 2014. La terza fase include chi ha una formazione militare ma non ha esperienza. La fase finale riguarda il resto della popolazione maschile. Ad oggi, siamo ancora alla seconda fase.

Ci sono stati casi di renitenza, qualcuno ha cercato di riparare all’estero per sottrarsi alla coscrizione obbligatoria, e fuori dalle bolle “social” c’è ovviamente paura di combattere e morire. Allo stesso tempo, molti uomini sono rientrati dall’estero per arruolarsi come volontari (si parla di circa 70mila, ma il numero non è verificabile).

Quello che conta è che le forze armate ucraine stanno dando prova di preparazione e coraggio. Una percezione certo enfatizzata dall’efficace macchina propagandistica ucraina, abile nel costruire una narrazione che sta riscontrando molta presa nell’opinione pubblica occidentale. Poco sappiamo però dell’effettivo numero di perdite, e questo impedisce di fare previsioni a medio termine sulla capacità di resistenza degli ucraini.

Sappiamo invece che le forze armate ucraine hanno preso parte, fin dal 2016, a esercitazioni militari all’interno del programma di cooperazione NATO e sono state addestrate all’uso di armamenti e a tattiche di controguerriglia. Accanto all’esercito, che risponde al ministero della Difesa, c’è la Guardia Nazionale, che sovrintende al controllo dei confini e risponde al ministero degli Interni, creata nel 2014 e in cui sono successivamente confluiti i vari battaglioni – tra cui il famigerato Battaglione Azov – nati nel confuso periodo post-rivoluzionario. A questi si aggiungono 10mila uomini della difesa civile e le truppe di difesa territoriale, composte anche da volontari. Si tratta di truppe altamente motivate, ben addestrate e pronte al sacrificio.

Cosa succederà?

L’esercito russo non è ancora pronto a chiudere nella morsa le truppe ucraine, ma sembra questione di tempo. L’utilizzo di bombardamenti aerei da alta quota, tali da non essere intercettati dalla contraerea, potrà servire ad avere ragione della difesa ucraina? Si tratta degli uomini migliori dell’esercito ucraino, potranno resistere? Verranno sacrificati per dissanguare i russi? Ripiegheranno verso Dnipro? Ci sono solo domande e pochissime certezze.

 Se i russi sfondano, la via per Dnipro è aperta. Se gli ucraini resistono e ricacciano indietro il nemico, per la Russia potrebbe essere l’inizio della fine. Una vittoria in Donbass potrebbe, secondo alcuni osservatori, essere sufficiente al Cremlino per un cessate-il-fuoco e l’avvio di negoziati. Ma sarà così? Il prossimo 9 maggio ricorre l’anniversario della vittoria russa nella Seconda guerra mondiale. Si celebra la “Grande guerra patriottica“, lo sforzo per cacciare i tedeschi dal suolo russo e sconfiggere per sempre il nazismo. Il giorno giusto per celebrare una vittoria contro i nuovi, ipotetici, “nazisti” di Kiev. D’altro canto, i russi sembrano essersi disposti a una guerra lunga.

Immagine di Borodyanka, dintorni di Kiev, da Depositphoto con licenza editoriale a uso non commerciale. La mappa all’interno del testo è realizzata dall’autore, che si scusa per il risultato. 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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