Bozzhyra hotel

KAZAKHSTAN: Nessun hotel a Bozzhyra, là dove la natura diventa emozione

Nessun hotel verrà realizzato a Bozzhyra, uno dei luoghi più spettacolari e affascinanti dell’intero Kazakhstan. Una vittoria delle associazioni ecologiste ma non solo.

Non ci sarà alcun albergo a Bozzhyra, lo spettacolare complesso roccioso sull’altopiano Ustyurt nella regione occidentale di Mangystau. Per lo meno per ora.

E’ stato l’Akim regionale, il 12 aprile scorso, a dare la notizia che la società promotrice del progetto multimilionario, la Tethys Aktau IV, una joint venture pubblico-privata tra il magnate turco, Fettah Tamince e il governo kazako, aveva deciso di sospendere l’iniziativa. Si parla, pertanto, di sospensione e non di cancellazione.

Che cos’è la valle di Bozzhyra e che cosa prevedeva lo sviluppo

La valle Bozzhyra è l’alternanza di deserti argillosi e di creste calcaree mesozoiche che si stagliano, improvvise, sull’orizzonte formando picchi e bastioni rocciosi alti duecento metri, anche noti come “castelli di zucchero”. È ciò che rimane di un antichissimo fondale oceanico, la Tetide, modellato dal vento e dalla pioggia a formare un contesto paesaggistico e naturalistico tra i più suggestivi e spettacolari del paese, paragonato da molti alla Monument Valley americana. Il sito, oggi, è un’area naturale protetta, la riserva di Zhabayushkan.

Per visitarlo partendo dalla città più vicina, Aktau – distante quasi trecento chilometri – sono necessarie diverse ore di auto, prima di convergere lungo le piste sterrate che conducono ai posti più panoramici. Uno sforzo che vale la pena. È per questo che già da anni si carezza l’idea di costruirvi un complesso alberghiero che ne incentivi il turismo, relegato finora nelle mani di alcune piccole società che organizzano tour guidati piuttosto artigianali ma che non ne sfruttano appieno l’enorme potenziale.

Il progetto orginario della Tethys Aktau IV era quello di realizzare un “Ethno-aul”, un villaggio etnico-culturale con un centro visite, un hotel – il Bozzhyra Safari Hotel – cinquanta ville e, persino, un eliporto. Il tutto per un investimento stimato in 40 miliardi di tenge, oltre 80 milioni di euro.

Un percorso a ostacoli

Fin dal suo concepimento il progetto è stato osteggiato dalle associazioni ambientaliste che, da subito, si sono battute per scongiurarne la finalizzazione.

I primi risultati di questa lotta si erano avuti già alla fine del 2020, allorquando le pressioni esercitate dai gruppi ecologisti avevano indotto il presidente del Kazakhstan, Kassym-Jomart Tokayev, a chiedere la revisione integrale del progetto. Una revisione che aveva “costretto” la Tethys Aktau IV a riconsiderare, nel febbraio dello scorso anno, i propri piani, prevedendo la ricollocazione del complesso turistico al di fuori dell’area protetta, a una distanza di quattro chilometri da quella inizialmente pianificata.

Anche in quell’occasione, tuttavia, gli esperti dell’Associazione per la biodiversità del Kazakistan (ASBK) – un’associazione ambientalista che si batte dal 2004 per la conservazione sostenibile della diversità della fauna selvatica – aveva rilevato diverse carenze progettuali come quelle legate al fatto che nel prospetto l’opera non veniva integrata con le necessarie infrastrutture (strade, linee elettriche e condotte), esse stesse – al contrario – responsabili di un significativo impatto sull’ecosistema, specie sulla fauna locale.

Sempre secondo l’ASBK, inoltre, il progetto sarebbe stato sviluppato con “noncuranza e facendo riferimento a documenti obsoleti”. Una critica a tutto tondo che aveva indotto l’associazione a concludere che la valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto essere del tutto rigettata.

Una critica che aveva anche travalicato i confini nazionali con una manifestazione tenutasi a Parigi alla fine del febbraio scorso, col sostegno persino del due volte Premio Pulitzer, il fotografo statunitense, Paul Salopek, espressosi senza mezzi termini contro un’opera “mal congeniata e mal concepita” destinata inevitabilmente a “distruggere e impoverire l’ambiente”.

E’ davvero la vittoria di Davide contro Golia?

È evidente che la decisione di sospendere l’iniziativa sia, quantomeno in parte, connessa all’ostruzionismo anteposto dalle associazioni ecologiste. Ciononostante il rischio è quello di fornire una visione edulcorata della realtà, quella della vittoria di Davide contro Golia.

Assai più probabilmente dietro alla vicenda si celano, infatti, quelle lotte di palazzo tra l’attuale presidente della repubblica e il suo predecessore, Nursultan Nazarbayev, emerse drammaticamente nel corso degli scontri che sconvolsero il paese all’inizio dell’anno e che causarono centinaia di morti e la caduta del governo.

Fettah Tamince è un uomo che con l’ex-presidente ha fatto affari d’oro e firmato contratti multimilionari, soprattutto in campo immobiliare, fino a diventare l’imprenditore straniero più ricco di Kazakhstan. Le relazioni tra Tamince e Nazarbayev sono storicamente strettissime e molto intrecciate. L’ipotesi, quindi, che colpendo lui si voglia colpire l’ex plenipotenziario del paese è qualcosa di più di un semplice retro-pensiero.

 

Bonus Track – Note di viaggio a margine

(…) quando il sole si appoggia sull’orizzonte, la sera, lascia il posto al vento con un fruscio leggero, appena si sente, una specie di sentimento. È il vento che ti dice che qui una volta c’era il mare: soffia da occidente come a volerlo richiamare, riportarlo al suo posto, dov’era milioni d’anni fa, dov’era fino a ieri, solo un attimo fa. E tu sei là, attonito, e dove pensi di vedere sassi e rocce sono invece onde. E barche e scie e pesci argentati che saltano nella schiuma nel sogno del volo. Scintillano per un istante, poi si inabissano, poi ancora saltano e di nuovo spariscono. Non è magia e nemmeno fantasia, solo una danza antichissima, sento la musica nella mia testa. È così questo posto, infatti, un mare che non c’è, la negazione di una presenza. Ma sono proprio le ore della sera che ti permettono di immaginarlo ancora, quel mare, così forte che è come se fosse di nuovo lì, proprio lì, a lambirti i piedi, col blu delle sue acque sostituito dal rosso, dal giallo. Dall’arancione che incendia il bianco dei calcari, magnificamente ordinati in strati che hanno cristallizzato le onde, le conchiglie, i coralli, regalandogli una prospettiva in cui il tempo non si misura più, un per sempre minerale. Che poi può succedere che il beshbarmak sia freddo e la birra calda: ma non importa, no davvero. Perché nel bicchiere è facile vedere il mare e a fianco a te c’è il mare. Così bello che non sono capace di dirlo (…) (P. Aleotti – Diari kazaki).      

(Foto: Pietro Aleotti / East Journal)

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

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