Donbass genocidio

Le menzogne sul Donbass, dove fu il genocidio?

È il caso di rispondere una volta per tutte alle menzogne che vengono ogni volta sostenute dai governanti russi per giustificare l’aggressione all’Ucraina: parlano ogni volta di un fantomatico genocidio, anche di donne e bambini, che si sarebbe svolto in questi anni nel Donbass; benissimo, ci dicano dove e quando sarebbe avvenuto questo “genocidio” e ci mostrino le prove: con la potenza della loro ossessiva disinformazione, i russi avrebbero ricoperto di denunce i media anche per la morte di un singolo piccione, nel Donbass da loro occupato con le armi nel 2014. Dei famigerati 14mila morti nel Donbass si dimentica di dire chi sono, cioè per circa un terzo militari e paramilitari ucraini, per un terzo paramilitari russofili e soldati russi, e per l’ultimo terzo civili – di lingua ucraina e russa, indistintamente. Dov’è il genocidio?

La verità conclamata è che nel Donbass non sarebbe avvenuta nessuna guerra, se non l’avesse portata con le armi e i suoi mercenari la Russia. Possiamo ripetere qui il giudizio del grande giornalista Luke Harding: “Senza la Russia, nel 2014 non ci sarebbe stata nessuna guerra. Indubbiamente ci sarebbero state le tensioni tra il governo centrale di Kiev e le sue regioni orientali a maggioranza russa: una disputa politica su autonomia, devoluzione del potere, molteplici fallimenti dello stato ucraino e status della lingua russa, ma l’Ucraina non sarebbe caduta nel caos”. Ancora Harding: “Putin scatenò una guerra in Ucraina orientale, per quanto combattuta di nascosto, con soldati camuffati e agenti clandestini. Il conflitto che gravò sull’Ucraina nel 2014 non era, come affermò Mosca, una guerra civile. Si trattava in realtà di qualcosa di artificiale, una specie di Frankenstein creato a tavolino dal governo russo e portato alla vita dal brutale shock della forza militare e dell’invasione. Il GRU ebbe in questo un ruolo cruciale.”

Ora, a tutti i propagandisti che ripetono come pappagalli le vuote formule della disinformazione russa sarebbe il caso di chiedere prova di quanto affermano. Non è sufficiente enunciare formule gradite ai tanti neneisti solo per alzare l’audience con risse da pollaio.

Sono morti i poveri coscritti ucraini mandati a difendere il paese, con scarsi mezzi, contro soldati e mercenari professionisti. I 14mila morti ufficiali hanno un volto e un nome (qui il report delle Nazioni Unite), e sono morti a causa dei bombardamenti e del tiro indiscriminato che il territorio ucraino subisce da anni.

La responsabilità di questa tragedia ricade, oltre che sull’aggressore russo, che mandò interi autobus di mercenari capeggiati da Igor Girkin, sugli uomini fedeli all’ex presidente Yanukovich, vero ras della regione: la polizia a lui fedele non mosse un dito per fermare le proteste inscenate dalla Russia. Anche l’oligarca Rinat Akhmetov avrebbe potuto fermare gli scalmanati inviati e sobillati dalla Russia ma non volle farlo. Esistono di questo centinaia di testimonianze e decine di studi

Gli ammiratori di queste repubbliche del malaffare, che le hanno variamente confuse con dei paradisi di libertà, di socialismo, di difesa della tradizione, di opposizione all’atlantismo, non si sono mai recati personalmente ad ammirare i paradisi che tanto difendono. Se lo avessero fatto, avrebbero compreso la portata delle menzogne che con falsa autorità fanno circolare nel dibattito come dati di fatto.

Immagine da NARA e DIVDS public domain

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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