Kosovo unioni civili

KOSOVO: Il Parlamento dice no alle unioni civili

Il Kosovo dice no al riconoscimento delle unioni civili omosessuali. Bocciata la proposta di riforma del codice civile che lo prevedeva

In Kosovo è fumata nera per la proposta di riconoscimento delle unioni civili tra le persone dello stesso sesso. La bocciatura dell’articolo, inserito nell’ambito di una più generale riforma del codice civile, rappresenta una sconfitta cocente per il primo ministro, Albin Kurti, che ne era stato promotore e che lo aveva voluto inserire a emendamento del codice civile attuale che limita il matrimonio a “un’unione legalmente registrata di due coniugi di sesso diverso”.

I numeri del voto parlamentare del 16 marzo scorso certificano non solo una debacle schiacciante – solo ventotto dei 120 parlamentari hanno votato a favore – ma soprattutto una spaccatura all’interno del governo e, in particolare, di Vetevendosje (VV), il partito del premier, nonché l’azionista di maggioranza della coalizione al potere.

Una divisione suggellata dai dati, di loro già piuttosto espliciti, e ulteriormente rafforzata dalle dichiarazioni a caldo di alcuni dei parlamentari di Vetevendosje. Particolarmente dura, in questo novero, è stata Labinote Demi-Murtezi, che nel corso del dibattito parlamentare precedente il voto, aveva definito il matrimonio omosessuale “una depravazione e una degenerazione morale”, chiudendo platealmente ad ogni possibile mediazione; e spazzando via le parole con cui Kurti aveva arringato i colleghi affermando che i “diritti ci appartengono e appartengono a tutti”.

Il mondo religioso contro la legge

Se la legge fosse stata approvata, il Kosovo sarebbe stato il primo paese a maggioranza musulmana a intraprendere questa scelta. Il 90% della popolazione kosovara, infatti, è musulmana ma a far fronte comune contro l’iniziativa governativa è stato, trasversalmente, tutto il mondo religioso.

A valle di una riunione congiunta tenutasi alla vigilia della consultazione, i leader delle principali confessioni religiose del paese – il Gran Mufti, Naim Ternava, il vescovo cattolico, Dode Gjergji, il leader della Chiesa evangelica, Femi Cakolli e il capo della comunità ebraica Votim Demiri – avevano rilasciato, infatti, una dichiarazione unitaria in cui richiamavano la necessità della “tutela dei valori della famiglia dei valori pro-vita e dei valori tradizionali del matrimonio”, inquadrandoli in un presunto contesto di “diritto naturale di genere”.

La chiesa ortodossa serba, che rappresenta la comunità religiosa più cospicua nel paese dopo quella musulmana, non ha partecipato all’incontro e non si è espressa sulla legge.

L’amarezza delle associazioni

Un intervento così diretto del “fronte religioso” testimonia implicitamente quanto l’esito del voto non fosse così scontato alla vigilia. La capogruppo parlamentare di VV, Mimoza Kusari, si era infatti detta certa che il matrimonio omossessuale sarebbe stato “regolato dalla legge” e persino il capogruppo di uno dei partiti d’opposizione Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), Besnik Tahiri, aveva promesso sostegno all’iniziativa, salvo poi votare contro insieme ai suoi colleghi di partito.

Questa considerazione rende ragione, non solo della magnitudo della sconfitta del premier e dell’influenza del mondo religioso nella vita politica e sociale del paese, ma giustifica anche la reazione di profonda delusione che arriva dalle associazioni di genere. Delusione espressa nel corso di una manifestazione molto partecipata, organizzata all’indomani del voto parlamentare, dalle associazioni LGBT e Human Right Watch, al grido di “omofobi non avete posto in parlamento”, anche se sembrerebbe l’esatto contrario ad onor del vero.

Ancora Human Right Watch ha indirizzato una lettera alla presidente della Repubblica, Vjosa Osmani, e a Kurti, in cui li esortano “a porre fine all’esclusione delle coppie dello stesso sesso dal matrimonio” sottolineando come questo vuoto legislativo metta “a rischio le coppie dello stesso sesso e le loro famiglie in Kosovo”.

L’Europa

È stata Blert Morina, direttrice del Centro per l’uguaglianza e la libertà (CEL), a rimarcare amaramente che le obiezioni religiose non dovrebbero avere posto in una società laica sottolineando che si dovrebbe operare “secondo la costituzione, non secondo i libri sacri”.

E’ proprio la dicotomia tra la costituzione che sancisce che “ognuno ha il diritto a sposarsi e ad avere una famiglia” e il codice civile che, nei fatti, non applica appieno questa indicazione, che viene sottolineata da più parti. Ed è questo uno degli elementi che avevano indotto l’Unione europea, ormai anni fa, a chiedere una revisione profonda dal codice civile e a rimarcare, pochi giorni prima del voto parlamentare, come la mancata adozione del nuovo codice avrebbe avuto “ripercussioni negative su molti aspetti della vita dei cittadini e delle imprese del Kosovo, nonché sullo sviluppo economico generale del Kosovo”.

Ora non resta che vedere quale sarà la reazione del primo ministro: ma oggi il Kosovo non appare un paese pronto a una norma così lontana dalla sua tradizione conservatrice. Una situazione che lo accomuna a molti paesi della regione balcanica, con le sole eccezioni di Slovenia, Croazia e Montenegro, i soli capaci di approvare normative di unioni civili negli ultimi anni.

(Foto: Atdhe Mulla, https://prishtinainsight.com)

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

Leggi anche

Festival Sunny Hil

KOSOVO: Dua Lipa e il successo del festival Sunny Hill

Si è appena concluso in Kosovo il festival musicale organizzato dalla cantante Dua Lipa, che sta crescendo di importanza anno dopo anno. Il progetto della cantante di origini kosovare è a lungo termine e mira ad avere ricadute positive dal punto di vista artistico, economico ma anche politico

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com