Borisov arrestato

BULGARIA: Arrestato l’ex premier Borisov, finalmente

L’ex primo ministro bulgaro Bojko Borisov è stato arrestato a Sofia nella serata di giovedì 17 marzo. Insieme a lui è finito in manette anche l’ex ministro delle Finanze, Vladislav Goranov. L’arresto, avvenuto all’indomani di una visita lampo a Sofia di Laura Kovesi, a capo dell’Ufficio della Procura europea, è legato ad accuse di malversazione e irregolarità nell’uso di fondi europei.

La figura di Bojko Borisov è stata al centro di molteplici scandali giudiziari che hanno segnato gli ultimi quindici anni di politica bulgara. Borisov è stato a lungo padrone (ma certo non padre) del paese da quando, nel 2009, venne nominato primo ministro dopo aver portato alla vittoria il suo partito, GERB, di ispirazione conservatrice ma più che altro ricettacolo di torbidi che vanno dalla criminalità organizzata, al riciclaggio di denaro sporco, ai legami con oligarchi dalla dubbia moralità.

Il passato di Borisov è collegato all’emergere di organizzazioni criminali nate durante i primi anni della transizione post-comunista, e arricchitesi tramite le privatizzazioni dei settori strategici dello Stato. Solo le mafie avevano i soldi e le entrature necessarie per l’acquisto di simili beni, soldi che provenivano dai traffici e dal racket della sicurezza: molte “assicurazioni” fiorirono in quegli anni, offrendo “protezione” in cambio di denaro. Così ex agenti dei servizi segreti, trafficanti e boss, si sono uniti in una cupola criminale che presto ha salito i gradini del potere. Ci sono sospetti che persino il premier Borisov sia esponente di questi “interessi”. Non è un segreto che Borisov fosse bodyguard dell’allora presidente Zivkov e che sia stato il fondatore di una delle prime “assicurazioni” del paese. Persino dal Congresso degli Stati Uniti è stato indicato come pericolosamente vicino agli ambienti della mafia bulgara.

Borisov, obiettivo di numerose proteste popolari sin dal 2013, era da tempo nel mirino delle autorità giudiziarie ma ogni volta rispuntava vincitore grazie a un sistema di potere, di clientele, di interessi, che lo hanno reso per molti anni insostituibile. La sua parabola era in fase calante calante già da un paio d’anni, ma la pandemia ha giocato a suo favore. La proclamazione dello stato d’emergenza sanitaria ha bloccato le proteste che da mesi infiammavano il paese, garantendogli una relativa impunità.

Il sistema Borisov, fatto di corruzione, voto di scambio, rapporti con oligarchi e mafiosi, è ora finalmente giunto al tramonto. L’appropriazione indebita di fondi europei, che andava avanti da anni, è infine stata oggetto di inchieste da parte della Procura europea, un organo dell’UE operativo dal 2021 il cui scopo è indagare e perseguire frodi contro il bilancio dell’Unione. Guidata da Laura Kovesi, la procura europea sembra aver fatto la sua prima vittima eccellente.

foto di Arno Mikkor , via Flikr, licenza CC BY 2.0

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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