L’11 marzo scorso si è celebrato il 32° anniversario dell’indipendenza lituana e l’intero paese ha trasformato i festeggiamenti in una gigantesca manifestazione contro la guerra in Ucraina
Slava Ukraini, Gloria all’Ucraina. Così si concludono i videomessaggi di aggiornamento che il presidente Zelens’kyj condivide tramite i suoi canali social con la nazione e il mondo intero. Due semplici parole divenute oramai un grido di resistenza: lo stesso che pochi giorni fa riecheggiava per le strade di Vilnius, e dell’intera Lituania.
I festeggiamenti per l’indipendenza a sostegno dell’Ucraina
Il giorno 11 marzo, i lituani hanno celebrato la propria indipendenza dall’Unione Sovietica avvenuta lo stesso giorno di trentadue anni prima. Per l’occasione, molte persone sono scese in piazza a sostegno del popolo ucraino che, dal 24 febbraio, lotta incessantemente contro l’aggressione russa. Sin dalle prime ore del mattino le strade si sono riempite di migliaia di persone che si sono unite marciando e manifestando contro “un’operazione militare” come viene definita da Putin, “invasione” com’è giusto chiamarla, totalmente senza senso.
Una fiumana di persone si è riversata davanti al parlamento e per le vie principali della città, spinte da un senso di solidarietà basato su una forte memoria storica, sventolando le bandiere lituane, ucraine e di opposizione al regime bielorusso.
Il senso di vicinanza da parte della Lituania
La Lituania, di quanto sta accadendo in Ucraina in queste ultime settimane ne sa qualcosa. Con l’inizio della glasnost’ attuata da Michail Gorbačëv a partire dal 1986, il paese fu il primo tra le attuali repubbliche baltiche a dichiarare la propria indipendenza dall’Unione Sovietica. Questo accadeva l’11 marzo del 1990, ma l’allora presidente dell’URSS prese poco bene la notizia, tanto che nel gennaio dell’anno successivo mandò i suoi carri armati a Vilnius per ristabilire il regime sovietico e reprimere la ribellione. L’indipendenza della Lituania venne ufficialmente riconosciuta nel settembre 1991, a seguito del tentato colpo di Stato in Unione Sovietica, e l’ultimo battaglione russo lasciò il paese nel 1993.
La solidarietà delle repubbliche baltiche
Lituania, Estonia e Lettonia condannano fortemente la Russia per quanto sta accadendo in Ucraina. Tutte e tre le repubbliche sono entrate a far parte della NATO nel 2004, raggiungendo il primo obiettivo politico prefissato subito dopo il conseguimento dell’indipendenza, e nel 2014, momento della prima crisi in Ucraina, si sono subito distinte rispondendo con un supporto reale nei confronti del paese. Non parole come allora fece l’UE, ma con aiuti economici e umanitari.
Certo è che dietro al senso di solidarietà aleggia anche un po’ di timore. Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, nei giorni scorsi ha dichiarato che sarebbe proprio la Lituania il prossimo obiettivo di Putin. Non esistono prove a sostegno di tale affermazione ma la preoccupazione è palese, tanto che in Estonia, all’interno della base NATO di Tapa, ogni giorno si svolgono attività di addestramento ed esercitazioni per non arrivare impreparati.
Inoltre, l’Estonia ha espresso il suo sostegno chiedendo agli stati membri dell’ONU una no-fly zone per prevenire ulteriori vittime civili, ha chiesto ai paesi europei di sostenere la domanda dell’Ucraina per lo status di candidato ufficiale UE, e auspica un embargo commerciale globale alla Russia e alla Bielorussia. Una posizione sicuramente molto forte, frutto di un passato recente sotto il dominio dell’Unione Sovietica che i paesi baltici non hanno dimenticato.
La storia che si ripete
Oggi un altro paese europeo è stato attaccato. Non è più l’URSS di Gorbačëv, ma la Russia di Putin. La stessa Russia che ha incoraggiato la rivolta nel Donbass nel 2014 e che ha annesso in modo illegittimo il sud della Crimea, che ha occupato le regioni separatiste dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia in Georgia, che ha commesso indicibili crimini contro l’umanità in Cecenia e che sostiene il regime di Assad in Siria. La stessa Russia che arresta e uccide chi la pensa in modo diverso, che vive di informazione di propaganda e che è in grado di dividere perfino il suo popolo.
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