Le reazioni all’aggressione russa e l’empatia verso l’Ucraina che unisce le tre repubbliche baltiche a Kyiv
Tra le reazioni contro l’attacco russo all’Ucraina spiccano per veemenza quelle delle tre repubbliche baltiche. A Tallin, Riga e Vilnius sono scese in piazza migliaia di persone in quelle che sono state considerate le più grandi manifestazioni dai tempi dei moti per l’indipendenza dall’URSS e che dimostrano una forte empatia verso l’Ucraina.
Oltre ai cortei che hanno inondato le strade delle città, anche le azioni dei vertici politici baltici si sono distinte per una rapidità e una fermezza che non tutti i paesi europei possono dire di aver avuto, rallentati da dibattiti sugli interessi economici in gioco (si pensi all’Italia o alla Germania). Tallinn, Riga e Vilnius hanno, fin dal primo giorno di guerra, chiesto a gran voce l’espulsione della Russia dal sistema SWIFT oltre che all’attivazione dell’articolo 4 della Nato che, ad oggi, era stato invocato solo sei volte nella storia.
Inoltre sono state portate avanti azioni dal forte valore simbolico, come il cambio del nome della via che ospita l’Ambasciata Russa a Vilnius in Ukrainian Heroes Street o come il voto unanime del parlamento lettone sugli emendamenti alla legge sulla sicurezza nazionale che vietava ai lettoni di servire in forze armate straniere o fuori dal territorio. Vi sono anche state azioni di prospettiva, come il Comunicato Congiunto, firmato il 28 Febbraio dai tre paesi, che prevede uno sforzo comune per assicurare l’indipendenza energetica dalla Russia e che incoraggia l’accelerazione del processo d’integrazione di Kyiv alla rete elettrica europea.
L’Empatia storica verso l’Estero Vicino
L’alto grado di coinvolgimento dei baltici riguardo la situazione attuale non è soltanto figlio delle comprensibili paure di fare la stessa fine dell’Ucraina, ma anche della grande empatia verso l’Ucraina, con cui vi sono condivisioni culturali, storiche e demografiche (l’etnia ucraina, a causa del dislocamento di lavoratori sotto l’URSS, è la terza più popolosa dell’Estonia e la quarta della Lettonia). Una relazione empatica che connette Tallinn, Riga e Vilnius ai paesi dell’estero vicino russo e che non si scopre certo oggi.
I Baltici hanno sempre mantenuto relazioni speciali con i paesi dell’ex blocco sovietico, spendendosi, sin dal loro ingresso nelle istituzioni euro-atlantiche, per la promozione della democrazia e dei valori occidentali in quei paesi con cui hanno condiviso un passato dallo stesso lato della cortina di ferro. Estonia, Lettonia e Lituania hanno fatto loro il ruolo di ponte tra l’Occidente e quei paesi con cui hanno condiviso un doloroso passato. Ad esempio, fu forte e chiaro il supporto all’afflato europeista d’inizio millennio, come si osservò dal convinto appoggio dato alla rivoluzione arancione Ucraina del 2004 riassunto nelle parole dell’allora presidente lettone Vike-Freiberga:
“This Orange Revolution of Ukraine now takes its historic place alongside the Singing Revolution of Latvia, Lithuania and Estonia […] We would like to see Ukraine having closer relations with the European Union”.
Un impegno che si è istituzionalizzato nel ruolo pro-attivo che i tre stati baltici hanno avuto nella creazione del Partenariato Orientale dell’UE, varato nel 2009 con l’idea di raggiungere l’associazione politica più stretta possibile insieme ad un maggior grado di interazione economica con 6 paesi dell’Europa orientale accomunati dalla forte influenza russa (tra cui Ucraina e Georgia). Il partenariato è stato, dalla sua costituzione in poi, priorità delle politiche estere di Estonia, Lettonia e Lituania.
L’empatia sopracitata emerse con forza già nella crisi Ucraina del 2014, quando i paesi baltici si distinsero fin da subito come paesi “falchi” auspicanti una risposta severa dell’UE alla violazione russa del diritto internazionale. Tallinn, Riga e Vilnius si posero in posizione critica verso la lentezza delle risposte UE e agirono per via bilaterale assistendo le forze europeiste ucraine con un supporto non solo di dichiarazioni politiche ma anche di aiuti economici, umanitari e, nel caso della Lituania, anche militari.