I tre paesi baltici sono le uniche repubbliche ex sovietiche ad essere entrate, nel 2004, nella NATO. Ma come è stato possibile?
di Paul Poast, @ProfPaulPoast
La crisi ucraina ha messo in discussione l’espansione della NATO dopo la guerra fredda in Europa orientale, in particolare nelle ex repubbliche sovietiche. Ma come hanno fatto esattamente i paesi baltici a entrare nella NATO?
Estonia, Lettonia e Lituania sono le uniche repubbliche ex sovietiche nella NATO, di cui sono diventate membri nel 2004, insieme a Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia.
Né i sovietici né gli americani, nel 1990, probabilmente prevedevano l’espansione della NATO financo nelle ex repubbliche sovietiche. Il presidente russo Boris Eltsin aveva espresso chiaramente la sua opposizione. In un discorso del 1995 Eltsin affermava:
“Coloro che insistono su un’espansione della NATO stanno commettendo un grave errore politico. Le fiamme della guerra potrebbero esplodere in tutta l’Europa.”
Il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton sembrava fargli eco:
“Stiamo cercando di promuovere la sicurezza e la stabilità in Europa. Non vogliamo fare nulla che aumenti le tensioni”
Ma quando gli Stati baltici ottennero l’indipendenza dalla Russia nel 1991, l’adesione alla NATO divenne immediatamente il loro obiettivo politico. Il presidente lituano Algirdas Brazauskas fu così audace da “richiedere” direttamente l’adesione alla NATO tramite una lettera. Come disse l’allora ministro della Difesa lituano Audrius Butkevičisus in una successiva intervista: “Ciò di cui avevamo bisogno era una visione per l’impossibile”.
Fortunatamente per loro, i baltici non erano soli nel loro desiderio di migliorare la loro sicurezza e unirsi alla NATO (anche se senza promesse). I paesi nordici, in particolare la Danimarca membro NATO, desiderava aiutarli. La Danimarca, insieme agli altri paesi nordici, firmarono nel novembre 1991 la Dichiarazione di Mariehamn, che affermava:
“I paesi nordici dovrebbero cercare attivamente di influenzare gli sviluppi europei e di altro tipo… nel Mar Baltico e nella regione baltica”.
In altre parole, gli stati baltici dell’ex Repubblica Sovietica non potevano essere lasciati soli. La Danimarca prese l’iniziativa (in particolare il ministro degli esteri danese, Uffe Ellemann-Jensen). L’obiettivo era che i baltici, se possibile, entrassero nella NATO.
Poiché l’adesione immediata non era possibile, un primo passo era che i paesi baltici dimostrassero il loro valore aggiunto come membri. Verso la metà degli anni ’90, a causa delle guerre jugoslave, la NATO si stava concentrando sul dispiegamento di operazioni di mantenimento della pace.
Ciò rappresentava un’opportunità. La Danimarca, con l’aiuto degli altri paesi nordici e di alcune altre nazioni come il Regno Unito, Estonia, Lettonia e Lituania hanno formato il Baltic Peacekeeping Battalion (BALTBAT).
Il BALTBAT permise agli stati baltici di raggiungere tre obiettivi. In primo luogo, di ricevere forniture occidentali per ricostituire le loro forze armate. Come disse Garry Johnson, comandante in capo delle forze alleate del Nord Europa: “Partivano da zero“.
In secondo luogo, consentì ai paesi baltici di addestrarsi in un’area che poteva essere percepita come preziosa per la NATO (e preziosa anche per la Russia, poiché il mantenimento della pace nei Balcani era una priorità). Il loro primo schieramento sul campo fu al fianco della Danimarca.
Terzo, segnalò agli Stati Uniti, che i paesi baltici potevano essere buoni alleati se ammessi alla NATO. Come osservato in un editoriale del 1999 sul giornale norvegese Aftenposten, “il BALTBAT funziona quasi come una scuola preparatoria per l’adesione alla NATO”
Ciò pose le basi per l’ingresso dei paesi baltici nel “Partenariato per la pace” e quindi nel “Piano d’azione per l’adesione”.
Dopo l’11 settembre 2001 e la guerra in Afghanistan, i paesi baltici erano ansiosi di partecipare all’ISAF. Al vertice della NATO di Praga nel 2002, i 19 membri NATO accettarono l’adesione dei paesi baltici alla missione.
In qualche modo, gli Stati baltici perseguirono la stessa strategia della Turchia negli anni ’50: intraprendere azioni costose per dimostrare la volontà di essere un buon alleato della NATO (cosa che
Marina Henke descrive nel suo libro Costructing Allied Cooperation. Ciò ha spinto gli Stati Uniti a non preoccuparsi più delle reazioni russe all’adesione dei baltici alla NATO.
In effetti, i funzionari statunitensi avevano cambiato idea sulla questione alla fine degli anni ’90. Come ha osservato il vice segretario di stato degli Stati Uniti Strobe Talbott durante un discorso del 1997 a Stanford: “Senza mezzi termini, i russi devono superare la nevralgia su questo argomento”.
Quindi è così che sono “entrati” i Baltici. Come Andris Banca ha scritto per WarOnTheRocks nel 2019: “I paesi baltici si sono giocati loro la mano con maestria”. Un aiuto dalla Danimarca, alcune circostanze fortunate e molte iniziative di politica estera hanno permesso agli Stati baltici di essere le prime (e con molta probabilità le ultime) ex repubbliche sovietiche ad entrare nella NATO.