In seguito ai recenti eventi in Cecenia e alla reazione del Cremlino la domanda “Putin teme Kadyrov?” suona come una provocazione necessaria
Esattamente queste parole sono state rivolte da un giornalista di Bloomberg al portavoce del presidente Putin, Dmitrij Peskov, durante un incontro il 3 febbraio. La sua risposta è stata: “Perché il presidente della Federazione Russa dovrebbe temere il governatore di una regione russa?”. La stessa domanda se la sono posti in molti in seguito agli eventi che hanno visto coinvolti i membri della famiglia Jangulbaev, prima a Nižnij Novgorod e poi a Groznyj.
Il caso Jangulbaev
Il nuovo scandalo legato alla violazione dei diritti umani in Cecenia è iniziato a dicembra quando Abubakar Jangulbaev, al tempo membro dell’organizzazione “Comitato contro la Tortura”, aveva denunciato il rapimento di circa 40 parenti (poi diventati 50) proprio nella repubblica caucasica.
La sventure di questa famiglia però sono iniziate molto prima con il tentativo da parte di quello che sarebbe il Consiglio Superiore della Magistratura ceceno di licenziare Said Jangulbaev, padre di Abubakar e giudice della corte suprema cecena dal 2012 al 2015. In quell’anno infatti, dopo un faccia a faccia col leader ceceno Ramzan Kadyrov, da cui era stato portato, a suo dire, forzatamente dalle autorità cecene, Said Jangulbaev riesce a ottenere che il licenziamento sia tramutato in dimissioni. Questo gli ha permesso di mantenere dei privilegi legati alla nomina di ex giudice della Corte Suprema, tra cui l’immunità. Le ragioni di questo atto da parte delle autorità cecene vanno ricercate nella partecipazione di un altro figlio di Jangulbaev, Ibragim, alla creazione di un gruppo di opposizione sul social russo VKontakte.
Nonostante la perdita della carica, la famiglia decide di rimanere in Cecenia, lottando tramite vie legali per la liberazione del figlio Ibragim, accusato di disturbo della quiete pubblica e poi di incitamento all’odio (art 282 del Codice Penale), con il supporto del “Comitato contro la Tortura”. Nel 2017 le condizioni mediche di Ibragim finirono per provocare l’intervento dell’allora direttore del Consiglio per i Diritti Umani presso il Presidente della Federazione Russa, Michail Fedotov, e della Commissaria per i diritti umani Tat’jana Moskal’kova.
Abbandonata la Cecenia, la famiglia si trasferisce a Pjatigorsk e poi a Nižnij Novgorod, dove poche settimane fa, il 20 gennaio, è stata rapita la moglie del giudice Jangulbaev. Prelevata da unità cecene, col supporto (o nell’indifferenza) delle autorità locali che non hanno rifiutato di rispondere alle richieste di aiuto della famiglia, è stata portata a Groznyj. La donna, malata di diabete, è stata trasportata con la forza, senza possibilità di coprirsi e senza insulina. Dai video emersi pare che abbia persino perso coscienza, fatto che contrasta con l’affermazione di Kadyrov per cui ha quasi causato la perdita di un occhio di un membro delle forze dell’ordine (accusa che le è stata effettivamente mossa in tribunale).
La missione delle forze cecene è però riuscita solo parzialmente in quanto l’immunità dell’ex giudice ne ha impedito il trasporto forzato. Per risolvere la questione, il 3 febbraio Collegio di Qualificazione dei Giudici ceceno ha votato per privare Said Jangulbaev, che è ora fuggito all’estero, della carica di giudice. La moglie invece, trasportata a Groznyj in qualità di testimone, rimane sotto accusa per disturbo della quiete pubblica ed estremismo.
La ragione della persecuzione nei confronti della famiglia è con ogni probabilità da ricercarsi nel legame dei figli col canale di opposizione 1ADAT che racconta le violazioni dei diritti umani in Cecenia per screditare Kadyrov e il suo regime che vengono criticati, con implicite tendenze indipendentiste, anche perché imposti dal governo centrale russo. Sebbene i figli di Jangulbaev neghino alcun rapporto col canale, il sito filo governativo RIA FAN ha pubblicato delle conversazioni, ottenute illegalmente, e dei video che dimostrano abbastanza inequivocabilmente il coinvolgimento dei fratelli Jangulbaev col canale 1ADAT (bloccato in Russia per decisione di un tribunale di Groznyj)
La reazione cecena e del Cremlino
In questi giorni, diverse esternazioni di funzionari ceceni (tra cui un deputato) hanno provocato persino l’intervento del sempre meno efficace Consiglio dei Diritti Umani, ora presieduto da Valerij Fadeev, che ha chiesto alle autorità federali di togliere la giurisdizione al potere giudiziario ceceno data la sensibilità del caso. Il 2 febbraio una serie di membri del governo e militari hanno esortato in un video a decapitare i membri della famiglia Jangulbaev. Il giorno precedente un deputato ceceno alla Duma di Stato aveva utilizzato paroli simili; in risposta Peskov aveva dichiarato che “la vendetta di sangue è una tradizione per quella regione; ma è una tradizione che non trova riscontro nella legislazione russa” (ma anzi è inclusa tra le aggravanti). Sicuramente meno raccapricciante ma non meno grottesca è stata poi la manifestazione non autorizzata contro la famiglia Jangulbaev nella piazza centrale di Groznyj in relazione alla quale il Rospotrebnadzor (autorità sanitaria) ha dichiarato che non sporgerà denuncia e non ci sarà un ulteriore “caso sanitario” come quello relativo alle proteste a favore di Naval’nij a Mosca e San Pietroburgo nel gennaio 2021. Stando alla propaganda statale avrebbero partecipato circa 400.000 individui ovvero tutta la popolazione adulta maschile della Cecenia, in una piazza che, secondo calcoli della Novaja Gazeta, non può ospitare più di 250.000 individui.
Lo stesso Kadyrov il 24 gennaio su Instagram aveva accusato la famiglia Jangulbaev, la giornalista della Novaja Gazeta Elena Milašina (che ha temporaneamente abbandonato la Russia) e i corrispondenti del canale Dožd’ di essere complice dei terroristi. Il portavoce di Putin ha invitato a leggere le affermazioni come dichiarazioni personali di Kadyrov, che tra l’altro il 2 febbraio è stato ricevuto in visita ufficiale a Mosca da Putin per discutere di questo tema e dello sviluppo della regione, e non in qualità di capo di una regione della Federazione Russa. Peskov ha inoltre esortato i destinatari delle accuse a risolvere la disputa in sede giudiziaria. Proprio queste scenette fantozzian hanno spinto il corrispondente di Bloomberg a porre la domanda che dà il titolo a questo pezzo. La risposta è che sicuramente di Kadyrov in Cecenia c’è ancora bisogno per mantenere “stabilità” tramite il terrore e che le autorità a Mosca sono disposte a lasciargli ampissima autonomia, come dimostrato da questi eventi. La paura è quella di un ritorno alla spirale di violenza della fine del secolo scorso.
Immagine: Cremlino