North Stream 2

NORD STREAM 2: Un futuro incerto dopo l’addio di Merkel

Nord Stream 2 era pronto all’avvio, ma l’ente regolatore tedesco per l’energia lo ha sospeso. A Berlino, nel frattempo, si temporeggia…

I lavori di costruzione del controverso gasdotto Nord Stream 2 sono terminati lo scorso 6 settembre. E intorno a metà dicembre la proprietaria dell’infrastruttura, una controllata del colosso statale russo Gazprom, ha avviato il riempimento del secondo ramo. Il nuovo gasdotto è di fatto pronto a trasportare verso la Germania, e quindi verso l’Europa, fino a 110 metri cubi l’anno di gas russo, raddoppiando la portata esistente dal 2011. Ma la messa in servizio sembra di nuovo in discussione.

Nel corso degli anni infatti il progetto ha incontrato resistenze e battute d’arresto. L’ultima avviene in concomitanza dell’insediamento del nuovo governo tedesco. Le tre componenti (socialdemocratici, verdi e liberali) stanno cercando di definire una posizione comune, ma alcuni punti di rottura sono già emersi.

L’imbarazzo dei social-democratici

Il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz (SPD) sembra particolarmente in difficoltà: sotto pressione degli altri leader europei (che si preparano a eventuali nuove sanzioni americane su Nord Stream 2 a causa della mobilitazione delle truppe russe al confine ucraino), il leader socialdemocratico ha sviato eventuali responsabilità. Scholz ha infatti ricordato ai colleghi che l’approvazione del gasdotto è ora in mano all’ente regolatore tedesco per l’energia, visto che il consorzio che lo gestisce ha sede in Svizzera e avrebbe dovuto invece creare una compagnia sussidiaria soggetta alla legge tedesca. Tuttavia, le esitazioni e l’imbarazzo del cancelliere, comuni a molti socialdemocratici, sono principalmente dovuti alla precedente partecipazione della SPD alla Grande Coalizione guidata da Merkel, che sin dal principio ha sostenuto senza riserve il progetto.

La contrarietà dei verdi

Sicuramente più decisa è la posizione di Annalena Baerbock, ministro degli Affari esteri e co-presidente dei Verdi, tendenzialmente contrari al gasdotto. A suo avviso Nord Stream 2 non rispetterebbe le norme europee sull’energia (il principio europeo di “accesso non discriminatorio”, ad esempio, implica che tutti i produttori di gas dovrebbero avere accesso al gasdotto). Inoltre, Baerbock ha avvisato che, in caso di escalation in Ucraina, il progetto sarebbe sospeso.

I liberali della FDP preferiscono rimettersi all’Europa: considerata la dipendenza energetica del continente da soggetti terzi, l’UE dovrebbe guardare alla politica energetica come ad un ramo della sua politica estera e di sicurezza. Inoltre i liberali chiamano in causa la questione dei diritti umani ed il caso Navalny.

I timori dei paesi a est

Siamo lontani dunque dall’appoggio incondizionato del vecchio governo. La Stabilitätskultur (“cultura della stabilità”) divenuta dogma di Stato, Merkel aveva preso il progetto sotto la sua ala, inflessibile di fronte alle crescenti critiche di alcuni paesi europei e di Washington.

I due rami di Nord Stream posano infatti sui fondali del Baltico. L’Ucraina, che costituisce da sempre la porta d’accesso del gas russo in Europa, è fortemente contraria al gasdotto: oltre alla perdita di una leva di potere verso la Russia, Kiev rischia di perdere quei 2-3 miliardi di dollari (circa il 3% del suo PIL) di tasse di transito che incassa annualmente da Mosca.

Tra i quattro di Visegrad le posizioni sono più sfumate, malgrado la generale preoccupazione circa il destino di Kiev e la stabilità geopolitica dell’intera zona. La Repubblica Ceca riconosce i meriti di Nord Stream 2. Anche l’Ungheria, sebbene parzialmente minacciata dal progetto (visto il ruolo del Paese nel transito del gas proveniente da sud), antepone alle perplessità i vantaggi di un ulteriore punto di accesso energetico in Europa – e l’amicizia con Putin. Al contrario, la Slovacchia teme che la nuova infrastruttura possa indurre Gazprom a rivedere alcuni contratti con delle compagnie slovacche che assicurano minime quantità di gas che transitano per il paese. Chi non ci sta è la Polonia.

La posizione polacca (e americana)

Varsavia si è sempre mostrata contraria al progetto; qualsiasi iniziativa russo-tedesca che la escluda è d’altronde temuta dai polacchi, per chiare ragioni storiche. Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo e candidato alle prossime elezioni polacche, ha apertamente contestato le scelte di Merkel, considerata impotente di fronte alle lobby industriali tedesche.

Anche il partito di governo Diritto e Giustizia (PiS) è fortemente contraria al progetto. Il suo leader, Jaroslaw Kaczynski, seppur sottolineando l’importanza dell’alleanza con gli USA, ha criticato l’atteggiamento distensivo di Joe Biden nei confronti della Germania.

Ad ottobre, infatti, Biden ha ritirato le sanzioni contro il progetto, appellandosi alla riconciliazione con la Germania dopo quattro anni di trumpismo. Ma secondo vari democratici e repubblicani, si tratta di una mossa sprovveduta: la conseguenza sarebbe lasciare mano libera a Putin di destabilizzare o di invadere l’Ucraina. Con l’aggiunta che l’Europa rischia di ritornare troppo dipendente dalle furniture russe.

Foto: Euractiv

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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