Per la Polonia il disertore rifugiato in Bielorussia è «un ragazzo con problemi», mentre dalla tv di Stato di Minsk accusa gli ex commilitoni
Da un lato la bandiera della Polonia strappata dalla divisa durante un’intervista alla televisione bielorussa. Dall’altro lato l’accusa di diserzione che può costargli fino a dieci anni di carcere e la diffusione di notizie poco lusinghiere. Continua così il caso di Emil Czeczko, il 25enne militare polacco che ha chiesto asilo politico alla Bielorussia in segno di protesta, secondo la versione ufficiale di Minsk, per come l’esercito polacco tratta i migranti che cercano di superare il confine.
L’attacco della propaganda bielorussa
In Bielorussia non ci hanno pensato due volte a usare il ragazzo nella guerra di propaganda contro la Polonia. Il giorno dopo la scomparsa è stato intervistato su Belarus 1, canale della televisione di stato. Vestito ancora con l’uniforme polacca, ha raccontato di aver visto i suoi commilitoni sparare a volontari e migranti, e ha parlato di «corpi sepolti nel terreno o fatti a pezzi dai lupi». A un certo punto ha poi staccato la bandiera dalla divisa sottolineando: «Non indosserò più questa bandiera perché ho letto quello che la Polonia ha detto di me. Ora posso solo buttarla nel water».
La risposta polacca
Il ministero della Difesa polacco dall’altro lato ha invece rivelato i problemi legali che hanno preceduto la fuga in Bielorussia di quello che, per la legge locale sulla privacy, i media ora possono citare solo come Emil Cz. Il ministro Mariusz Błaszczak ha spiegato che aveva «seri problemi legali» con l’esercito, che avrebbe dovuto lasciare a breve. «Non avrebbe mai dovuto essere inviato a servire al confine», ha aggiunto inoltre Błaszczak, che ha rimosso tre ufficiali dai loro incarichi per il caso Czeczko. Se rientrasse in Polonia e venisse processato, rischierebbe per la sola diserzione fino a dieci anni di carcere.
Un portavoce della polizia militare ha inoltre confermato a Gazeta Wyborcza che il soldato a settembre era stato condannato a sei mesi di carcere per aver abusato di un membro della sua famiglia, ma, avendo presentato ricorso, era in attesa dell’udienza fissata a fine dicembre. Nel “curriculum” del 25enne ci sarebbe inoltre un arresto per guida in stato di ebbrezza.