Romania nuovo governo

ROMANIA: Nasce il nuovo governo, e già traballa

Una nuova ed improbabile coalizione di governo è nata in Romania lo scorso 25 novembre. Nicolae Ciucă, generale dell’esercito, guiderà la coalizione formata dai liberali del PNL, i socialdemocratici del PSD ed il partito della minoranza magiara in Romania (UDMR). Ciucă verrà sostituito tra un anno e mezzo da un esponente del PSD.

La nascita del governo, supportata da 318 voti favorevoli e 126 contrari, pone fine a una crisi politica durata tre mesi, periodo nel quale la Romania ha affrontato la sua più grave ondata di coronavirus, letale in un paese dove, a inizio dicembre, meno di un terzo della popolazione era completamente vaccinata.

Nasce così, esattamente come in Italia, un governo di unità nazionale che raccoglie spiriti diversissimi e partiti nemici. Ma dalle parti di Bucarest non è una novità. Il nuovo governo ha di fronte a sé sfide di enorme portata: rafforzare la fiducia nelle istituzioni in una popolazione tradizionalmente scettica nei confronti dello Stato, anche al fine di portare avanti una campagna di vaccinazione rapida; gestire i fondi del NextGenerationEU provenienti da Bruxelles, evitando che questi siano oggetto dell’endemica corruzione nel paese; investire sulle infrastrutture, tematica ricorrente in tutte le campagne elettorali di tutti i partiti, ed in particolar modo sulle autostrade, considerato lo stato tragicomico di queste in Romania.

L’intramontabile PSD

Protagonisti del nuovo governo sono i socialdemocratici del PSD. Dopo la netta flessione alle elezioni del 2019, a causa degli scandali legati al suo leader, Liviu Dragnea, arrestato nel maggio del 2019 per abuso d’ufficio e rilasciato a luglio 2021, i sondaggi danno il PSD al 40%. Nulla di sorprendente per un partito che è riuscito con relativa facilità a sormontare i numerosissimi scandali, soprattutto relativi alla corruzione, che lo hanno coinvolto. La nuova direzione sta cercando di distanziarsi dall’oscuro passato del partito, nonostante il PSD sembri rinnovarsi con difficoltà e lentezza: volti nuovi ce ne sono, ma parte del partito resta ancora attaccata a Dragnea. Soprattutto dopo che, durante i suoi anni al potere, il leader aveva ripetutamente strizzato l’occhio ai nazionalisti e ai conservatori, facendo spesso riferimento a valori tradizionali come la famiglia e la patria.

Ma il PSD può permettersi questo ed altro. Il suo elettorato è anziano, rurale e poco istruito, ma fedelissimo, tanto che garantisce da sempre al partito almeno un terzo dei bollettini alle urne. Ma la sfida dell’elettorato urbano, giovane ed europeista, può rappresentare una seria minaccia per i disegni egemonici del partito negli anni a venire. Se vuole continuare ad essere il deus ex machina della politica rumena, il partito dovrà per forza di cose rinnovarsi. Nell’immediato, l’unico ostacolo per i socialdemocratici potrebbe essere il nuovo partito fondato da Dragnea, l’Alleanza per la Madrepatria, che potrebbe drenare parte dei suoi voti.

I liberali di fronte ad un’impasse

Dopo aver provocato la caduta del governo uscente, i liberali del PNL non hanno avuto altra scelta che allearsi con gli odiati socialdemocratici. Una scelta mal digerita dall’elettorato liberale che ha causato qualche problema anche dentro al partito, con l’uscita dell’ex leader Ludovic Orban. Si è però trattata di una scelta obbligata per evitare le urne in un momento in cui i sondaggi sono sfavorevoli. Inoltre le recenti dimissioni di Florian Roman, ministro della Ricerca, dell’innovazione e della digitalizzazione, colui che avrebbe dovuto gestire i soldi provenienti da NextGenerationEU), a seguito di accuse relative alla veridicità del suo curriculum e al plagio di alcuni articoli accademici, non ha giovato all’immagine del partito.

Nonostante il nuovo capo dell’esecutivo, Nicolae Ciucă, abbia sottolineato il tentativo dei due partiti di mettere da parte l’orgoglio partigiano e le rivalità, in pochi credono che questo governo possa accompagnare la Romania fino alle elezioni parlamentari del 2024. Il paese però non può permettersi una nuova crisi politica e la popolazione è ormai stanca e disinteressata di fronte ai giochi dei partiti: basterà questo a tenere unito il governo?

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Al momento svolge un dottorato in Scienze Politiche e Sociologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa sulle coalizioni rosso-brune in Europa centro-orientale. Scrive su East Journal dal dicembre 2021.

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