Russia ultimatum

RUSSIA: Ultimatum all’occidente. Le richieste per non invadere l’Ucraina

La Russia lancia il suo ultimatum all’Occidente e detta condizioni irricevibili per evitare l’invasione dell’Ucraina…

Il ministero degli Esteri russo ha pubblicato due documenti, il primo indirizzato agli Stati Uniti, il secondo alla NATO, in cui si elencano le richieste di Mosca per non invadere l’Ucraina. Il linguaggio diplomatico, che parla di “allentare le tensioni in corso”, nasconde a malapena quello che, nei fatti, è un vero e proprio ultimatum. Dopo avere ammassato per settimane truppe alla frontiera tra Ucraina e Russia, dopo aver decretato l’annessione economica del Donbass, adesso il Cremlino – pistola alla mano – invita (o intima?) a sedersi al tavolo delle trattative.

Le richieste di Mosca

I contenuti dell’ultimatum sono, ovviamente, una provocazione. Mosca sa benissimo che non possono essere accettati. Le richieste, infatti, prevedono – da un lato – una garanzia scritta che Ucraina e Georgia non entrino mai nella NATO e – dall’altro – che la NATO sbaracchi da Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, e da tutti i paesi entrati nell’Alleanza Atlantica dopo il 1997. Si tratta, in pratica, di quasi tutta l’Europa centro-orientale, dal mar Baltico al mar Nero, dall’Estonia alla Bulgaria, passando per Slovacchia, Romania, Albania, Montenegro, Macedonia e persino Croazia.

La trappola è tesa

Il Cremlino quindi ha teso la sua trappola. Se l’Occidente non si vorrà aprire al negoziato, fornendo precise garanzie, ecco che Mosca avrà gioco facile ad attribuirgli le responsabilità di un’eventuale aggressione all’Ucraina. Aggressione che, c’è da giurarci, sarà venduta dalla propaganda come una “legittima difesa” nei confronti dell’imperialismo atlantico.

Un buonsenso apparente

In molti crederanno alla propaganda, con l’effetto di dividere l’opinione pubblica occidentale e destabilizzare l’Europa. Anche perché può apparire una richiesta legittima, e persino di buon senso, quella di creare un’area demilitarizzata tra Russia e Occidente, ma perché questa non deve coinvolgere la Bielorussia o riguardare i missili Iskander che dall’exclave di Kaliningrad puntano dritti su Varsavia e sul Baltico?

Così come può sembrare assennato pretendere che un paese come l’Ucraina, da sempre cerniera tra le rispettive sfere di influenza russa e occidentale, resti libero dall’influenza militare della NATO ma allora bisognerebbe restituire la Crimea e smetterla di sostenere le milizie nel Donbass. Allo stesso modo la Russia dovrebbe riconsegnare alla Georgia i territori dell’Abcasia e dell’Ossezia meridionale, illegalmente occupati, e smantellare la Transnistria restituendola alla sovranità moldava. Niente di tutto questo traspare, nemmeno in filigrana, nelle richieste diffuse da Mosca.

Non è un negoziato

Ecco allora che non dobbiamo confondere l’ultimatum di Mosca con un negoziato. La richiesta di garanzie scritte, l’appellarsi ai trattati, è ancor meno credibile se pensiamo che un trattato, sull’Ucraina, c’era già, ed è il Memorandum di Budapest del 1994, con il quale l’Ucraina accettò di smaltire l’enorme scorta di armi nucleari che aveva ereditato in seguito alla dissoluzione dell’URSS in cambio di garanzie sulla propria indipendenza e integrità territoriale. Promesse che proprio Mosca, con l’annessione della Crimea, non ha mantenuto. La potenza che straccia i trattati, ora chiede garanzie scritte. L’odore dell’inganno si sente da lontano.

Logiche da potenza in declino

Il Cremlino non ha alcuna volontà di raggiungere un nuovo equilibrio mondiale – necessario, dopo la fine di quello sancito a Yalta – ma intende al contrario cercare una giustificazione internazionale all’eventuale invasione dell’Ucraina. Come già in passato, si mette con le spalle al muro la controparte, si cerca la diplomazia solo dopo aver caricato le armi, si fanno minacce travestendole da richieste. Cent’anni fa, a Belgrado, ricevettero simili “richieste”, e qualche decennio dopo toccò a Praga. Il Cremlino vive ancora in quel mondo, è una potenza ‘analogica’, che non è dotata di quei moderni strumenti di pressione e aggressione – finanziari, economici, sociali – di cui dispone la controparte occidentale. Il Cremlino è una potenza revisionista in declino, e per questo brutale e grossolana.

Un nuovo equilibrio mondiale?

Un nuovo equilibrio mondiale, ispirato al multipolarismo, capace di rivedere istituzioni internazionali ormai obsolete nell’ottica di una pacificazione globale, è ciò cui la Russia dovrebbe ambire. L’ordine stabilito a Yalta è finito con la caduta del Muro, e l’unipolarismo americano è evidentemente superato dall’emergere di potenze nuove e sfide inedite.

Ma, per raggiungere i propri obiettivi, la Russia di Putin ha scelto di portare avanti un’ambiziosa politica di potenza che, tuttavia, non trova sbocchi. Il protagonismo russo in Medio Oriente, in Libia, nel Mediterraneo orientale, è parte di questa strategia. Pensare di risolvere la crisi ucraina senza mettere mano anche a quei dossier, è ingenuo. Sia da parte di Mosca, sia da parte occidentale. Ma – come i recenti fatti dimostrano – a nessuno interessa davvero costruire un nuovo equilibrio internazionale. Meglio giocare ai soldatini sulla testa di piccoli popoli.

Immagine su Licenza Pixabay

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. Proporrei alle parti in causa una bella base missilistica a Cuba e ancora qualcuna sempre da quelle parti. Così, tanto per pareggiare i conti.
    Sembra abbastanza equo.

  2. Massimo Armellini

    La solita russofobia di bassa lega. È questa NATO aggressiva ed ipertrofica che – in barba a tutte le rassicurazioni, putroppo solo verbali di Baker date all’ingenuo Gorbaciov nel febbraio 1990 – è avanzata sino a meno di 150 km da San Pietroburgo e ora, assorbendo un’Ucraina di fatto banderista, vorrebbe piazzarsi a 400 km, senza barriere naturali, da Mosca stessa. Cioè a portata di zanna della giugulare stessa della Russia. Con ciò rendendo praticamente vana, per mancanza di tempi di reazione utili, qualsiasi contromisura missilistica russa. A maggior ragione dopo l’uscita degli USA nel 2019 dal trattato sui missili a medio raggio siglato nel dicembre 1987. È una situazione rovesciata ma pressoché analoga a quella della crisi dei missili di Cuba del 1962 quando gli USA di Kennedy teagirono con decisione. E sarebbe la Russia ad essere aggressiva?

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