Dopo aver raggiunto il vertice tra ottobre e novembre, la crisi umanitaria al confine tra Polonia e Bielorussia sembra ormai arrivata ad una fase di stallo. I tentativi di ingresso da parte dei migranti, iniziati nel mese di agosto, si sono significativamente ridotti nell’arco delle scorse settimane, complici le difficili condizioni meteo che rendono l’attraversamento troppo pericoloso. Le tensioni politiche, tuttavia, non sembrano destinate ad arrestarsi per quella che appare, a tutti gli effetti, una crisi umanitaria creata a tavolino per fini politici.
Stato di emergenza
Lo scorso settembre il Sejm ha dichiarato lo stato di emergenza a causa della situazione al confine con la Bielorussia. La dichiarazione, che ha fornito il pretesto giuridico per limitare a giornalisti e ONG l’accesso alle zone coinvolte, è stata rinnovata a inizio ottobre ed è scaduta proprio in questi giorni, rendendo necessaria la rapida approvazione di una legge ad hoc, che consente l’accesso alla frontiera ai giornalisti autorizzati e sotto la vigilanza della polizia di frontiera. La Polonia, tuttavia, non è l’unico Stato ad aver adottato misure del genere: in Lituania, che ha già dichiarato a novembre lo stato di emergenza alla frontiera con la Bielorussia, il governo ha chiesto l’estensione degli effetti della dichiarazione anche per l’area al confine con la Polonia. Ma quali sono, effettivamente, i numeri della crisi migratoria in corso?
I numeri della crisi
Il 5 dicembre una donna curda, al quinto mese di gravidanza, è morta per ipotermia dopo aver attraversato il confine con la propria famiglia. Sono 21 i migranti deceduti o scomparsi nel tentativo di arrivare in Europa. La temperatura registrata in questi giorni nella foresta di Biebrza, che segna il confine tra i due Stati, difficilmente supera i 2° C e scende anche parecchio sotto lo zero durante la notte. Testimonianze riferiscono di profughi gettati nel fiume dalla polizia bielorussa e di famiglie respinte oltre frontiera, senza cibo né medicine. La crisi umanitaria, quindi, non può che aggravarsi, ma non è la crisi raccontata da Varsavia.
Il governo, strategicamente, riferisce di circa 30mila tentativi di attraversamento (senza mai fare riferimento alle persone) della propria frontiera dallo scorso luglio ad oggi. Stime più accurate riferiscono di non più di 4mila e massimo 6mila persone da luglio ad oggi, senza alcuna altra opzione reale che non tentare fino alla fine l’ingresso in UE. Per restituire la reale dimensione dell’emergenza in atto, in Italia nello stesso periodo sono arrivati quasi 50mila migranti, 10 volte tanto. Eppure, il fenomeno ha gettato le basi per la dichiarazione di uno stato d’eccezione inedito di cui il governo non si è avvalso nemmeno per la pandemia da covid19, che attualmente sta raggiungendo livelli da record nel Paese. Una crisi, evidentemente, utile non solo a Lukashenko ma anche al PiS per uscire dall’isolamento con Bruxelles.
La falla nell’Unione
“Minsk fa terrorismo di stato attraverso i migranti”: così ha dichiarato ad una conferenza il premier Morawiecki. I profughi come arma, minaccia alla sicurezza nazionale e alla stabilità delle frontiere. Delle 5-6mila persone provenienti da Iraq, Afghanistan e Siria bloccate alla frontiera con l’Europa, tuttavia, nessuno sembra volersi fare carico. In questo, la strategia di Lukashenko ha dimostrato tutta la propria efficacia diplomatica. La telefonata di Angela Merkel, che ha sempre rifiutato conversazioni a tu per tu con il dittatore di Minsk e 5 anni fa aveva annunciato di accogliere 1 milione di rifugiati siriani, è uno smacco per l’Unione che aveva adottato pesanti sanzioni contro la Bielorussia. La stessa Unione Europea, però, stringe accordi con la Turchia e la Libia per “arginare la crisi migratoria” attraverso sistematiche violazioni dei diritti umani. La stessa Unione che non è ancora riuscita a modificare il Regolamento di Dublino per superare il criterio, irragionevole quanto disonesto, del primo Stato di arrivo per chiedere la protezione internazionale. Lukashenko ha centrato la sostanziale impossibilità dell’Unione Europea di affrontare il fenomeno migratorio senza isterie. Ha colto una falla nell’Unione, ed è su questa falla che farà leva affinché la crisi termini con la propria vittoria diplomatica, l’uscita dall’isolamento politico ed economico che grava su Minsk da oltre un anno.
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