In Montenegro continua la fase di instabilità politica iniziata dopo le elezioni dell’agosto 2020, quando una variegata coalizione di forze di opposizione era riuscita a interrompere il pluridecennale governo del Partito Democratico dei Socialisti (DPS) del presidente Milo Đukanović.
L’attuale governo tecnico, guidato da Zdravko Krivokapić, si trova nel momento di maggiore difficoltà degli ultimi mesi, dopo che il Fronte Democratico (DF), una delle principali forze che sostengono la coalizione, sembra volere rinegoziare il proprio appoggio alla formazione governativa. Intanto, le opposizioni legate a Đukanović hanno presentato una mozione di sfiducia, e sperano in un possibile “ribaltone”.
Un rapporto complicato
Il DF è in questo momento il maggiore elemento di instabilità nel governo Krivokapić. Il partito filoserbo è una delle forze fondamentali del blocco conservatore “Per il futuro del Montenegro” (ZBCG), detenente 26 seggi che, insieme ai 4 di Azione Unitaria per le Riforme (URA), ai 10 di “La pace è la nostra nazione” (MNN) e a un parlamentare indipendente, permettono all’attuale governo di raggiungere i 41 voti (sugli 81 totali) necessari per esercitare la maggioranza in parlamento.
La direzione del DF è, però, da mesi molto critica con il premier Krivokapić. A parole, il partito non sostiene più il governo, pur non avendo finora preso azioni concrete in questa direzione. In particolare, il DF contesta il fatto di non avere propri rappresentanti all’interno del governo, composto interamente da tecnici, non legati, perlomeno formalmente, ad alcun partito. Il DF, pur vicino esso stesso alla Chiesa Ortodossa Serba del Montenegro, contesta al premier Krivokapić i legami con le gerarchie ecclesiastiche, che influenzerebbero eccessivamente la sua politica. Un ulteriore punto di distanza riguarda il legame con Belgrado, fondamentale per la politica del DF, e con il presidente Aleksandar Vučić, che di recente ha mostrato un’accoglienza molto tiepida a Krivokapić durante la sua prima visita ufficiale in Serbia.
L’eterogeneità di vedute all’interno della maggioranza e un piano di governo non concordato a pieno tra le forze che ne fanno parte contribuiscono a mantenere sempre in bilico il premier. Già nella primavera 2021, il governo è stato vicinissimo al punto di rottura quando la coalizione si è spaccata sul tema del genocidio di Srebrenica, dopo che l’allora ministro della giustizia, dei diritti umani e delle minoranze Vladimir Leposavić aveva dichiarato di non riconoscere tale crimine come un genocidio. D’altra parte, i punti condivisi dalle forze che appoggiano il governo sono pochi. Il principale denominatore comune è stato, a partire dal 2020, il desiderio di abbattere il lunghissimo dominio del DPS, combattere la corruzione e iniziare una nuova fase politica nel paese. Conciliare, però, l’agenda politica di una formazione nazionalista e conservatrice come il DF con quella di piattaforme progressiste come URA e MNN pare in questo momento molto difficile.
Instabilità e divisioni
Il DF è la formazione che più connota in direzione filo-serba il governo di Krivokapić. Le posizioni nazionaliste del partito sono andate più volte a cozzare con un’agenda di governo, almeno sulla carta, filo-europea, che avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti nel percorso verso la democratizzazione del Montenegro. Dalla presa di potere della nuova coalizione nel dicembre 2020, invece, l’instabilità nel paese è in crescita, mentre le divisioni etniche sono state rinfocolate, come dimostrato dagli attacchi contro le minoranze a Pljevlja e dagli scontri di Cetinje. Il DF gode di un grande favore tra gli elettori di identità serba del Montenegro, ma non riesce in questo momento a trasformare questo appoggio della cittadinanza in un effettivo esercizio del potere al governo. Per questo motivo è sempre più ricorrente nella narrazione pubblica del partito l’idea di nuove elezioni, con le quali il DF punterebbe a ottenere un successo più ampio, mettendo così le mani su una fetta maggiore di potere.
Le elezioni, però, non sono l’unica soluzione a questa impasse e alla finestra c’è sempre anche il DPS. Per quanto ridotto all’opposizione, il partito di Đukanović resta molto forte e gode dell’appoggio di una grossa fetta di popolazione di identità montenegrina, oltre che della fedeltà dei partiti rappresentanti le minoranze nel paese. I 40 seggi di cui dispone l’opposizione avevano fatto pensare anche alla possibilità della formazione di un governo di minoranza, in cui l’uscita del DF sarebbe stata compensata dal supporto esterno delle minoranze e del DPS, ma l’opzione, sulla quale si sono tenute diverse consultazioni nei giorni scorsi, pare tramontata.
Il 29 novembre, tutti i 40 rappresentanti dell’opposizione hanno firmato una mozione di sfiducia contro l’attuale governo. La relativa votazione avrà luogo il 13 dicembre, in una battaglia parlamentare tutta da giocare all’utimo voto. L’opposizione ha bisogno dell’appoggio di almeno un rappresentante della maggioranza per raggiungere i 41 voti necessari a sancire la sfiducia. Al momento, appare difficile immaginare che qualsiasi rappresentante delle forze di governo voglia correre il rischio di appoggiare una mozione che favorirebbe soltanto il DPS, dopo che il grosso della campagna elettorale dello scorso anno delle formazioni oggi al governo si è concentrato proprio sulla necessità di infrangere il potere del partito di Đukanović.
Un’instabilità che costa cara
La debolezza del governo, in parte preventivata dopo l’incerto esito delle passate elezioni, è andata crescendo con il passare dei mesi. Nell’ultimo anno le negoziazioni con Bruxelles per il percorso europeo del paese sono andate a rilento, mentre le riforme necessarie non sembrano, in questo momento di stallo, concretamente attuabili. Secondo diversi esponenti politici, esiste anche il rischio che non si riesca ad approvare il bilancio per l’anno prossimo. In uno scenario in cui le elezioni non sembrano un’opzione concreta e in cui la formazione di governo attuale continua a dipendere dagli umori dell’eterogenea coalizione dai cui voti dipende, le prossime settimane appaiono tutt’altro che rosee per il Montenegro.
La tanto auspicata entrata nel governo dei rappresentanti delle forze politiche, voluta soprattutto dal DF, potrebbe sbloccare la situazione attuale. D’altra parte, questa mossa rischierebbe di consegnare al Montenegro un governo in cui molto potere sarebbe nelle mani di una formazione controversa e nazionalista come il Fronte Democratico, un elemento che potrebbe avere ripercussioni anche sul percorso europeo del paese.