La nomina a primo ministro di Mihai Razvan Ungureanu, sino ad oggi a capo dei Servizi segreti esteri (Sie), non ha potuto che inquietare un Paese che è stato per decine di anni sotto il controllo della famigerata Securitate, il servizio segreto di Ceausescu (una buona lettura può essere il cupo romanzo La ballata delle prugne verdi di Herta Muller). Ungureanu ha quarantatré anni, prima del 1989 venne eletto nel Comitato Centrale dell’Unione della Gioventù Comunista muovendo così i primi passi di una carriera politica che sarebbe poi proseguita durante la transizione post-comunista, diventando nel 2004 ministro degli Esteri.
Malgrado il suo passato legato al comunismo, al momento della nomina a premier, Ungureanu ha tenuto a sottolineare che le sue posizioni ideologiche sono sempre state di destra. La stampa romena si mostra scettica e preoccupata della nomina dell’ex capo dei Servizi segreti a primo ministro: per Jurnalul National, la sua nomina:
mette fine a un ciclo di disintegrazione nazionale e concretizza il sogno presidenziale: la creazione di una giunta militare di tipo euro-balcanico, capace di tenere a bada con la paura una popolazione indigente. Come si deve considerare un regime appoggiato dai servizi segreti se non militare? Il presidente ha voluto dimostrare di essere il padrone di uno stato di polizia capace di zittire alleati e avversari.
Critica è anche Revista 22 che si chiede:
Il capo del Sie è davvero la soluzione giusta per il nostro paese? È poco probabile. Qual è il messaggio che la nomina del capo dei servizi segreti alla testa dell’esecutivo può lanciare in un anno elettorale? Come saprà gestire il rompicapo politico alla base degli interessi e della corruzione interna del Pdl (il partito liberal-democratico al potere) e dei ministeri? Come affronterà i pezzi grossi del Pdl e il finanziamento della campagna elettorale? Come assicurerà il regolare svolgimento delle elezioni? Ci si fanno davvero troppe illusioni: il lascito di Boc è molto pesante.
La nomina di Ungureanu esclude di fatto le elezioni anticipate che la piazza, in protesta da quasi un mese, chiedeva a gran voce come pure l’opposizione evidentemente consapevole del suo probabile successo elettorale. Su Adevărul, il politologo Cristian Pârvulesc dubita che una spia possa essere un buon primo ministro:
Che un agente segreto possa arrivare a dirigere il governo la dice lunga sulla democrazia romena. È un altro passo verso la presidenzializzazione del regime. Dato che nel 1989 è stato membro supplente del Comitato centrale dell’Unione dei giovani comunisti, Ungureanu non ha le qualità morali per poter occupare questo ruolo. Fa parte della nomenklatura. Se fosse in vigore la legge dell’epurazione degli ex quadri comunisti, non avrebbe potuto occupare una funzione nello stato.
Non mancano voci a sostegno della scelta di Basescu. scrive România Liberă:
Băsescu si gioca le sorti della destra in Romania. A compromettere la credibilità del governo Boc non sono state le misure di austerity e neppure le sporadiche manifestazioni, ma l’impressione di costante indecisione e compromesso. Detto ciò, è scoraggiante sentire l’opposizione dire che “siamo governati dalla Securitate”. In realtà l’opinione pubblica non ha idea di come funzioni il Servizio di informazioni estere (Sie) e di che cosa si occupi il suo direttore. Non fa che proiettare il ricordo della Securitate. La Sie si occupa di tutt’altro, opera in stretta sinergia con la Cia.
Romania Libera ci tiene a sottolineare, correttamente, che Ungureanu “non ha fatto parte della Securitate” e nella sua carriera “è stato un funzionario di nomina politica, incaricato di un compito difficile, e lo ha portato a termine in maniera onorevole”.
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Fonte: rassegna stampa di Presseurop
Foto: gov.md
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