crisi energetica
Prime Minister of Albania Edi Rama at the joint press conference with NATO Secretary General Jens Stoltenberg

ALBANIA: Crisi energetica, il governo dichiara lo stato di emergenza

di Anna Lattanzi

I problemi di rifornimento, causati dal rialzo improvviso dei costi dell’energia sui mercati internazionali, sono alla base della crisi energetica che da diversi giorni investe l’Albania. A dichiarare lo stato di emergenza, l’8 ottobre scorso, è stato il primo ministro Edi Rama, dopo una consultazione di governo.

La crisi

Sono drammatiche le dichiarazioni del premier, che ha paragonato la crisi energetica a quella pandemica. L’impatto potrebbe essere devastante, tanto quanto quello causato dal Covid-19, sia sulla produzione che sulla quotidianità civile.

Intanto, le prime conseguenze già si avvertono. Le tasche dei residenti devono fare i conti con l’aumento dei prezzi, se pur di lieve entità al momento; cosa che ha già la sua incidenza, su un’economia di per se’ debole. Si registra, anche, un incremento dei costi dei beni di prima necessità, come il pane. A lamentare un forte disagio, a causa dell’improvviso aumento del prezzo del petrolio, è l’Unione dei trasporti pubblici che, attraverso un comunicato diramato il 18 Ottobre, annuncia il dimezzamento dei mezzi di trasporto a disposizione della popolazione. Una decisione drastica, che arriva in un momento in cui la crisi energetica va a peggiorare l’intrinseca drammaticità dei mezzi pubblici albanesi.

Il piano del governo

Il governo albanese ha approntato un piano di intervento, che prevede sia il tentativo di non aumentare il prezzo dell’energia elettrica destinata alle famiglie e alle piccole imprese, che quello di assicurare una fornitura elettrica continua. Il piano si compone, infatti, di tre punti. Primo, garantire un’alimentazione ininterrotta a tutto il Paese. Nessun razionamento dell’energia elettrica è previsto, né nei centri cittadini, né nelle zone rurali. Secondo, proteggere le famiglie e le piccole imprese, affinché non aumentino, per loro, i costi dell’energia elettrica o quanto meno siano calmierati. Terzo, entro fine anno, saranno messi a disposizione dell’impresa di distribuzione elettrica Oshee, 100 milioni di euro, per far fronte all’interazione con il mercato elettrico e la stessa cifra sarà garantita, anche, nei primi mesi del 2022. Il premier Rama si dice sicuro che dopo il terremoto che ha colpito il Paese nel 2019 e la pandemia, “l’Albania non cadrà e non rinuncerà di fronte a sfide di questa natura”.

La dichiarazione dello stato di emergenza presenta però alcune criticità. Essendo, di fatto, una condizione giuridica, introdotta per affrontare un eccezionale evento, passa totalmente il potere nelle mani del governo, tramite deroghe o decreti, in questo caso in materia di energia.

Le reazioni

Dura è stata la reazione dell’opposizione alla dichiarazione dello stato di emergenza di Rama. Il suo leader, Lulzim Basha, ha parlato di una crisi dettata dalla corruzione. “Alcuni funzionari dovrebbero essere assicurati alla giustizia”, dichiara Basha. Le sue pesanti affermazioni si riferiscono, in modo particolare, alla decisione governativa di qualche mese prima, che ha comportato lo svuotamento della cascata Drini, una delle maggiori ricchezze idroelettriche dell’Albania, venduta a un costo decisamente inferiore (circa 1/3), rispetto a quello con cui sarà acquistata, prossimamente, l’energia elettrica. Le promesse del governo risulteranno fallaci, sentenzia Basha, perché, in realtà, l’intento è colpire l’economia di ogni famiglia albanese.

Molte anche le dichiarazioni di indignazione apparse sui social nei confronti del premier, alcune dettate dalle convinzioni politiche, altre dal timore, che nonostante le promesse, possano comunque essere introdotti il razionamento della fornitura elettrica e gli aumenti dei costi. Per due sabati consecutivi, 16 e 23 Ottobre, ci sono state mobilitazioni per richiedere il taglio dell’IVA e delle tasse su carburanti ed energia, ma senza grande partecipazione.

La situazione energetica albanese

Non è la prima volta che l’Albania si ritrova a dichiarare lo stato di emergenza per la crisi energetica. Basti pensare al non così lontano 2007, quando è stato disposto il razionamento dell’energia elettrica, sino a cinque ore in meno al giorno di fornitura nelle città, tempo raddoppiato nelle periferie e nei centri rurali. Oppure il rischio corso nel 2011, quando, a causa di una grande siccità, gli esperti annunciarono la possibilità di una crisi energetica, fortunatamente scongiurata dall’arrivo delle piogge.

Il 90% delle fonti energetiche in Albania, infatti, è costituito dall’energia elettrica, quasi esclusivamente di origine idroelettrica. Proprio per questo motivo, nei periodi di maggiore siccità, il Paese è costretto ad acquistare energia dall’estero, con il conseguente impatto negativo derivato della crisi mondiale. In realtà, recentemente, altre fonti di energia rinnovabile, come il fotovoltaico, l’eolico e il termodinamico, hanno registrato un buon incremento di sviluppo e di utilizzo. L’intervento governativo, in tal senso, è stato deciso e corposo: le autorità si sono mosse mettendo in atto un’interessante strategia, atta a promuovere lo sviluppo dell’economia, basandolo su un uso corretto delle risorse, con un occhio attento all’utilizzo di quelle rinnovabili e con la finalità di migliorare la funzionalità energetica. Una strategia a cui è fortemente interessata anche l’Unione europea, che auspica un rinnovamento del mercato energetico albanese in modo da prevenire future crisi.

Foto: NATO/Flickr

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