La cercatrice di funghi
di Viktorie Hanišová
Traduzione di Letizia Kostner
Voland Edizioni, 2021
Euro 18,00
Il romanzo La cercatrice di funghi, in ceco Houbařka, è stato recentemente edito da Voland Edizioni all’interno della Collana Amazzoni con la traduzione di Letizia Kostner. Viktorie Hanišová, considerata una delle figure emergenti all’interno del panorama letterario ceco contemporaneo, è autrice di altri due romanzi incentrati sulla tematica della maternità come in parte lo è anche La cercatrice di funghi: Anežka (2015) e Rekonstrukce (“Ricostruzione”, 2019), nonché di una raccolta di racconti del 2020 legati, invece, al tema del suicidio.
“Quando sette anni fa la porta dell’ospedale psichiatrico di Dobřany si chiuse alle mie spalle, mi sentivo più forte he mai. Ce la farò, ne sono certissima, non ho bisogno di dottori né di piccole, sono completamente a posto. […] La mia determinazione non era svanita del tutto, in me covavo ancora la speranza di riuscire a mostrare a chiunque, e in primo luogo a me stessa, di essere davvero normale.”
La pubblicazione italiana de La cercatrice di funghi conferma quanto la letteratura ceca contemporanea sia un contesto che necessita di essere diffuso in Italia, non solo in quanto particolarmente florido, ma anche perché ricco di voci originali come quella di Hanišová. Il romanzo si incentra su Sára Tychá, soprannominata dalla famiglia “Sisi”, che è anche narratrice in prima persona della vicenda. Quella di Sára, che nel presente della narrazione è una venticinquenne, è una storia particolarmente complessa. Infatti, se all’inizio viene presentata al lettore come una houbařka di professione, ben presto vengono disvelati i suoi problemi a comprendersi e a rapportarsi con gli altri. Problemi che sfociano nel patologico, difatti Sára, dopo essere stata ricoverata per mesi in un reparto psichiatrico, si trova in cura e le viene certificata anche la sua impossibilità a svolgere qualunque tipo di impiego.
“Ogni mattina di buonora mi infilo nell’ingresso gli scarponi in pelle di mio padre, agguanto il cestino e lo strofinaccio e prendo il sentiero.”
L’unica attività intrapresa da Sára è la ricerca di funghi, ogni mattina si alza e si addentra nei boschi, sapendo perfettamente dove e cosa cercare. Quest’attività si rivela essere anche una delle sue principali fonti di guadagno, difatti vende il raccolto a una locanda di paese, chiamato “Ovolaccio”. La conoscenza dei funghi, in modo maniacale e scientifico, è una passione che la protagonista sviluppa sin dall’infanzia, quando accompagnava il padre a cercarli nella Selva Boema. A tal proposito è proprio il padre a dirle “tu andavi a funghi ancor prima di nascere!”. Questa passione per i vari tipi di funghi, la loro classificazione e l’abilità nel trovarli è l’elemento , il punto di contatto che lega Sára al padre, il loro personale modo di comunicare. Quella paterna non è, però, l’unica figura con cui la protagonista sviluppa un rapporto problematico. Lo stesso accade anche con la madre, con la cui morte si apre il romanzo. Il rapporto della protagonista con la madre, in particolare, si rivela fondamentale all’interno del romanzo, spesso ne vengono tracciate descrizioni fisiche e abitudini. A questo proposito, gran parte del romanzo è dedicata a descrivere la complessa relazione di Sára con la sua famiglia e di come questo abbia influenzato in modo irreparabile il suo destino.
Recuperare il passato per comprendere il presente
L’aspetto peculiare del romanzo risiede nella sua struttura. La narrazione, infatti, si svolge su più livelli, alternando continuamente la dimensione del passato a quella del presente. Gli eventi della venticinquenne Sára si rivelano essere occasioni propizie per recuperare avvenimenti traumatici della sua adolescenza, in particolare all’interno della dimensione famigliare. Questo recupero del passato si fa impellente soprattutto verso la fine, diviene addirittura necessario al fine di giungere a un momento di svolta, che segna anche la conclusione stessa del romanzo. Per Sára raccontare e rivivere gli avvenimenti che l’hanno portata a essere ricoverata significa fare i conti con essi, in una modalità quasi terapeutica. Da questo punto di vista, il romanzo si dispiega in chiave psicologica, affrontando temi delicati come quelli del passaggio dalla vita adolescenziale a quella adulta, i conflitti con il mondo stesso degli adulti e coi propri coetanei. Nel corso dell’opera trovano spesso posto riflessioni su questioni quali quella della solitudine o dell’angoscia, dell’affrontare consciamente la propria malattia, nonché la difficoltà di non vacillare di fronte a un futuro fatto d’incertezze. La vicenda di Sára si riveste di una dimensione profondamente reale, vagliata con grande abilità narrativa dalla scrittura di Hanišová.
“Avevo bisogno di garantirmi in qualche modo quella solitudine, fuori dal mio spazio chiuso provavo angoscia.”
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