Gelo in primavera di Rūdolfs Blaumanis
Traduzione di Marta Rasupe
Vocifuoriscena, 2021
pp.246
Ci troviamo sul finire dell’Ottocento in Livonia, all’epoca parte dell’impero russo e poi inclusa a tutti gli effetti nel territorio dell’attuale Lettonia. È un periodo animato da piccoli ma significativi cambiamenti sociali: la nobiltà a cui appartengono i baroni baltotedeschi si deve misurare con il risveglio della coscienza nazionale di cui lo scrittore Rūdolfs Blaumanis è testimone, assumendo un ruolo centrale per la corrente realista lettone di metà/fine Ottocento.
Gelo in primavera raccoglie diverse novelle dello scrittore e offre uno spaccato della società dell’epoca, ponendo al centro vicende di vita quotidiana. Pubblicato lo scorso maggio dalla casa editrice Vocifuoriscena, questo libro è il risultato di un attento studio lessicale e sintattico che ha lo scopo di arricchire e rendere più fruibile la prima edizione italiana del 1945 tradotta da Marta Rasupe.
Usando un linguaggio non propriamente letterario, i racconti di Blaumanis si possono paragonare ad un film dalla trama incalzante che poi si conclude con un finale inaspettato, a tratti anche angosciante per le sorti a cui sono destinati i protagonisti.
Tematiche e personaggi che si fondono
Il primo racconto si intitola “All’ombra della morte” ed è anche quello più conosciuto, in passato oggetto di diverse trasposizioni teatrali e cinematografiche. A causa di un clima ostile, un gruppo di pescatori viene spinto alla deriva, finendo per ritrovarsi su una lastra di ghiaccio. In balìa del gelo e con quando i viveri cominciano a scarseggiare, i personaggi diventano coscienti del proprio destino e nel profondo dei loro pensieri invocano la salvezza.
“Il ragazzo tacque. Si poteva parlare di vita o di morte, ma nel suo cuore ardeva la speranza di un’altra possibilità, di qualche cosa di imprevedibile, di un miracolo, poiché la morte è inconcepibile per chi si trova nel pieno rigoglio della vita” (p.18).
La massima tensione si verifica nel momento in cui giunge un’imbarcazione capace di portare in salvo solo alcuni di loro; decidono dunque di estrarre a sorte chi salirà sulla barca e chi, al contrario, andrà incontro a morte certa. Va specificato che, nonostante il finale tragico, l’attenzione non viene focalizzata sulle sorti dei malcapitati, ma al contrario si dissolve proprio come succede con l’immagine dei superstiti che avanzano al largo avvolti nella nebbia.
I turbamenti che nascono dalla lotta tra i sentimenti e la razionalità sono al centro dei due racconti “Gelo in primavera” e “A guado per la palude”.
Nel primo viene narrata la vicenda di un giovane uomo di basso ceto sociale che passa dalla gioia più pura all’infelicità più buia: profondamente innamorato di Liene, questa gli fa intendere che acconsentirà a sposarlo; poco dopo però si presenta alla sua porta un vecchio vedovo proprietario di una fattoria che in futuro le darebbe una certa sicurezza economica, e pertanto decide di accettare la proposta di quest’ultimo. La freddezza con cui Liene si autoconvince della sua scelta è trasmessa da Blaumanis per mezzo di dialoghi che hanno la funzione di rappresentare gli stati d’animo dei personaggi.
Il secondo racconto invece ha per protagonista una giovane donna che invece di sposare un uomo dalla condizione sociale agiata sceglie di opporsi al volere della madre sposando un giovane dedito ai vizi per cui prova dei sentimenti sinceri. In questo caso Blaumanis dedica molto spazio alla descrizione della quotidianità che intercorre tra i due, in modo da far emergere tutte le sfaccettature del loro rapporto.
Infine, l’ultimo racconto prende il nome dall’omonimo protagonista Andriksons. Questo racconto è particolarmente interessante poiché approfondisce il tema delle relazioni tra proprietari terrieri e la maggior parte della popolazione lettone, coinvolta in un primo timido tentativo di emancipazione dalla servitù della gleba a cui era sottoposta da secoli. Andriksons è un contadino che vuole poter rivendicare un suo diritto acquisito su un terreno di proprietà, ma che finisce per scontrarsi con il barone, il quale fa invece appello a principi di natura giuridica per ristabilire l’ordine socialmente prestabilito. Andriksons non accetta di essere definito colpevole e, accecato dall’ira, si macchia di effettiva colpevolezza appiccando un incendio nella foresta circostante. Preso dalla disperazione perché convinto di aver perso i figli nelle fiamme, una volta messi in salvo Andriksons si auto dichiara colpevole di quanto accaduto al cospetto del barone.
“Ma la pienezza della sua beatitudine non tollerò nessun limite imposto dalla ragione. La sua anima desiderava non essere più legata a nulla, ma tutta libera, libera, libera e redenta dal grave segreto della colpa! La punizione per il male fatto, Andriksons l’avrebbe accolta in quest’ora come un godimento!” (p.192).
Se si tiene conto dell’attualità dei motivi affrontati da Blaumanis, non c’è da stupirsi che i suoi racconti vengano finalmente apprezzari e valorizzati anche all’interno del panorama editoriale italiano. Oltre a questo volume pubblicato dalla casa editrice Vocifuoriscena, Paolo Pantaleo ha tradotto il racconto “Sapnis” (“Sogno”, 2013) e ha realizzato una nuova traduzione di “Andriksons”.
Foto: Pxfuel (copertina), Vocifuoriscena.it (testo)