A trent’anni dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica, l’Azerbaigian, paese caucasico affacciato sul Mar Caspio, vive oggi come non mai la fase più grandiosa della sua storia contemporanea. Con un’economia in forte crescita trainata dai profitti provenienti dalle ingenti risorse energetiche che ne hanno fatto la sua fortuna fin dalla metà degli anni Novanta, il paese affronta l’inizio di questa nuova decade con un nuovo corso, di cui ne fa da preludio la riconquista nel 2020 dei territori perduti nella regione del Nagorno-Karabakh nel conflitto con la vicina Armenia.
Un’indipendenza sofferta
La corsa all’indipendenza dell’Azerbaigian è stata tra le più travagliate. Iniziata con una breve parentesi durata dal 1918 e il 1920 a cavallo fra la fine dell’Impero Russo e l’alba della nascente Unione Sovietica, il 30 agosto 1991 il Soviet Supremo dell’Azerbaigian adotta una dichiarazione di indipendenza unilaterale dall’URSS, approvata come atto costituzionale il 16 ottobre dello stesso anno.
Ciò è avvenuto a seguito di quello che fu ricordato come il Gennaio Nero (in azero: Qara Yanvar), quando tra il 19 e il 20 gennaio del 1990, per ordine dell’allora Presidente dell’URSS Michail Gorbačëv i carriarmati dell’Armata Rossa marciarono per la prima volta per fermare una rivolta in una città dell’Unione Sovietica, Baku. L’evento, guidato dal movimento indipendentista del Fronte Popolare dell’Azerbaigian (in azero: Azərbaycan Xalq Cəbhəsi), costò la vita ad almeno 130 civili; rappresentò inoltre l’apice di una serie di violenze originate dalla secessione dell’allora Repubblica Autonoma del Nagorno-Karabakh e dal conseguente scontro interetnico fra armeni e azeri emerso nelle Repubbliche Socialiste Sovietiche di Armenia e Azerbaigian.
Nonostante l’indipendenza ottenuta e il crollo dell’Unione Sovietica, la neonata Repubblica dell’Azerbaigian si trovò ad affrontare nei primi anni della sua indipendenza una guerra disastrosa con le forze separatiste armene del Nagorno-Karabakh appoggiate dall’Armenia, che portò alla de facto indipendenza della regione insieme all’occupazione di sette distretti adiacenti, oltre che a 30 mila morti e quasi un milioni di rifugiati interni azeri.
Una storia post-sovietica di successo
Nello stesso anno in cui il conflitto nel Nagorno-Karabakh si è concluso con il cessate il fuoco siglato a Biskhek nel maggio 1994, l’Azerbaigian, sconfitto militarmente e mutilato nella sua integrità territoriale, avrebbe dato inizio alla sua fortuna. Nel settembre 1994, l’Azerbaigian guidato dall’allora presidente Heydar Aliyev firmò il cosiddetto “accordo del secolo” con un consorzio di nove multinazionali del settore energetico, che formarono l’Azerbaijan International Operating Company (AIOC). Tale accordo prevedeva lo sfruttamento degli immensi giacimenti di petrolio Azeri-Chirag-Gunashli (ACG), localizzati nel Mar Caspio a largo delle coste del paese caucasico, che oggi rappresentano, con una riserva stimata fino a cinque miliardi di barili di petrolio, i tre quarti della produzione petrolifera di Baku.
Una tale ricchezza ha inserito l’Azerbaigian a pieno titolo tra i principali produttori nel mercato energetico globale, oltre che a consentire alla repubblica caucasica uno sviluppo ed una transizione post-comunista sicuramente più rapida rispetto ai suoi vicini. Il suo ruolo di partner energetico a cavallo fra Asia ed Europa ha fatto sì che il paese costruisse rapporti sempre più solidi non solo con paesi europei (tra cui l’Italia, principale partner strategico nel vecchio continente), ma anche con paesi asiatici, da Israele alla Cina, passando per il Pakistan.
La seconda guerra del Nagorno-Karabakh
Lo scoppio dell’ultimo conflitto nell’autunno del 2020 fra Azerbaigian e Armenia per il controllo della regione contesa del Nagorno-Karabakh si è concluso con un cessate il fuoco e il ricongiungimento con Baku di gran parte di quel territorio perduto agli inizi degli anni Novanta. Ciò ha aperto ad una nuova fase nella storia del paese, fatta di investimenti e nuove opportunità di sviluppo, tra cui il nuovo aeroporto di Füzuli e i nuovi collegamenti infrastrutturali che collegheranno al resto del paese non solo in Nagorno-Karabakh ma anche l’exclave del Nachicevan. Nonostante una protratta instabilità nella regione dovuta alle protratte schermaglie di confine con l’Armenia e le recenti tensioni con il vicino Iran, l’Azerbaigian ha sicuramente diversi motivi per celebrare questo trentennale.
È su quella collina che sovrasta la capitale Baku, tra il Viale dei Martiri (in azero: Şəhidlər Xiyabanı) e le Flame Towers simboli del sacrificio e del successo economico di questo paese, che oggi la storia moderna dell’Azerbaigian trova una sintesi: la lotta per l’indipendenza e la ricchezza portata dallo sviluppo del settore energetico rappresentano oggi come non mai due pilastri su cui costruire il futuro.
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Immagine: East Journal/Marco Alvi