All’indomani dal quindicesimo anniversario dalla morte di Anna Politkovskaja (omicidio che resterà impunito, dacché nel frattempo è scaduto il termine di prescrizione), una notizia importante è giunta dall’Accademia Svedese di Stoccolma: il Nobel per la Pace 2021 va al caporedattore della rivista per cui Politkovskaja lavorava, Novaja Gazeta, Dmitrij Muratov. Assieme a lui l’Accademia ha premiato la giornalista filippina Maria Ressa.
Si tratta di un premio doppiamente importante per tutto il mondo del giornalismo russo odierno, sempre più oggetto di repressione e censura da parte delle autorità, non da ultimo attraverso il bollino di “agente straniero” appioppato sia a intere testate che a singoli loro autori che ne limita di conseguenza le attività nel paese (quando non costringe direttamente alla chiusura delle redazioni).
Muratov ha dedicato il premio – conferitogli per “gli sforzi nella conservazione della libertà di espressione e di opinione, una condizione necessaria per la democrazia e la pace” – ai colleghi e alle colleghe morti per la libertà di parola, cui va tutto il merito, ha dichiarato, del riconoscimento di cui è stato insignito.
Dall’ufficio del presidente Putin, il portavoce Peskov si è formalmente congratulato con Muratov: “Lavora seguendo i suoi ideali, è devoto ai suoi ideali. Ha talento e coraggio“. Parole che, a dirla tutta, in un paese in cui il mestiere di giornalista è estremamente pericoloso e a rischio costante, non possono che suonare come alquanto sinistre.
Foto: The Nobel Prize