Oltre 600.000 ungheresi, circa l’8% degli aventi diritto al voto, si sono mobilitati in occasione delle primarie dell’opposizione: un vero e proprio successo, che ha coinvolto il doppio degli elettori rispetto a quanto previsto, e circa un quarto del totale dei votanti di tutti i partiti d’opposizione alle politiche del 2018.
Gli sconfitti
Come in ogni confronto elettorale, è più facile individuare gli sconfitti dei vincitori, anche per via del secondo turno e delle strategie con cui i diversi candidati lo affronteranno. Nella ricerca di uno sfidante per Viktor Orbán, gli ungheresi non hanno rinunciato ad alcune garanzie, privilegiando i tre candidati che hanno accumulato esperienza o ricoperto incarichi di rilievo. Sono così stati scartati i leader più “giovani”, come András Fekete-Győr di Momentum (3,40%), unico a non vincere neanche in una circoscrizione e Péter Jakab di Jobbik (14,10%): per il secondo una vera e propria disfatta, considerando che all’inizio dell’estate era dato come uno dei possibili favoriti. Che sia stata proprio la mancanza di esperienza – oltre all’incapacità di attrarre un bacino elettorale esterno al proprio partito – a condannare i due sembra evidente, specie se si guarda l’esito della scelta dei candidati nelle singole circoscrizioni. Momentum ha ottenuto ben 15 candidati su 106, mentre Jobbik, con 29, è secondo solo alla DK (coalizione democratica).
E i vincitori?
Più difficile è invece stabilire chi abbia ottenuto il risultato migliore. I numeri danno ragione, per il momento, a Klára Dobrev della DK (34,76%), prima anche per numero di candidati nelle singole circoscrizioni (32) ma questa non è una sorpresa: è il partito di centro sinistra con più consenso, come attestano i sondaggi, che lo danno fra il 12-13%. Dobrev peraltro, ha giocato bene le sue carte, mostrandosi allo stesso tempo una candidata con esperienza, forte anche della vicepresidenza del Parlamento europeo, capace al tempo stesso di forte intransigenza verso FIDESz.
La vincitrice è arrivata solo terza a Budapest, dietro Gergely Karácsony, il sindaco della capitale (27,31%), e l’outsider Péter Márki-Zay (20,02%) primo cittadino di Hódmezővásárhely. Se il successo di Karácsony era in qualche modo prevedibile, il risulto del secondo è frutto di un’attenta campagna, rivolta soprattutto ai delusi di FIDESz, fra cui si riconosce.
E ora?
La vittoria al primo turno rappresenta un ottimo risultato per Klára Dobrev, che però sa di avere solo una maggioranza relativa: gli elettori di Momentum e Jobbik non vedono di buon occhio il partito dell’ex premier Ferenc Gyurcsány, ed è probabile una convergenza verso uno degli altri due candidati, per scongiurare la designazione di una sfidante che ritengono non essere capace di battere Orbán.
La mossa è comprensibile: FIDESz già da tempo ha evocato il fantasma dell’ex premier indicando nella coalizione dell’opposizione un inquietante ritorno al passato, e il fatto che la Dobrev sia la moglie di Guyrcsány facilita la campagna di Viktor Orbán. Anche Gergely Karácsony e Péter Márki-Zay sono interessati ad evitare questa possibilità, ed è probabile che uno dei due alla fine finisca per ritirarsi, dando indicazioni di voto per l’altro.
Il primo turno, però, ha cambiato un po’ le cose: se prima era normale considerare Karácsony come “l’anti Orbán”, nelle sue dichiarazioni postelettorali Márki-Zay ha sottolineato il suo grande risultato e, sebbene abbia confermato la sua disponibilità a fare un passo indietro, ha suggerito di essere lui il più adatto a sfidare il primo ministro magiaro.
Ore di trattative frenetiche a Budapest in vista del secondo turno. Potenzialmente, tutti e tre i candidati in gara possono ancora ambire a essere lo sfidante di Orbán.
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Immagine: Appartenenza dei candidati vincitori nelle singole circoscrizioni (wikimedia)