I maltesi a Corfù, una storia mediterranea

L’ottocento è stato un secolo di migrazioni, soprattutto tra le varie sponde del Mediterraneo. Nel 1815, con la fine della Serenissima e dell’esperimento napoleonico della Repubblica settinsulare, l’Impero Britannico acquisì il controllo sulle isole ionie. Il nuovo alto commissario Thomas Maitland, già governatore inglese di Malta, decise di favorire l’arrivo a Cefalonia e Corfù di una comunità di maltesi. Dalle prime quaranta famiglie di scalpellini, la comunità maltese crebbe fino a mille persone all’inizio del ‘900. Oggi, assimilati nella società greca, i maltesi di Corfù continuano a costituire  gran parte della piccola comunità di confessione cattolica sull’isola. Proprio per l’arcivescovato cattolico lavora Spiros Gautsis, dal 2011 console onorario di Malta a Corfù.

La colonia maltese a Corfù nell’ottocento

Palazzo di San Michele e San Giorgio, Corfù
Palazzo di San Michele e San Giorgio, Corfù

Maitland intendeva da subito lasciare un segno del nuovo governo britannico, e voleva farlo in stile. Per cinque anni, dal 1819 al 1824, i capomastri maltesi, tra cui gli scultori Vincenzo e Ferdinando Dimech, lavorarono assieme all’architetto Sir George Whitmore per la costruzione della nuova sede del governo, il Palazzo di San Michele e San Giorgio, costruito in pietra calcarea importata da Malta. Con la stessa pietra, nel 1821 venne costruito anche il monumento a Maitland, la Rotunda.

Ma i britannici avevano anche altri progetti: i maltesi, spinti dalla sovrappopolazione all’emigrazione verso gli altri porti mediterranei, da Tunisi a Tripoli e Alessandria, potevano fare da volano per lo sviluppo dei nuovi possedimenti coloniali. Così nel settembre 1826, circa 278 contadini di Gozo sbarcarono a Cefalonia, sostenuti da benefattori privati ​​come il marchese Vincenzo Bugeja e il mercante greco-maltese Giovanni di Nicolò Pappaffy. “I primi anni a Cefalonia furono molto duri per i maltesi, per via dell’ostilità della popolazione e della Chiesa ortodossa”, spiega Gautsis.

Nel 1828 si contavano 508 maltesi nell’arcipelago, saliti a 804 nel 1832. Gli arrivi da Malta si arrestarono con l’unificazione di Corfù alla Grecia nel 1864: nel 1891, c’erano 1.673 maltesi in Grecia, di cui 928 a Corfù.

Per tutto il XIX secolo, i maltesi rimasero il ​​gruppo sociale più svantaggiato di Corfù. Vivevano alla periferia della città, in due comunità rurali chiamate Maltezika (da Malta) e Cozzella (da Gozo), dove furono i primi a coltivare patate dolci e alberi di pero, e ad allevare conigli. Eppure, benchè venissero pagati solo un terzo del salario medio (quando non direttamente in natura), erano accusati di rubare il lavoro ai corfioti.

Benché cattolici, i maltesi non potevano contare sull’assistenza dell’arcidiocesi di Corfù, che si occupava principalmente della più benestante comunità italiana, e si opponeva ai matrimoni misti con i greci ortodossi. Anche per far fronte a questa situazione, i maltesi si riunirono nella “Associazione Britannia di mutuo soccorso fra i sudditi inglesi residenti a Corfù”.

Ci vollero decenni perché i maltesi ottenessero l’integrazione sociale nella società corfiota. Entro fine secolo, vari corfioti maltesi si distinsero, specie nelle arti: Angelo Farrugia e Dionisio Laferla furono pionieri della fotografia a Corfù, mentre altri maltesi trovarono successo come attori, musicisti, compositori e direttori d’orchestra, portando anche a Corfù la tradizione bandistica di Malta, spiega Gautsis.

L’assimilazione sociale nel ‘900

Nel 1907, A Cozzella le suore francescane di Malta aprirono un convento e una scuola per la comunità maltese, che restò in funzione fino al 1961. La scuola francescana “prese una decisione radicale – nota Gautsis: – abolì l’insegnamento della lingua maltese a favore del greco, promuovendo così l’assimilazione” dei maltesi nella società greco-corfiota. Nell’anteguerra i maltesi espressero anche, per la prima volta, il vescovo cattolico di Corfù, f. Domenico Darmanin (1843-1919), nominato nel 1912. Gli fece seguito negli anni trenta il reverendo Spiridione Cilia.

Nel 1923 c’erano circa 1.200 maltesi a Corfù, ma molti di loro parlavano greco o il dialetto locale di Corfù, che portava ancora tracce dell’occupazione veneziana dell’isola. Il fascismo cercò di sfruttare questa connessione per la sua propagandairredentista. Nelle stesse settimane in cui la flotta italiana bombardava e occupava brevemente Corfù,  il 12 settembre 1923 Guido Puccio scriveva su Tribuna, un importante quotidiano romano, che l’elemento maltese poteva essere utilizzato come strumento per promuovere le rivendicazioni italiane sull’isola. Anche per via di queste mire, nel 1926 le autorità greche richiesero a tutti i maltesi nati a Corfù che non fossero cittadini britannici di acquisire la cittadinanza greca, pena l’espulsione dall’isola.

Il secondo conflitto mondiale e il dopoguerra

Cattedrale cattolica di San Giacomo e San Cristoforo, Corfù
Cattedrale cattolica di San Giacomo e San Cristoforo, Corfù

Nel 1940, quando l’esercito italiano occupò nuovamente Corfù, i 2.500 maltesi, ormai ben integrati, non potevano essere preda della propaganda fascista. Con l’armistizio, nel 1943 Corfù fu quindi occupata dall’esercito tedesco; in seguito a pesanti bombardamenti alleati (anche la Cattedrale cattolica di San Giacomo e San Cristoforo andò in fiamme, insieme ai suoi archivi), nell’aprile 1944 gli occupanti nazisti decisero di internare tutti i cittadini britannici. Tuttavia, i nazisti si resero conto che la consistente comunità corfiota maltese (562 cittadini britannici) era composta da mercanti e contadini, aveva poca padronanza della lingua inglese e aveva ottenuto la cittadinanza britannica per eredità. Nel maggio 1944, il comando nazista a Ioannina consigliò al comandante di Corfù di deportare i corfioti maltesi nei campi di lavoro in Germania. Tale decisione non fu mai attuata a causa del conflitto, sebbene i nazisti sterminarono fino a duemila ebrei corfioti, deportati ad Auschwitz, prima di ritirarsi sulla terraferma nell’ottobre 1944.

Nei primi anni ‘50, decine di famiglie maltesi lasciarono Corfù e si stabilirono a Cardiff, in Galles, per lavorare nella zona industriale. Qui fondarono l’Associazione San Spiridione dei Corfioti e dei Cattolici Romani Pan-Ellenici, mantenendo forti legami con Corfù e le suore Francescane.  Oggi vi sono circa 500 corfioti cattolici nell’area di Cardiff.

La comunità corfiota maltese conta attualmente 3.500 persone in tutta l’isola. I maltesi costituiscono il nucleo della comunità cattolica di Corfù, ma nessuno di loro oggi parla la lingua maltese. I loro cognomi tipici includono Psailas (Psaila), Spiteris (Spiteri), Atzopardis (Azzopardi), Soueref (Xuereb), Sakkos (Sacco) e Michalef (Micallef). Il frate cappuccino Yannis Spiteris è stato arcivescovo cattolico di Corfù, Zante e Cefalonia dal 2003 al 2020. Anche Sotiris Micalef, sindaco della città di Corfù nel 2007-2010, è di origine maltese.

Foto: Martin Falbisoner, Wikicommons

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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