In Europa Andrej Babíš, quarto uomo più ricco della Repubblica Ceca, paese di cui è anche premier, è, complice anche i suoi conflitti con la Commissione europa, un personaggio ormai noto. Meno noto, fuori dai confini boemi, è Andrej Babíš Jr., ex pilota di aerei nonché secondogenito di primo letto del premier la cui difficile relazione con il padre è entrata a pieno titolo nell’agone politico ceco.
Rewind. Nel 2008 Babíš, all’epoca ancora lontano dalla politica attiva (fonderà il suo partito ANO nel 2011), fa intestare uno spinoff della sua holding Agrofert ai figli del primo e al cognato del secondo matrimonio con il probabile intento di ricevere una sovvenzione europea, poi riconosciuta, di 54 milioni di corone (circa 2 milioni di euro) per costruire una struttura ricettiva di lusso chiamata Čapí hnízdo (Nido di Cicogna). Il programma di sostegno era, però, riservato alle piccole e medie imprese, dalle quali, con i suoi 160 miliardi di corone (circa 6,4 mld. di euro) di fatturato e i suoi 33.000 dipendenti (dati del 2018), la holding Agrofert sarebbe stata decisamente esclusa. Di qui un caso politico e giudiziario che si trascina tuttora e che ha visto interessarsi anche l’OLAF e la Commissione europea, espressasi più volte negativamente sul conflitto di interessi del premier tycoon ceco che, da capo del governo, ha il potere di influenzare il flusso delle dotazioni di cui la sua holding beneficia ampiamente.
Ebbene, il figlio, Babíš jr. sostiene che all’epoca dei fatti non sapeva cosa stesse firmando, avendo fatto solo da testa di legno per aggirare le ferree regole delle sovvenzioni europee. Finito nelle indagini, quando avrebbe dovuto deporre alla Polizia, Babíš Jr. viene portato in Crimea, all’epoca già occupata dalla Russia, da un certo Protopopov, dipendente del gruppo Agrofert e, incidentalmente, anche marito della dottoressa Protopopová, alle parlamentari nel 2017 candidata, sempre incidentalmente, nel partito ANO di Babíš. Dottoressa che, ancora incidentalmente, ha diagnosticato al figlio del premier disturbi mentali, da curarsi lontano dalle indagini, preferibilmente nel mite clima terapeutico del Mar Nero. Va detto che esistono due perizie mediche indipendenti che, invece, ne attestano la piena salute mentale. Babíš jr. sostiene di non essere andato in Crimea di sua volontà, mentre l’altro, il senior, non ha mai spiegato in modo soddisfacente perché ce lo abbia mandato, alimentando il sospetto che volesse “parcheggiarlo” lontano dalla Cechia (i suoi critici parlano apertamente di sequestro di persona), sotto la “supervisione” di una persona di sua fiducia, in attesa che le acque giudiziarie boeme si calmassero.
Tornato in Svizzera, dopo qualche anno di silenzio, Babiš jr. torna agli onori della cronaca ed entra a gamba tesa nella bagarre pre-elettorale (il 7 e l’8 ottobre in Rep. Ceca si terranno le elezioni poliche) schierandosi apertamente con l’opposizione contro il padre. In particolare, ha suscitato scalpore l’inatteso faccia a faccia tra i due Babiš (di cui esiste anche un video toccante), nel quale, in un vero e proprio scontro dal retrogusto freudiano, il figlio lancia contro il padre l’archetipica accusa: “Perché mi hai fatto del male?”. Ora, l’intera vicenda è complessa ed è compito degli organi inquirenti accertare i fatti. Raramente le vicende familiari hanno sfumature nette, a maggior ragione in famiglie “appesantite” da grandi patrimoni, divorzi, nuovi matrimoni e figli di primo e di secondo letto. Detto questo, però, è interessante analizzare in termini elettorali una vicenda rappresentativa, anche, di una tendenza più generale a declinare la competizione politica in scontro personale.
Ebbene, al netto del fatto che il principio generale, altrimenti sacrosanto, del rispetto per la privacy dei politici viene necessariamente meno nella misura in cui l’impatto che la loro vita privata può avere sulla società giustifica il controllo pubblico, trascinare nell’arena questioni familiari delicate può essere un’arma a doppio taglio. Dalle reazioni nell’infosfera, infatti, l’affaire pare declinarsi come il classico attacco ad personam che convince solo i convinti, sia da una parte che dall’altra. Chi nella vicenda vede un padre degenere capace di abusare del proprio figlio per biechi interessi economici, infatti, coincide con chi già aveva un’opinione negativa del premier e in ottobre non lo voterebbe neanche sotto tortura. Di contro, chi interpreta l’accaduto come un colpo basso delle opposizioni, aggravato dalla mancanza di scrupoli con cui un povero ragazzo presuntamente malato di mente sarebbe stato usato per fini politici, coincide con chi ha un approccio positivo al premier e conta di rivotarlo.
E gli indecisi? Sembra abbastanza improbabile che questi decidano se votare Babiš o l’opposizione sulla base di questa vicenda giacché, tendenzialmente, gli indecisi non hanno una posizione morale sul premier né sono interessati a farsela. Più spesso sono invece quelli che, seguendo poco o nulla la politica, tendono a farsi convincere all’ultimo minuto da simpatie/antipatie o dagli slogan politici che ritengono più convincenti.
Tutto questo, allora, per dire che gli attacchi personali contro gli oppositori politici, fondati o meno che siano, possono rivelarsi dei boomerang pericolosi nei quali il pubblico meno informato tende a vedere l’arma disperata di chi, privo di un programma costruttivo, è costretto a ricorrere ai colpi bassi. Allora, forse, la lezione da trarne è di concentrare le forze sul proprio programma piuttosto che rischiare di farsi trascinare in tafferugli, specialmente con avversari politici ben più avvezzi a questo tipo di campagna elettorale.
Foto di Ondřej Hájek per l’agenzia stampa ceca ČTK: il confronto tra il premier Andrej Babiš e il figlio Andrej Babiš Jr.