di Gabriele Merlini
Il governo ceco dice no al fiscat compact -serie di norme di coordinamento tra i governi europei in materia di bilancio pubblico- sul quale è stato trovato un accordo alcuni giorni fa. Il primo ministro Petr Nečas (Občanská demokratická strana) tuttavia dichiara al quotidiano Lidové noviny che non esclude un cambio di rotta nel futuro per la presenza di una clausola che consentirà all’attuale o un prossimo governo, qualora sia ritenuto opportuno, di entrare nel gruppo. Fermi dunque a quota venticinque su ventisette le adesioni, bypassando la conta delle firme apposte da alcuni stati con sotteso malumore (tanto per restare in zona, la Polonia).
Decisione che sottolinea le congenite divisioni interne alla maggioranza ceca composta da Ods, Věci veřejné e Top09, scricchiolii emersi attraverso dichiarazioni quantomai esplicite dei rispettivi leader. Il ministro degli esteri Schwarzenberg (Top09) si dice infatti scettico nei confronti della decisione del premier Nečas (Ods) che però viene appoggiata dal capo di stato Klaus (padre nobile -se il termine conserva un senso- della stessa Ods il quale, già che c’è, attacca pure l’unione monetaria sulla Pravo). Servirà inoltre ricordare quanto anche a ridosso del no ufficiale le parti avevano lungamente dibattuto sull’argomento proponendo varie teorie e correlandole con proposte sui diversi metodi per la scelta.
Il primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt afferma che Praga si tira fuori per ragioni di ratifica mentre Sarkozy sostiene la tesi di motivi costituzionali. Sia come sia, il risultato resta invariato. Un bignamino dell’accaduto lo fornirà qualche ora dopo Nečas stesso ai media locali: non c’è stata l’adesione al patto per la convinzione che questo non potrebbe portare alcun vantaggio alla Repubblica Ceca, ma ricordando ancora quanto non sia faccenda definitiva. Al riguardo poi vengono rispedite al mittente le parole critiche del ministro degli esteri Schwarzenberg ammettendo come se non sapesse che «a parlare sia stato un uomo maturo» Nečas sarebbe indotto a ritenere l’uscita un sintomo di imprudenza giovanile (Schwarzenberg ha dichiarato che forse Nečas non avrebbe firmato per una volontà di rendere tutto l’iter più eccitante, cedendo poi a marzo). Per il capo del governo la moneta unica può sopravvivere solo se la zona Euro diventasse una reale federazione e in questo senso parrebbe muoversi il fiscal compact: simili equilibrismi e velate aperture sono alla base delle speranze di coloro i quali auspicano una adesione ceca nel medio-breve termine.
P.s. Ieri a Praga la Camera dei Deputati ha commemorato l’ex presidente Havel per il contributo che seppe dare al crollo del regime e alla promozione degli ideali di libertà, democrazia e umanesimo. In passato simile onore è toccato anche a Tomáš Masaryk e Edvard Beneš. Sull’argomento la nota della radio nazionale Český rozhlas: «Czech MPs have passed a bill acknowledging late ex-president Václav Havel’s contribution to freedom and democracy. The simply-worded proposal received backing from all the parties in the Chamber of Deputies except the Communists.» L’incarto passerà adesso al Senato.
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