Lo scorso giugno, quando l’esercito turco ha bombardato il campo profughi di Makhmur, nel Kurdistan iracheno, l’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite ha riferito ai funzionari turchi che “qualsiasi attacco contro i civili nel campo profughi di Makhmour sarebbe una violazione del diritto internazionale e umanitario”. Stando ai responsabili del campo, venerdì 3 settembre 2021 un drone turco avrebbe bombardato di nuovo la zona.
Il campo per rifugiati di Makhmur
Il campo per rifugiati di Makhmur (Bashur/Kurdistan meridionale) ospita oltre 13.000 rifugiati curdi e si trova in una cittadina a 60 chilometri a sud-ovest della capitale, Erbil. Fondato nel 1998 accoglie per lo più persone fuggite negli anni ’90, durante la fase più acuta dello scontro tra i curdi e lo stato turco.
La storia recente dell’insediamento è caratterizzata da importanti episodi di resistenza all’avanzata di formazioni jihadiste. Nel 2014, quando lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) ha preso il controllo di vaste zone dell’Iraq, nel campo sono state create le Unità di protezione di Makhmour (MPU) che sono riuscite a opporsi all’avanzata e hanno dato un importante contributo alla cacciata dell’ISIL dalle regioni curde a sud di Erbil.
Nonostante l’insediamento abbia il sostegno dell’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), la Turchia continua a considerare luoghi come questo potenziali oasi per i militanti del PKK. Il partito Curdo dei Lavoratori (PKK), un’organizzazione per l’autodeterminazione del popolo curdo, una volta d’ispirazione marxista-leninista, ha adesso abbracciato il pensiero anarchico di Murray Bookchin, cosa che ha contribuito all’esperienza rivoluzionaria del municipalismo libertario del Rojava; Ankara però considera il partito un’organizzazione terroristica. La notizia del presunto, ennesimo, bombardamento non arriva quindi del tutto inaspettata.
Droni turchi bombardano la zona
Non è ancora mezzogiorno quando East Journal ha contattato uno dei responsabili del campo. “Stanno tutti bene, per fortuna, anche se la bomba è caduta nel giardino di una casa”, rispondono alle nostre domande sulla situazione.
A dimostrazione della veridicità di quello che sta dicendo, il nostro interlocutore invia alcune foto, nonché il link a un video, caricato pochi minuti prima su Twitter, dove si vede un bimbo che sanguina da una ferita sulla gamba sinistra e piange davanti ai vetri infranti di una porta finestra, verosimilmente responsabili del piccolo taglio che ha poco sotto il ginocchio.
Dal campo spiegano che non è la prima volta che succedono eventi simili; a giugno anche Reuters aveva riportato la notizia di un raid aereo turco. Quella volta le persone rimaste uccise erano state tre e l’attacco era avvenuto tre giorni dopo che il presidente turco Tayyip Erdogan aveva avvertito l’Iraq della volontà di ripulire certi campi profughi che, a suo dire, sarebbero niente più che rifugi per i militanti curdi.
Per quanto riguarda lo specifico episodio di venerdì mattina ci sono poche conferme sia da fonti turche, sia da fonti internazionali; media vicini al Pkk ne hanno dato notizia, parlando però di un attacco aereo e riportando una fonte anonima che ha dichiarato: “Intorno alle 8:20, oggi [venerdì] aerei turchi hanno colpito una casa vuota nel campo di Makhmour”.
East Journal ha dunque cercato di chiarire con l’interlocutore al campo se si sia trattato effettivamente di un attacco aereo o se sia stato usato un drone, sebbene non ci sia una reale differenza nella gravità delle due opzioni. “È stato un drone“, confermano allegando una foto che mostra il presunto impatto della bomba.
Comprendere da una foto se quello che si sta vedendo è effettivamente il cratere risultante dall’impatto di un qualche tipo di ordigno non è cosa semplice; quello però che può aiutare a capire – non tanto l’accuratezza dei dettagli relativi a questa determinata notizia, quanto l’aria che tira da queste parti – sono le dichiarazioni del ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu all’indomani dell’attacco di giugno: “sgomberare il campo dai militanti del Pkk è responsabilità del governo iracheno, ma lo farà la Turchia se necessario”.
Foto per gentile concessione del campo di Makhmur