Passata l’estate, entra nel vivo la campagna elettorale per le elezioni parlamentari dell’aprile 2022: fra il 18 settembre e il 10 ottobre si terranno le primarie in Ungheria e l’opposizione, coalizzata, nominerà il proprio candidato per sfidare il primo ministro in carica Viktor Orbán, scegliendo congiuntamente i propri candidati nelle 106 circoscrizioni uninominali a sistema maggioritario. Partita aperta o sfida impossibile?
La coalizione
Klára Dobrev, Áron Ecsenyi, András Fekete-Győr, Péter Jakab, Gergely Karácsony, Péter Márki-Zay e József Pálinkás: per questi nomi voteranno fra il 18 e il 26 settembre (e fra il 4 e il 10 ottobre nel caso nessuno raggiunga il 50% di consensi) tutti i cittadini ungheresi maggiorenni, che non si rivedono nell’Ungheria di Viktor Orbán. Candidati diversi, ma uniti da un programma, sottoscritto da tutti i partiti che compongono la coalizione (Demokratikus Koalíció (DK), Jobbik, LMP, Magyar Szocialista Párt (MSzP), Momentum e Párbeszéd), che sembra più un manifesto. Un documento dove è difficile trovare riferimenti a punti programmatici, e dove invece si tratteggia l’idea di paese che arriva dall’opposizione: ecologista, europeista, in netta contrapposizione al NER e proiettato sulle nuove sfide che arrivano dal lavoro e dall’istruzione.
E forse non poteva essere altrimenti: vista l’eterogeneità del fronte, non era possibile stilare un programma che omogenizzasse vedute fra loro molto diverse, gelose della propria identità partitica, e decise a stuzzicare, più che l’interesse del singolo elettore, la “volontà di cambiamento” del paese. Come riporta «Népszava», l’opinione della coalizione sembra piuttosto chiara: vinca chi vinca, l’importante è che cada FIDESz.
Il candidato
Fare previsioni per il momento risulta complesso: l’unico dato su cui si può avere una certa sicurezza è che ci sarà un secondo turno, poiché nessuna delle previsioni realizzate fino ad ora ha contemplato la vittoria diretta di un candidato.
Su tutto il resto comanda l’incertezza: molti sondaggi, durante la prima parte dell’estate, davano in vantaggio Péter Jakab (Jobbik), ma nelle ultime settimane è invece emersa la candidatura di Klára Dobrev (DK), nota per essere la moglie dell’ex primo ministro magiaro Ferenc Gyurcsány. Chiude il terzetto dei papabili il sindaco di Budapest Gergely Karácsony, sostenuto da socialisti ed ecologisti, mentre sembra più difficile una vittoria di Péter Marki-Zay del movimento Mindenki Magyarországa Mozgalom e András Fekete-Győr dell’europeista e liberale Momentum. Del tutto fuori, al netto di improbabili colpi di scena, l’ultraliberale Áron Ecsenyi del movimento LA75 e l’ex presidente dell’Accademia delle Scienze e ministro dell’Educazione József Pálinkás, del conservatore Új Világ Néppárt.
E FIDESz?
Nel frattempo Viktor Orbán ha già fatto le sue mosse, insistendo sul ruolo del’ex premier Ferenc Gyurcsány nella coalizione. Per questo ha indetto una petizione il 1 settembre per fermare “Gyurcsány e Karácsony”, e impedire il “ritorno dell’età buia della sinistra”, intesa come gli anni fra il 2002 e il 2010, e il “ritorno dell’aumento delle tasse, i licenziamenti e l’aumento della disoccupazione”.
Lo slogan non rappresenta una novità: già a maggio FIDESz aveva postato sul proprio canale Facebook A Gyurcsány show, un breve filmato dove il partito evidenzia i “meriti” della sinistra al governo, enfatizzando il legame fra Ferenc Gyurcsány e l’attuale coalizione e il ruolo di George Soros, chiedendo all’elettorato di “non concedere un’altra stagione”. Un’iniziativa al quale aveva risposto lo stesso partito dell’ex-premier con un secondo filmato Az Orbán show, mostrando le carenze della sanità ungherese, il legame con le dittature straniere, l’aumento dei prezzi e l’arricchimento dei principali esponenti della FIDESz.
Da ottobre: sei mesi per la campagna elettorale
Qualunque sia l’esito delle primarie, il candidato dell’opposizione avrà un difficile compito davanti, contrapponendo un programma generico, senza ricette economiche chiare, alla pragmatica politica del primo ministro.
Certo, una vittoria dell’opposizione sembra un miraggio: se le previsioni di voto più recenti hanno confermato una sostanziale vicinanza in numeri assoluti fra le opposizioni unite e FIDESz, non si deve dimenticare che i collegi uninominali, con sistema maggioritario, garantiscono un terreno agevole, disegnato dallo stesso partito di governo, attraverso cui fare incetta di voti; 91 su 106 nelle elezioni del 2018. Né è più favorevole il proporzionale, sulla cui base vengono assegnati i restanti 93 parlamentari, dove gioca un ruolo di rilievo il voto delle minoranze ungheresi all’estero, spesso favorevole al governo.
Se impedire a FIDESz di raccogliere una nuova maggioranza di 2/3 rappresenta l’obiettivo minimo, una vittoria della coalizione sembra improbabile. E, del resto, anche in caso di una caduta di Orbán, la situazione sarebbe complessa, con un nuovo esecutivo alle prese con una macchina governativa che ha privatizzato molte funzioni negli anni passati, e senza gli strumenti necessari (la maggioranza qualificata) per invertire la rotta. Ma intanto la sfida è lanciata: c’è un’Ungheria diversa, che non si riconosce in quella di Orbán, e che proverà a far sentire la propria voce.
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Immagine: Circoscrizioni e liste per le elezioni ungheresi del 2022 (wikimedia)