A quasi nove mesi dal cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, continuano gli scontri tra i due Paesi. Nel pomeriggio di venerdì 23 luglio, a seguito di spari al confine, un soldato azero è stato ucciso, mentre tre soldati armeni sono rimasti feriti, anche se non sono in pericolo di vita.
Tre giorni prima, il 20 luglio, uno scontro a fuoco è andato avanti diverse ore al confine tra l’Armenia e l’exclave azera del Nachicevan, a soli 60 km da Erevan, questa volta senza vittime. Una vittima invece c’è stata il 14 luglio, quando ulteriori scontri avevano provocato la morte di un soldato armeno, mentre il lato azero ha annunciato non meglio precisate perdite.
Questi sono solo gli ultimi tra gli scontri minori verificatisi tra i due paesi caucasici negli ultimi mesi, e la tensione non accenna a diminuire. La reazione dei governi armeno e azero, per ognuno di questi scontri, è stata piuttosto prevedibile: ognuna delle due parti rifiuta di prendere responsabilità, sostenendo di aver agito soltanto in risposta a un attacco da parte del nemico.
Possibili cambiamenti nel governo armeno
Intanto, dal lato armeno, il ministro della Difesa ad interim Vagharshak Harutiunian, che aveva ricevuto l’incarico dopo la tregua dello scorso novembre, ha presentato le sue dimissioni dopo gli scontri del 20 luglio. Harutiunian non ha esposto pubblicamente le motivazioni della sua scelta.
E, sempre nel governo armeno, RFE/RL segnala la nomina dell’ex segretario del Consiglio di Sicurezza armeno Armen Grigorian a vice-ministro degli Affari Esteri. Grigorian, uno degli esponenti di spicco della rivoluzione del 2018, è noto per le sue posizioni pro-Occidente e ha di recente criticato apertamente l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), l’alleanza difensiva guidata dalla Russia di cui l’Armenia fa parte.
Grigorian aveva infatti incolpato il presidente del CSTO di aver minimizzato l’ennesimo scontro tra azeri e armeni il 3 luglio scorso, definendolo un “incidente sul confine” quando per Grigorian si trattava di un tentativo di occupare territorio armeno da parte dell’Azerbaigian.
Uno status quo potenzialmente esplosivo
Secondo RFE/RL, la nomina di Grigorian potrebbe significare un cambio di direzione nella politica estera armena, solitamente filorussa. Ma la dipendenza di Erevan da Mosca è ancora enorme e l’Armenia starebbe negoziando con la Russia per spostare alcuni militari russi dalla base di Gyumri all’altro lato del Paese, vicino al confine con l’Azerbaigian. Sembra quindi improbabile che l’Armenia possa permettersi di orientare la sua politica estera verso l’Occidente nel prossimo futuro.
Così come sembra improbabile che Armenia e Azerbaigian rispettino il cessate il fuoco nella sua totalità. Lo scambio di 15 prigionieri di guerra armeni per una mappa delle mine lasciate da Erevan nei territori ora in mano a Baku potrebbe sembrare un passo avanti, ma è stato prontamente seguito da un passo indietro.
Il 23 luglio, dopo gli scontri, l’Azerbaigian ha infatti condannato a sei anni di prigione 13 soldati armeni, accusandoli di aver attraversato il confine armati illegalmente; l’Armenia non ha commentato l’arresto, ma in casi simili aveva in precedenza sostenuto che i soldati siano da considerare come prigionieri di guerra e non criminali comuni.
A quasi un anno dall’inizio della guerra in Nagorno-Karabakh, la situazione è ancora esplosiva e la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian sembra più lontana che mai.
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