Il prossimo 11 luglio si terrà la nuova tornata elettorale in Bulgaria. I cittadini bulgari sono chiamati ancora una volta alle urne dopo che i risultati delle votazioni di 4 aprile hanno portato a un nulla di fatto e alla nomina di un governo tecnico da parte del presidente Rumen Radev. Il periodo vacanziero mina la già solitamente scarsa affluenza ai seggi; l’esecutivo ha tentato di porre rimedio aumentando sensibilmente il numero di sezioni estere e potenziando il sistema di voto elettronico. E proprio i dispositivi di voto elettronico sono stati accusati di anticostituzionalità da GERB, partito del premier uscente Boyko Borisov, sostenendo che “la scheda cartacea è più sicura”. La corte costituzionale ha respinto tali obiezioni.
Intanto, tra venerdì e sabato scorso nel quartiere Stolipinovo di Plovdiv, a maggioranza rom, la polizia ha scoperto una rete di compravendita di voti legata al proprietario di una falegnameria, che ad aprile avrebbe garantito centinaia di preferenze a GERB al prezzo di 30 leva (15 euro) l’una. Situazioni analoghe sono emerse anche a Burgas e Svilengrad. L’attuale ministro degli Interni Boyko Rashkov ha affermato che le forze dell’ordine stanno lavorando per evitare il ripetersi delle stesse dinamiche, ma invece di ricevere supporto dalla procuratura il suo ministero si è trovato a fronteggiare un vero e proprio ostruzionismo giudiziario.
Un vaso di Pandora bulgaro
Nel mese antecedente le elezioni sono emersi nuovi dettagli e nuovi scandali che coinvolgono la rete tentacolare messa a punto da Borisov nella sua decade al potere. Le intercettazioni effettuate dall’Agenzia per la sicurezza nazionale e dall’Agenzia per le operazioni tecniche prima delle consultazioni di aprile hanno coinvolto molte più persone della supposta trentina iniziale, includendo anche il primo ministro corrente, il generale Stefan Yanev. Il 30 giugno il ministro delle Finanze ha annunciato che tra gennaio 2019 e aprile 2021 più di quattro miliardi di euro, e cioè circa la metà dei fondi pubblici distribuiti in quel periodo, sono stati elargiti a compagnie private senza di alcun bando di gara.
A inizio giugno sei cittadini bulgari sono invece stati colpiti da pesanti sanzioni arrivate da oltreoceano. Il Dipartimento del tesoro degli Stati uniti, in virtù della cosiddetta “legge Magnitsky”, ha inserito nella propria lista nera soggetti strettamente collegati alle attività di corruzione, dalle tangenti all’ostruzione giudiziaria, che tengono in pugno il paese balcanico. Di questi, due sono figure di spicco: l’ex deputato e magnate dei media Delyan Peevski e l’oligarca del gioco d’azzardo Vasil Bozhkov, entrambi legati a Borisov. A tutti e sei è vietato l’ingresso nella federazione statunitense, tranciando di netto i loro lucrosi giri d’affari internazionali. L’analista Dimitar Bechev ha definito l’azione “un duro colpo contro la mafia in Bulgaria”.
Pronostici difficili
Il lavoro di indagine su più livelli portato avanti dall’esecutivo tecnico in soli due mesi ha contribuito a minare ancora di più la maggioranza, intatta ma molto ridotta, ottenuta da GERB ad aprile, contribuendo a fare terra bruciata attorno a Borisov. Secondo il sondaggio pubblicato il 5 luglio dall’agenzia Market Links, a separare il partito dell’ex bodyguard di Todor Zhivkov da quello dello showman Slavi Trifonov (ITN) c’è meno di un punto percentuale, piazzandosi rispettivamente al 19,7% e al 18,8%. Dal canto suo, Trifonov ha annunciato il giorno stesso di non aver intenzione di ricoprire l’incarico di primo ministro in caso di vittoria.
In terza posizione ci sono i socialisti guidati da Korneliya Ninova (BSP), con il 16%. È il partito che presenta il maggior numero di ex agenti dei servizi segreti comunisti (DS) al suo interno. Ninova sostiene che non sarà possibile per le formazioni all’opposizione (ITN, “Bulgaria Democratica” e “Rialzati, Bulgaria!”) ottenere i numeri per dare vita a un nuovo governo senza il coinvolgimento del BSP.
La coalizione di Hristo Ivanov “Bulgaria Democratica” (DB) sale al 12,5%. Rimangono stabili il partito della minoranza turca (DPS) al 9,5% e la lista civica di Maya Manolova “Rialzati, Bulgaria!” al 5,4%. La formazione di estrema destra “Patrioti bulgari” pare destinata a rimanere fuori dal parlamento anche stavolta, fermandosi al di sotto del 3%.
Il 58% dei bulgari interpellati si è detto convinto di recarsi alle urne, il che fa sperare in un’affluenza maggiore di quella di aprile. Oltre il 40% dei cittadini ha espresso fiducia nell’operato dell’esecutivo tecnico e nel primo ministro Yanev.
foto: dettaglio di piazza Aleksandăr Nevski/Pixabay