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SLOVACCHIA: Il referendum che può sciogliere il parlamento

All’inizio del mese di maggio, sulla scrivania della presidente Zuzana Čaputová è arrivata una proposta di referendum sottoscritta da oltre mezzo milione di cittadini slovacchi. Il contenuto del quesito è nientemeno che la richiesta di scioglimento del parlamento e di elezioni anticipate.

La campagna

Delle 350 mila firme necessarie per presentare la proposta di referendum, gli organizzatori ne hanno raccolte oltre 500 mila in meno di 3 mesi. Una campagna assolutamente vincente, sviluppata con una rapidità senza precedenti nel paese, organizzata da quei partiti che componevano la coalizione di governo fino alle elezioni del febbraio del 2020: i socialdemocratici di Smer, la nuova formazione politica dell’ex premier Pellegrini Hlas e il Partito Nazionale Slovacco dell’ex presidente del parlamento Andrej Danko, formazioni politiche tutte all’opposizione del nuovo governo di Eduard Heger.

I promotori del referendum accusano i partiti che sostengono l’attuale esecutivo di “agire contro gli interessi dei cittadini slovacchi”, generando solamente “caos, dilettantismo e mancata assunzione di responsabilità”, in una difficile situazione nazionale dovuta principalmente alla pandemia. Con questa premessa, mezzo milione di slovacchi rivendica il diritto di scegliere un nuovo governo, chiedendo la convocazione di nuove elezioni parlamentari.

Il quesito

La peculiarità dell’oggetto della proposta ha sollevato molte perplessità tra gli addetti ai lavori. Oggetto di dibattito è l’opportunità politica e costituzionale di un referendum che obblighi il Capo dello Stato a sciogliere l’attuale parlamento e convocare nuove elezioni politiche. Se confermata dai cittadini slovacchi, la tornata referendaria costringerebbe Čaputová a indire nuove elezioni parlamentari entro 180 giorni dall’ufficializzazione del risultato delle urne.

Per questo motivo, la presidente Čaputová ha deciso di prendere tempo e sottoporre la proposta referendaria al vaglio della Corte Costituzionale, che ha ora due mesi di tempo per decidere i destini del quesito. La Corte dovrà verificare la costituzionalità  di una proposta che di fatto accorcia il mandato del parlamento eletto poco più di un anno fa.

Čaputová ha giustificato la sua scelta con la volontà di evitare una potenziale crisi politica derivante dal risultato del referendum. Scelta accolta favorevolmente dai partiti di governo, intenzionati a evitare un nuovo grattacapo nella complessa situazione politica del paese. D’altrocanto, le opposizioni hanno criticato la decisione della presidenza, sostenendo la piena aderenza del quesito alla Carta costituzionale slovacca dati i precedenti simili per i quali non era stato evocato il parere della Corte.

Referendum con la proposta di sciogliere il parlamento non sono nuovi nella scena politica del paese. Nel 2000 e nel 2004 i cittadini slovacchi furono chiamati al voto per approvare la richiesta di sciogliere le rada e quindi portare il paese alle urne. In entrambi i casi non si raggiunse il quorum necessario per validare la tornata referendaria.

Gli altri precedenti

In Slovacchia, l‘istituto giuridico del referendum non ha mai avuto molta fortuna. Negli otto referendum organizzati nella storia del paese, solamente una volta si è raggiunto il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, soglia necessaria a rendere valido il risultato delle urne. Nell’unica occasione di successo, il quesito riguardava l’adesione del paese all’Unione europea. Nonostante l’importanza dell’evento, solamente il 52% degli elettori slovacchi si recò alle urne, una percentuale che in ogni caso bastò a ufficializzare l’ingresso della Slovacchia nell’UE.

Quello della disaffezione alle urne è un tema decennale nei paesi dell’Europa centro-orientale. Nelle elezioni parlamentari, difficilmente si raggiungono in Slovacchia affluenze superiori al 60%. Consultazioni che riguardano tutti gli schieramenti politici e che, di norma, attraggono alle urne più cittadini di quanto non possa farlo un referendum di questo tipo.

Il destino della proposta referendaria sembra quindi segnato in partenza. Nonostante l’alto numero di firme raccolte durante la campagna referendaria, è difficile pensare che la proposta possa mobilitare quell’elettorato favorevole all’attuale maggioranza di governo. In caso di via libera da parte della Corte Costituzionale, il voto potrebbe comunque dare un’indicazione abbastanza chiara dei consensi reali del governo e delle formazioni politiche che lo sostengono.

Foto: referendum2021.sk

Chi è Leonardo Benedetti

Nato, cresciuto e laureatosi a Roma, si è innamorato della Mitteleuropa dopo un soggiorno studio a Praga. Attualmente vive in Polonia dopo aver transitato tra Romania e Repubblica Ceca, dedicando a quest'ultima gran parte dei suoi sforzi accademici ma soprattutto epatici.

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